Secondo l'Alto commissariato per i rifugiati, mancano all’appello un centinaio di persone dopo il naufragio di una prima barca, mercoledì. A questi si aggiungono circa 500 altri profughi dispersi dopo un secondo naufragio giovedì. Altri dispersi erano invece su un'altra imbarcazione. Intanto a Ventimiglia sgombero volontario della tendopoli
Sono cifre ancora da confermare che, però, emergono dalle testimonianze dei sopravvissuti. Sarebbero oltre 700 le vittime dei tre naufragi nel Mediterraneo in questi ultimi giorni, dove barconi provenienti da Libia ed Egitto si sono inabissati. La stima arriva dall’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, mentre stando a un calcolo di Medici senza frontiere “circa 900 persone potrebbero essere morte nel Mediterraneo centrale solo nell’ultima settimana”. Secondo Unhcr, mancano all’appello un centinaio di persone dopo il naufragio di una prima barca, mercoledì. A questi si aggiungono circa 500 altri profughi dispersi dopo un secondo affondamento giovedì: sulla barca senza motore trainata da un altro barcone, c’erano circa 670 persone. Quando si è capovolta 25 sono riusciti a raggiungere l’imbarcazione che li trainava, 79 sono stati salvati dai soccorritori che hanno anche recuperato 15 cadaveri. Infine, 45 altri corpi sono stati ritrovati venerdì dopo un terzo naufragio e ci sono numerosi dispersi. Il presunto scafista che conduceva il barcone e trainava l’altro, è stato fermato a Pozzallo la sera del 28 maggio. Si chiama Adam Tarik, è sudanese e ha 28 anni. Ma la squadra mobile in mattinata ha arrestato tre suoi complici, uno dei quali è un minore. In manette sono finiti Tipton Abakar, ghanese di 20 anni; S.D.M., 16 anni, nato in Guinea; Kingsley Iguma, nigeriano di 28 anni. Molti dei profughi arrivati sulle coste italiane sono in “discrete” condizioni di salute, ma alcuni di loro presentano segni di tortura.
I tre naufragi – Dal primo, avvenuto mercoledì, risultano dunque ancora dispersi circa 100 migranti. Il secondo, avvenuto giovedì mattina dopo che l’imbarcazione aveva lasciato il porto libico di Sabratha mercoledì, è quello del barcone affondato dopo che un sudanese ha tagliato la fune di traino che lo legava a un altro peschereccio: secondo i dati riportati dalla Bbc, in questo naufragio risultano dispersi circa 550 migranti, e secondo la polizia di Ragusa potrebbero esserci 400 vittime. Infine, per quanto riguarda il naufragio di venerdì, secondo i dati riportati dalla Bbc 135 persone sono state salvate, 45 corpi sono stati recuperati dall’acqua e c’è ancora un numero imprecisato di dispersi; le salme e i sopravvissuti di questo naufragio sono arrivati questa mattina nel porto di Reggio Calabria a bordo della nave Vega della Marina militare.
Sgombero a Ventimiglia – Mentre nel Canale di Sicilia continuano gli sbarchi e le operazioni di salvataggio della Marina militare, al confine tra Italia e Francia, a Ventimiglia è cominciato in modo volontario lo sgombero della tendopoli lungo il fiume Roja. Lì, da giorni, erano accampate un centinaio di persone. Alle 13 scadeva l’ordinanza con cui il sindaco Enrico Ioculano prevedeva lo sgombero. L’ordinanza, che aveva carattere di urgenza, era stata emessa la mattina di venerdì scorso per motivi di igiene, sanità, incolumità pubblica e sicurezza urbana. I migranti avevano 48 ore di tempo per rimuovere le tende e allontanarsi. Dopo aver tolto la tendopoli lungo il greto del fiume i migranti si sono spostatu nel vicino Comune di Monterosso. Le tende sono state riposizionate alla foce del fiume Nervia, a circa un chilometro di distanza.
I migranti sulla “Vega” – A bordo 629 migranti e 45 corpi recuperati in mare dopo l’ennesimo naufragio avvenuto al largo della Libia. I cadaveri raccolti in mare appartengono a 36 donne, sei uomini e tre minori con età che vanno da sei mesi a due anni. Tra i sopravvissuti ci sono 419 uomini, 138 donne e 72 minori di varia nazionalità (Pakistan, Libia, Senegal Eritrea, Nigeria, Siria, Marocco e Somalia). Dei migranti arrivati in Calabria, 155 provengono dal barcone che si è rovesciato al largo delle coste della Libia. Sono arrivati in condizioni di salute giudicate “discrete” dal personale medico, anche se ci sono casi di scabbia e alcuni sono feriti e in stato d’ansia. Ci sono anche donne incinta, e tre sono all’ottavo mese. I migranti saranno poi trasferiti secondo il piano di riparto predisposto dal Ministero dell’Interno che prevede l’invio di 20 di loro in Basilicata, 125 in Campania, 25 nella Provincia autonoma di Bolzano, 100 in Friuli Venezia Giulia, 300 Lombardia mentre 34 rimarranno in Calabria. Nella Provincia autonoma di Trento arriveranno 25 nuclei familiari.
A Palermo è inoltre sbarcata la nave Bourbon Argos di Msf con 600 migranti. Tra i 500 uomini, le 73 le donne e 31 i minori a bordo (di cui 10 al di sotto dei 5 anni), c’è anche una minorenne stuprata e rimasta incinta, secondo quanto riferisce il medico che l’ha visitata. Quindici in tutto le donne incinte. Due di loro, hanno spiegato i medici, “hanno avuto minacce d’aborto”. “Non è la prima volta – dice Paola Mazzoni, medico di bordo della nave – che riusciamo a filtrare casi di minorenni incinte perché vittime di stupro. E’ difficile intercettare storie come questa perché si tratta di persone provate dal punto di vista psicologico. Le violenze sessuali non sono solo sulle donne, sono certa che anche ragazzi giovanissimi sono vittime di stupro“. “Ci sono stati casi di migranti arrivati in Libia per lavorare e non pochi vengono rinchiusi in prigioni, sfruttate per lavorare e al momento di riscuotere il salario subiscono violenze”. Alcune persone presentano anche segni di tortura “come deformazioni da fratture per percosse con spranghe di ferro”.
I superstiti – I volontari di Emergency Esausti dalla lunga traversata, ragazzi picchiati in Libia per mesi prima di partire, una bimba di cinque anni che nel Paese nordafricano ha perso la mamma: sono i superstiti ai quali hanno dato assistenza i volontari di Emergency che si trovano a Pozzallo, dove ieri sono sbarcate 699 persone tra le quale molte donne e tanti bambini. Migranti che arrivavano dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Somalia, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Pakistan.
“Sono tutti esausti. Abbiamo incontrato H. in ipotensione: aveva avuto una crisi nervosa sulla nave. Quando si è ripreso è riuscito a dirmi solo il suo nome, che ha 16 anni e che ha visto morire un suo amico in mare. Poi ha pianto. Un pianto strozzato, quasi a non voler disturbare” racconta Giulia, mediatrice culturale di Emergency.
“Abbiamo incontrato ragazzi picchiati in Libia per mesi. E abbiamo incontrato R., 5 anni, che ha perso la mamma in Libia. Sta bene, non ha bisogno del medico, non ha bisogno di medicine. Avrebbe bisogno di scuse. Vorremmo chiedere scusa a lei, a H. e a tutti coloro che arrivano. Vi chiediamo scusa per questo continente sordo e cieco” conclude Giulia