“Per i prossimi cinque, se non addirittura dieci anni, l’attenzione delle procure, in particolare quella di Milano, deve essere incentrata all’attività di contrasto ai paradisi fiscali“. E’ il biglietto da visita di Francesco Greco, nominato oggi dal Csm Procuratore della Repubblica di Milano, al posto di Edmondo Bruti Liberati, andato in pensione a novembre. Corruzione, evasione fiscale, riciclaggio, autoriclaggio e fuga di capitali e patrimoni sono i temi forti della sua carriera.
Classe 1951, figlio di un ammiraglio, Francesco Greco è entrato in magistratura nel 1977. Dopo aver fatto l’uditore a Roma, è arrivato a Milano. Di lui si comincia a parlare negli anni Ottanta, quando chiede l’arresto per l’allora segretario del Psdi Piero Longo, accusato di avere intascato una bustarella. Pochi anni dopo entra a far parte del pool Mani Pulite, ma non subito. Il suo contributo si rende necessario al pool di colleghi quando, dopo una serie infinita di episodi di mazzette costata il carcere a politici e imprenditori, le inchieste arrivano ai vertici dei colossi industriali. Sono gli anni della maxi tangente Enimont, delle indagini e del suicidio di Raul Gardini, del processo Cusani. La preparazione di Greco sui fronti finanziari emerge in quel momento. Non ama ricorrere alle manette e preferisce svelare gli intrecci economici e arrivare al “bottino”.
Appassionato di sci e di vela, Francesco Greco ha fatto parte di diverse commissioni ministeriali: il primo incarico lo ricevette quando Guardasigilli era Giuliano Vassalli nella commissione che si occupava di diritto penale dell’economia. In seguito è stato presidente di due commissioni sotto gli ex ministri della Giustizia Clemente Mastella e Paola Severino occupandosi di Fug (fondo unico giustizia), dell’Agenzia dei beni sequestrati alla mafia e di autoriciclaggio, nuovo reato introdotto nel 2014 che punisce anche chi reimpiega i proventi di un delitto commesso personalmente.
Con un obiettivo legato “non tanto alle condanne – come afferma lo stesso Greco- ma all’efficacia dell’attività”. Cioè i ‘tesoretti’ recuperati e riportati nelle casse dello Stato. E negli ultimi dieci anni sottolinea con una punta di orgoglio, il dipartimento da lui guidato che negli ultimi cinque anni ha trattato a Milano 14mila fascicoli “di soldi nelle casse dello Stato ne ha portati tanti”. Oltre 3,6 miliardi di euro finiti all’erario in seguito agli accertamenti del pool investigativo di cui è stato animatore.