Tra qualche giorno la scuola è finita. Tutti da piccoli aspettavamo quella data. Era una sorta di “celebrazione” che dava inizio all’estate: un tempo per certi versi dedicato all’ozio, al gioco nel parco vicino a casa, alle attività estive all’oratorio o al centro comunale. Due mesi e mezzo dove bisognava “inventarsi”, mettersi in gioco per non annoiarsi, per vivere un’esperienza nuova. Era la stagione dove imparavamo due parole che non sempre a scuola potevamo praticare: libertà e responsabilità. Non raccontiamocela: in un’Italia classista, i più fortunati partivano prima per le vacanze con i nonni, poi con mamme e papà; i figli degli operai (come me) dovevano aspettare le due settimane d’agosto per vedere la spiaggia, per cambiare aria. Trent’anni dopo è un’altra Italia: restano le attività dell’oratorio al nord Italia, i centri estivi comunali in Emilia e in altre regioni del centro, poco o nulla al sud, dove in alcuni quartieri i bambini più poveri neanche hanno la possibilità di toccare il mare pur abitando a pochi chilometri.
Non è cambiata l’Italia delle classi sociali ma sono cambiate le famiglie e ora una mamma, Alberta Alessi, con una semplice petizione online chiede di terminare la scuola il 30 giugno per andare incontro alle esigenze dei genitori. La logopedista bolognese, che ha trovato la solidarietà di oltre 7 mila e 500 mamme, chiede che cambi la distribuzione delle vacanze: meno d’estate, più durante l’anno. La questione va affrontata con serietà, punto per punto, affinché non finisca per essere solo uno slogan di fine stagione:
1) Il problema riguarda solo la scuola primaria. L’infanzia, infatti, già oggi tiene aperto fino al 30 giugno. Alla secondaria di primo grado, i ragazzi di terza media sono impegnati con gli esami di stato, così i professori. Stessa storia alle superiori. In questi ultimi due casi, se si scegliesse di tenere aperta la scuola fino a fine mese, lo Stato dovrebbe assumere personale ad hoc per quest’ attività. Alla primaria è possibile.
2) Le vacanze, 120 giorni, restano sempre quelle. In tutt’Europa più o meno. Cambiano solo quelle estive: la Francia chiude 9 settimane, tra il 4 luglio e il 5 settembre; Germania 6 settimane, tra il 7 luglio al 13 settembre; Regno Unito (Inghilterra e Galles) 6 settimane, tra il 20 luglio al 31 agosto. Si tratterebbe, come propone la mamma logopedista, di adottare il modello francese: vacanze di Ognissanti, dal 17 ottobre al 2 novembre; vacanze di Natale, dal 19 dicembre al 4 gennaio; vacanze invernali, dal 13 febbraio al 29 febbraio; vacanze di primavera, dal 9 aprile al 25 aprile; vacanze estive, dal 5 luglio al 31 agosto.
3) Che fare in questo periodo a scuola? Impossibile mettersi a fare analisi grammaticale, verbi, tabelline od espressioni. Alberta Alessi, giustamente, chiede attività extra scolastiche: “finalmente tanto sport e attività all’aria aperta, musica, teatro, scambi culturali, arti visive, riscoperta della natura, approfondimenti storiografici, visite ai musei”. Tutto ciò che da maestro farei ogni giorno, fosse possibile. Ma tutto ciò va organizzato: andare a teatro significa costi. Tre maestri per classe (uno ogni quindici ragazzi per legge, più l’insegnante di sostegno e l’eventuale assistente ad personam), spese di bus o treno. Fare musica o teatro in maniera seria vuol dire avere maestri all’altezza che abbiamo avuto il tempo e le condizioni di aggiornarsi, di preparare un progetto teatrale. Andare al museo: se penso a Milano, a Roma, è facile ma se immagino di andare al museo di Casaletto Vaprio in provincia di Cremona diventa più difficile. E’ comunque tutto possibile ed è la scuola che sogno. E’ chiaro che va chiesto un impegno maggiore a chi sta dietro la cattedra. E, a fronte di ciò, non possiamo pensare che non ci sia anche un incentivo economico. Gli insegnanti non sono volontari e nemmeno preti. Non lo fanno per vocazione ma perché amano il loro mestiere.
4) C’è anche una questione legata ai luoghi e al clima. L’Italia non ha sempre le strutture in grado di accogliere attività extra scolastiche. Non solo. A Bolzano il clima è diverso che a Palermo. Tant’è vero che le vacanze in Francia sono gestite per aree.
5) Questione sud Italia. In questo caso la situazione è più complessa. Ci sono zone che non hanno nemmeno una scuola, che l’hanno ma necessiterebbe di ristrutturazioni urgenti, altri quartieri ancora che potrebbero veramente trasformare la scuola in un presidio di legalità. Bene ha fatto in questo caso il Ministero dell’Istruzione a stanziare 10 milioni per tenere aperti gli istituti di pomeriggio e d’estate nelle aree periferiche e ad alta dispersione di Napoli, Roma, Palermo e Milano. Ma anche in questo caso dovremo andare a verificare chi e come si occuperà di questo progetto, con quali risorse in più e con quale professionalità.
Ai detrattori degli insegnanti, che saranno già con il calice in mano a festeggiare l’idea di farci lavorare con i bambini (restiamo infatti a scuola anche dopo il termine delle lezioni per attività extra didattiche che nessuno vede e riconosce) fino al 30 giugno, dico una sola cosa: se è vero che lavoriamo troppo poco, che facciamo troppe vacanze, che il nostro mestiere non è usurante, che le nostre riunioni non valgono come quelle degli altri, che stare con i bambini è solo bello, per nulla stressante, allora mi domando perché un operaio, un impiegato, un giornalista, un medico abbia diritto ad avere pagate le ore di straordinario o gli extra festivi e serali mentre un insegnante dovrebbe fare tutto per vocazione?