Partecipando recentemente a una trasmissione televisiva sono rimasto colpito, come del resto altre volte, dallo sdegno del conduttore, degli ospiti non politici e della piazza, anche sollecitata dal giornalista, nei confronti della classe politica. L’argomento specifico era l’assenteismo dei parlamentari, che è un dato di fatto misurato e incontestabile, ma, come in altri casi, questo deprecabile comportamento era usato per scavare un solco tra i gli onesti cittadini e i disonesti politici. La mia obiezione che, tutto sommato, la classe politica sia espressione della cittadinanza media e che non possiamo ragionevolmente attenderci che nella politica si trovi una distribuzione di puri e onesti diversa da quella che si ha tra i cittadini comuni, suscitò la reazione indignata dei presenti (la premessa: esclusi i presenti andrebbe sempre fatta).
Eppure, con grande frequenza, vengono proposti in tv servizi sull’assenteismo endemico in molti servizi pubblici, così come anche servizi sui quotidiani salti dei tornelli nelle metropolitane; eppure, l’assenteismo dei politici scandalizza come se fossero gli unici a darsi malati o a fare i furbi per non pagare il dazio, in una nazione di austeri, eticamente irreprensibili e puri cittadini. E si potrebbe continuare, paragonando la disonestà di alcuni politici a quella dei falsi invalidi, il mancato rispetto dell’ambiente da parte di alcuni legislatori locali al modo nel quale cospargiamo di immondizia le città dai finestrini delle auto o depositiamo gomme da masticare sui marciapiede, ricordandosi che a un corrotto corrisponde sempre un corruttore e che il voto di scambio prevede, appunto, uno scambio di interessi tra l’eletto e l’elettore.
E l’evasione fiscale non è forse diffusa in tutte le classi sociali? Tra gli imprenditori con conti all’estero, dei quali ci scandalizziamo, ma anche tra professionisti e artigiani ai quali per estorcere una fattura occorre un forcipe? Solo i politici sono maestri nell’utilizzo della cosa pubblica per fini personali come nel caso delle auto blu, oppure anche il parcheggio senza pagare la sosta, quello in doppia fila per bersi il caffè, sono un analogo esercizio del farsi i fatti propri alla faccia e sulle spalle della comunità? Solo i politici sono benedetti da privilegi in materia pensionistica oppure anche sugli evasori contributivi “seriali”, che poi beneficano di pensioni sussidiate dai contribuenti, ci sarebbe molto da dire? Gli evasori fiscali che, grazie a questa loro perversa abilità, beneficiano di esenzione dai ticket sanitari, dalle tasse scolastiche e da altri balzelli irrazionali, non sono comparabili ai politici che si auto-assolvono e si approntano leggine che garantiscono benefici non dovuti?
Si potrebbe continuare il catalogo, precisando anche che, data la sproporzione tra il numero di politici e di cittadini, il danno dei cattivi comportamenti nei secondi è individualmente più piccolo, ma collettivamente peggio se comparato. Tutto ciò non deve essere interpretato come un’assoluzione dei politici disonesti (o semplicemente opportunisti) in base al principio del “tutti colpevoli: tutti assolti”. I comportamenti anti-civici sono tutti da scoraggiare e punire ma, in parallelo alla repressione, occorre una presa di coscienza che solo una lunga e difficile operazione di educazione civica (da condursi su chi oggi è ancora sufficientemente giovane da non avere maturato difetti “patologici e cronici”) può avere successo, a lungo termine, nel creare il terreno per una società nella quale l’attenzione ai comportamenti anti-sociali sia prima di tutto riflessiva e solo secondariamente rivolta agli altri.
Solamente una cittadinanza nella quale, in media, si rispettano gli altri e l’ambiente, nella quale non ci si voglia avvantaggiare rispetto ai concittadini, nella quale si sia consapevoli che la cosa pubblica non deve essere usata come il cortile di casa, dove si sia disponibili a partecipare all’erario secondo le proprie reali possibilità, dove non si dissimuli bisogno di solidarietà quando ciò sia dovuto a proprie scelte di comodo e di interesse, dove il frodare il prezzo di un servizio pubblico non sia visto come un furbizia ma come un comportamento da additare dal disprezzo pubblico e da punire, solo una società consolidata (tra lustri) in questo modo potrà esprimere una classe politica o più generalmente dirigenziale, corrispondente ed eventualmente indignarsi ove essa non lo fosse.
Per il momento non resta che la repressione dei comportamenti (tutti, di politici e non), magari non accompagnata da poco comprensibili stupore e indignazione solo quando a mal comportarsi sono i politici. Nel mio agnosticismo, riconosco però che la massima: “chi è senza peccato scagli la prima pietra” ha una sua valenza sociale; a questa, con licenza, aggiungerei: nessuna classe politica può essere migliore della società che la esprime.