Rischiava quasi un ergastolo Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia che “per una scelta criminale” (così i giudici di primo grado) voleva far “inchinare” una nave da crociera. Che invece finì contro lo scoglio dell’Isola del Giglio. I passeggeri furono di fatto abbandonati a sé stessi e i morti furono 32. Oggi i giudici dell’appello di Firenze non hanno accolto la richiesta dell’accusa che invocava 27 anni e hanno confermato la decisione dei magistrati del Tribunale di Grosseto condannando a 16 anni l’imputato.
Una scelta che però ha tenuto i giudici di Firenze, presieduti da Grazia D’Onofrio, in camera di consiglio oltre otto ore. La corte ha anche disposto nei confronti dell’imputato l’interdizione dai titoli professionali marittimi e lo ha condannato al pagamento delle ulteriori spese processuali.
Il pg aveva chiesto 27 anni
Nella sua requisitoria l’accusa aveva mantenuto la sua linea ferma contro Schettino, sottolineando il disonore per la marina italiana riguardo all’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone a bordo da sbarcare, e aveva ribadito che non ci sono state parole di scusa o di “pentimento”. Il pg Giancarlo Ferrucci, chiedendo appunto 27 anni di condanna, aveva riproposto l’aggravante della colpa cosciente: una richiesta di pena più alta di un anno di quella dei pm in primo grado. Nelle motivazioni i magistrati sottolinearono che i decessi “non si sarebbero verificati se avesse gestito l’emergenza con perizia e diligenza”.
Il pm Alessandro Leopizzi di Grosseto, confermando la propria impostazione, aveva affermato che “la colpa fu anche di altri” sulla nave, ricordando che, in effetti, “patteggiarono”: ma questo, aveva chiosato, “non cancella le colpe di Schettino”. Che da parte sua ha sempre negato di essere l’unico responsabile di quanto accadde prima in plancia e poi in mare. L’ex comandante non ha assistito a nessuna udienza nel capoluogo toscano e anche oggi è rimasto a Meta di Sorrento. Una scelta di profilo basso mantenuta per tutto il mese in cui è durato l’appello (dieci udienze).
La difesa aveva invocato l’assoluzione
Gli avvocati Saverio Senese e Donato Laino hanno sostenuto che la rotta contro le rocce fu sbagliata ma non fu solo colpa sua. La difesa ha provato a rimarcare anche la conseguenza sull’incidente dell’errore del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin e chiesto l’assoluzione per una lunga serie di reati. Schettino è imputato per omicidio colposo di 32 persone, per le lesioni fisiche e psicologiche di molti passeggeri, per l’abbandono della nave mentre c’erano ancora persone incapaci a bordo, per naufragio colposo, e per le false comunicazioni date alle capitanerie. Quando Gregorio De Falco, che coordinava la centrale operativa della Capitaneria di porto di Livorno, fu di fatto costretto a minacciare il comandante perché risalisse a bordo. L’audio di quella telefonata fu pubblicata e fece il giro del mondo.
I risarcimenti per i naufraghi, la delusione degli avvocati
La corte d’appello di Firenze ha rideterminato per parte dei naufraghi le somme a titolo di risarcimento danni, aumentandole di una media di 15mila euro a persona circa. Per il Comune del Giglio è stata confermata una provvisionale da 300.000 euro per il danno non patrimoniale.
“Dobbiamo capire perché i giudici di secondo grado sono arrivati a questo ragionamento, dobbiamo leggere le motivazioni, è chiaro che la sentenza non è andata incontro alle nostre argomentazioni” dicono i difensori di Schettino che annunciano ricorso in Cassazione.
“Sono contento perché è stato confermato l’impianto accusatorio ma si tratta comunque di una sentenza mite, meritava di più per quello che ha fatto” dice invece l’ex procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio, ora in pensione. “La sentenza è una copia conforme a quella di primo grado. È una sentenza equilibrata” dice ’avvocato di Costa Crociere spa, Marco De Luca.