Qualche giorno fa mi è venuto a trovare un amico fraterno, Giorgio Pagano, ex direttore generale del Ministero dell’Economia. Giorgio era desideroso di conoscere da vicino il quartiere più raccontato d’Italia, Scampia. Il giorno dopo mi ha inviato una riflessione che voglio condividere con i lettori de il Fatto Quotidiano. Negli ultimi mesi spesso sono a Napoli. Napoli mi sviluppa sempre un gran sentimento di nostalgia. Dormo al Corso Vittorio Emanuele. La finestra della mia camera affaccia sul golfo. Ho girato molto la città e, per la prima volta in vita mia, sono stato a Scampia. Sono andato a trovare un mio amico. Già, Scampia. Quante parole nell’ultimo decennio su Scampia e, più in generale, su quella parte della città (la periferia nord) a me totalmente sconosciuta, grazie alla pubblicazione del libro Gomorra.
Prendo la linea 1 della metro dalla stazione Salvator Rosa. Direzione Piscinola. Dopo circa 20 minuti arrivo a Piscinola. La stazione è molto grande ed è formata da due livelli: in quello superiore sorge la stazione terminale della linea 1, mentre in quello inferiore si trova la stazione terminale della linea Arcobaleno. Dal 2013 la stazione ospita alcune opere dell’artista napoletano Felice Pignataro, fortemente volute dalla popolazione. Fuori mi aspetta il mio amico. Iniziamo a girare. Vuole mostrarmi quello che non conosco e che a suo avviso merita di essere visto. Appena usciti dalla metro ci immergiamo nel viale antistante in cui sorgono case basse, nuove, ordinate. Sono case popolari (le nuove vele). Giriamo a sinistra e compaiono i mostri che mi aspettavo: le vele (quelle vere). Iniziamo ad addentrarci. La cosa che mi colpisce, quasi più della bruttezza delle Vele, sono le aiuole abbandonate. Erba alta più di un metro. Le vele sono identiche e lugubri come nel film di Matteo Garrone. L’acqua che cola dalla costruzione mi ricorda un possibile clima umido che, mescolato al buio, fa effetto Blade Runner.
Attraversiamo un altro prato lercio, pieno di plastica e con erba alta. La giornata è molto calda. Estiva in maniera esagerata per essere metà maggio. Prendiamo una scorciatoia che ci porta nella “famosa” piazza di Scampia. Di fatto uno spiazzo con colonne comprensivo di arco. Si leggono frasi che campeggiano sull’arco: “Se la felicità non la trovi cercala dentro”. La piazza è brutta a piacere. Mi piacerebbe parlarne con chi l’ha disegnata. Camminiamo lungo una strada molto larga e molto lunga. La prima cosa che mi viene in mente è quella del rettilineo di un autodromo. In lontananza mi rendo conto che sono state costruite delle finte curve. Forse in Comune si sono resi conto che la strada, oltre a fornire il rettilineo di eventuali corse notturne, offriva la possibilità, in eventuali inseguimenti (guardie e ladri), di raggiungere alte velocità. Forse andrebbe intervistato l’urbanista. Sulla destra si nota un prato in salita lungo tutto il rettilineo. Sembra un argine del Ticino che tanti anni fa ho visto a Pavia, che serviva ad arginare eventuali tracimazioni del fiume. Oltre l’argine scopro un delizioso parco. Una villa comunale. Ben tenuta. Peccato che sia deserta.
La mia guida si lamenta che è poco utilizzata. Alla fine ci fermiamo tra palazzi alti 13 piani. L’invasione delle sterpaglie delle aiuole è senza soluzione di continuità. Bene. Cosa ho tratto da questa visita guidata? In questi dieci anni ho sentito parlare di Scampia milioni di volte. Ho letto articoli. Diatribe. Interventi televisivi. Ho la sensazione che a Scampia i soldi siano arrivati. Ma non si capisce che cosa ne abbiano fatto gli amministratori. Mi ritorna in mente una canzone di Pino Daniele, “‘a 167, e comme’ è amaro, je stò de casa ‘a Giuliano, faciteme passà, c’aggia parlà cu Bassolino”. Quindi è dagli anni 90 che il problema esiste ed è sentito e cantato. Ecco, non ho mai visto una periferia tanto attenzionata e tanto deturpata ed abbandonata.
Le sindacature che si sono succedute hanno sempre pescato voti in loco. Per poi abbandonarli e velocemente. Possibile mai che non si possa intervenire per tenere le aiuole in ordine? Possibile mai che le ultime tre vele non vengano abbattute? Ed ancora come fanno Sollima, la Comencini, Sky, a fare Gomorra e non pensare che forse alcuni interventi andrebbero fatti. Velocemente. Con pochi soldi. Ma possibile mai che parlate solo dei morti? E i vivi? Non esistono. Ma questo vale anche per altri posti della città. Se ne parla solo ed esclusivamente quando ci sono i morti. Ecco. Questo è il cazzottone che mi è stato tirato allo stomaco in questo Scampia trip.