Libraio: “E poi ci sarebbe questo bel libro di fantascienza che…”
Cliente: “Fantascienza? E mica ho otto anni!”
Mi ha risposto così un distinto signore a cui avevo proposto la lettura di Globalia, un nuovo romanzo di Jean-Christophe Rufin, ambasciatore francese in Senegal, attivista per i diritti umani in Africa e America Latina e tra i fondatori di Medici Senza Frontiere. Non proprio un autore da operetta per intenderci. Il D’Artagnan in elicottero, come lo aveva definito The Indipendent, vincitore del Goncourt 2001 con Rosso Brasile, è un uomo che ha toccato con mano la fame e la miseria, e che ha vissuto le profonde contraddizioni che possono nascere anche in presenza delle migliori intenzioni. La sua visione del futuro parte quindi da basi solide e reali, e prende forma in un mondo pseudo ideale, nel quale l’uomo ha sconfitto virtualmente la vecchiaia, la fame e la diversità, ma che vive per la stragrande maggioranza protetto, per non dire prigioniero, all’interno di cupole sotto le quali ogni uomo è al sicuro ma privato della libertà.
In questo romanzo si ritrovano le atmosfere de Il mondo nuovo di Huxley e di 1984 di Orwell. Pilastri della fantascienza che hanno saputo dimostrare perfino ai più scettici la validità del ragionamento che sta alla base del genere letterario; genere che ancora oggi non riesce a farsi riconoscere appieno nelle sue qualità speculative. In particolare, nel nostro paese la fantascienza è un genere che ancora soffre di un ingiustificato senso di svilimento da parte della massa. Si tende a considerarla una sottocategoria per ragazzi, tendente all’infantile, e spesso la si minimizza senza conoscerla. In altri paesi viene studiata nelle università per le sue potenzialità, per la riconosciuta capacità di immaginare i problemi del domani partendo da quelli di oggi, mentre da noi fatica ad uscire dagli scaffali più polverosi. È un dispiacere per chi fa il mio lavoro, ma ogni tanto qualcuno supera i pregiudizi, compra Dune o La trilogia della Fondazione, e poi torna per chiederne ancora.
Lo si vede anche per il reparto dell’usato. C’è chi compra per impulso o curiosità, e chi cerca i vecchi Urania. Eppure questo mese succede qualcosa di gioioso per gli appassionati nostrani del genere. È infatti uscito in edicola il numero 300 di Nathan Never, la serie a fumetti della Sergio Bonelli Editore che, dopo un quarto di secolo, è riuscita a sopravvivere a ogni genere di trasformazione accaduta nel nostro paese, e ad imporsi anche all’estero per l’indubbia qualità delle sue storie. E, al giorno d’oggi, non è così facile tagliare un simile traguardo. Penso a quante testate non ce l’hanno fatta, o a quelle che sopravvivono ma che non hanno più la qualità del passato. Penso a quando da piccolo presi in mano il numero 300 di Tex, e alla sensazione di antico che mi fece immaginare i suoi esordi. E poi penso a quante meravigliose avventure sono passate sulle pagine di Nathan Never, e sull’unicità del suo genere nel panorama nazionale.
A differenza degli altri personaggi storici della casa editrice infatti, che si muovono in un contesto storico preciso e immutabile, Nathan Never è ambientato nel futuro e questo gli è valso un oggettivo vantaggio tecnico/narrativo: il suo mondo ha potuto evolversi. Chi conosce Martin Mystere sa che non gli sarebbe possibile rivelare al mondo l’esistenza di Atlantide, o il mondo in cui si muove cesserebbe di esistere così com’è, e qualcuno dovrebbe riscrivere i libri di storia. Quando Magico Vento ha superato i fatti storici reali con la morte del generale Custer, la serie si è avviata al finale, per non andare a indebolire un filone che lo ha reso appassionante, realistico e perfino istruttivo. Nathan Never ha invece da sempre avuto il privilegio di poter cambiare. Chi lo ha letto ha visto personaggi nascere e morire, nemici storici avvicendarsi su scenari complessi, con conflitti planetari, rivoluzioni ed evoluzioni.
Il tutto senza mai rovinare i delicati equilibri a cui deve comunque rispondere una testata seriale che, nei limiti del possibile, deve poter essere fruita anche da chi acquista un numero per la prima volta. L’Agente Speciale Alfa, nome in codice Nemo, questa la sua qualifica operativa, è un personaggio psicologicamente complesso e affascinante. È stato creato per essere tenebroso e perennemente in conflitto con se stesso, ma sempre fedele ai suoi ideali. È cresciuto con i suoi lettori senza perdere la sua identità, come è invece successo a Dylan Dog, e ha saputo rinnovarsi anche grazie alla disponibilità dei suoi creatori, il trio dei sardi Medda, Serra e Vigna, capaci di passare in alcuni casi il timone ad altri autori capaci e visionari, per non lasciare che il tempo passato prendesse il sopravvento sui mondi del futuro. Una scelta indovinata, che ha amplificato il successo della serie, rinnovandola e mantenendone inalterate le atmosfere originali. Un successo lungo 25 anni. Buon compleanno Nathan!