La commissione regionale di indagine su Banca Marche punta il dito anche contro Bankitalia e Consob. “Rispetto all’attività svolta dalle filiere di controllo istituzionale (…) non può non rilevarsi uno scarto fra risultanze istruttorie e la realtà che si è poi drammaticamente verificata”, si legge nella relazione finale dell’organismo istituito dal Consiglio regionale il 18 febbraio scorso, che verrà presentata ufficialmente il 3 giugno e discussa in Consiglio il 7 giugno.
Dal documento, di cui ha dato notizia l’Ansa, emerge che le cause dell’insolvenza l’istituto – “salvato” lo scorso 22 novembre con il decreto del governo che ha riguardato anche Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti – sono “molteplici e diffuse”: dall’eccessiva “esposizione verso pochi grandi gruppi” del settore edile al “finanziamento di iniziative finanziarie che si sono rapidamente degradate”, all’aver mantenuto in bonis crediti che erano in parte già “irrecuperabili”. Non mancano le responsabilità delle Fondazioni bancarie che controllavano il 56% della banca. Sono loro ad aver affossato, “per proseguire da sole”, le offerte vincolanti per acquisire il controllo di Banca Marche presentate nel 2008 da Credit Agricole e Banca Popolare dell’Emilia Romagna. I francesi avevano messo sul piatto 2,3 miliardi, la banca emiliana 2,6 milioni. Differenti anche i profili di responsabilità, su cui sta indagando la procura della Repubblica di Ancona.
Ma, notano i membri della commissione, “non si può tacere” l’inefficacia della vigilanza. A sostegno di questa tesi la relazione cita il fatto che già nell’esercizio 2011 di Banca Marche, che si era chiuso con un utile netto di 135 milioni, i crediti deteriorati erano saliti a 1,7 miliardi (+28,9%). Il 28 dicembre 2011 Banca d’Italia attesta però una situazione tecnica adeguata per l’istituto di cui all’epoca era direttore generale Massimo Bianconi, di cui a gennaio è stato chiesto il rinvio a giudizio per corruzione.
Via Nazionale in quell’occasione “non solleva alcun elemento di allarme oggettivo”, né ritiene di dover “bloccare l’azione della Consob”, che sta preparando il prospetto informativo sull’aumento di capitale da 180 milioni di euro, che si concluderà nei primi mesi del 2012. Nel 2010 Bankitalia aveva già svolto attività ispettive su Banca Marche, rilevando molte carenze nella governance, rischi creditizi elevati e scarsa incisività del collegio sindacale. Fino ad applicare sanzioni a carico di 17 amministratori e sindaci per un totale di 208mila euro. Al tempo stesso Bankitalia decide però che non ci sono ragioni per stoppare l’aumento di capitale. O forse, nota la Commissione, ”non è in grado di valutare pienamente la situazione tecnica di BM, pur avendola ispezionata in molteplici occasioni”.
Un altro tasto dolente è rappresentato dalla cessione di crediti deteriorati a Credito Fondiario spa (Fonspa), istituto controllato dalla Tages Holding di Panfilo Tarantelli e partecipato da tra gli altri da Alessandro Benetton e Umberto Quadrino. Alla cui guida di questa boutique specializzata nel recupero dei crediti difficili si sono succeduti Piero Gnudi, l’ex Bce Lorenzo Bini Smaghi e Jean Baptiste de Franssu, presidente dello Ior. Tra i soci, Alessandro Benetton, la famiglia De Agostini e Umberto Quadrino, ex Fiat e ora presidente di Edison. Nel giugno 2014 i commissari di Banca Marche ricevettero una manifestazione di interesse di Fonspa a partecipare al salvataggio di BM attraverso il conferimento ad una società veicolo di buona parte dei crediti deteriorati (2,7 miliardi), in vista di una cartolarizzazione e di un aumento di capitale. Il Fondo interbancario deliberò di contribuire al piano di risanamento in due fasi (la prima con una garanzia da 800 milioni), ma poi il progetto sfumò per l’opposizione della Commissione Ue, che considerava l’operazione un aiuto di stato.
La vicenda Fonspa, scrive la Commissione di indagine, ha costretto BM “a corrispondere gli interessi: si è concentrato il rischio verso una sola controparte, e nel momento in cui, il 20 maggio 2015, il credito Fonspa non è stato rimborsato, si sono verificati danni reputazionali ingenti, provocando una perdita di liquidità molto rilevante”. Stando alle conclusioni della Commissione di indagine, i commissari nominati da Bankitalia hanno commesso un errore perché “avrebbero dovuto piuttosto provvedere per tempo a far fronte alla scadenza dei pronti contro termine relativi al prestito Fonspa”.
In più la relazione mette in luce una disparità di trattamento riservata a BM da parte della Banca d’Italia nei parametri di valutazione del credito rispetto alle altre 19 banche ispezionate in vista del passaggio alla vigilanza unica della Bce (avvenuto nel novembre 2014). A fronte di questo la banca stessa avrebbe effettuato accantonamenti in eccesso: nel primo semestre 2013 aumentano “a 328 mln di euro”, a fine 2013 superano i 500 milioni. BM a quel punto è già commissariata, ma stando alla commissione è stata lei stessa (con Bankitalia) a creare “le basi per esserlo”.
Infine, le conseguenze per i soci. Il salvataggio di Banca Marche attraverso la risoluzione coatta ha comportato “la perdita di 1,5 miliardi di investimenti, di cui circa 400 milioni per le Fondazioni di Pesaro, Macerata e Jesi, una perdita di risparmi per circa 43 mila piccoli azionisti che ammonta a più di mezzo miliardo di euro, e un altro mezzo miliardo per un migliaio di obbligazionisti subordinati”.