Il dem Merola dopo cinque anni di amministrazione proverà a spuntarla senza ballottaggio. Ha perso per strada il mondo dell'attivismo e parte di Sel, ma le opposizioni non hanno saputo sfruttare la debolezza. M5s sconta le mancate primarie e le liti degli ultimi anni, per il centrodestra della leghista Borgonzoni le provocazioni di Salvini non basteranno
Da queste parti è una delle campagne elettorali più soporifere degli ultimi tempi. In una città che ha conosciuto ben quattro sindaci e un commissario prefettizio in appena 15 anni, per la prima volta dagli anni Novanta un sindaco potrebbe essere rieletto per un secondo mandato. Salvo sorprese e con un’unica vera incognita: l’astensione, che qui alle regionali 2014 toccò picchi ineguagliati nella storia d’Italia. Insomma benvenuti a Bologna. Stando ai sondaggi è l’unico capoluogo dove il Pd ha qualche possibilità di vincere addirittura al primo turno. Proprio nella grande città con il candidato meno renziano di tutti, Virginio Merola. Ad aiutarlo ci sono soprattutto gli avversari di centrodestra, polverizzati in più liste e un Movimento 5 stelle fiaccato da anni di liti interne ed epurazioni.
Merola, il renziano tiepido alla prese con gli sgomberi e le pedonalizzazioni. E l’incognita Martelloni
Per riuscire nell’opera, da mesi il primo cittadino gira e promette: biglietti gratis del bus per i ragazzini delle medie, 25 milioni di euro per i marciapiedi, 40 milioni contro la disoccupazione e persino un ufficio di “immaginazione civica” in cui i cittadini proporranno idee. Tanto promettere, in campagna elettorale, non è reato. E funziona: i sondaggi lo danno al 49,8%. Per il resto Merola ha scelto il profilo basso su tutto quello che riguarda i temi nazionali, con un solo azzardo proprio sul finire della campagna elettorale. L’uscita più coraggiosa del candidato sindaco è arrivata infatti a pochi giorni dal primo turno quando ha annunciato la sua firma per il referendum Cgil che chiede la modifica del Jobs act. Un tentativo di raccattare qualche voto in più a sinistra, ma che non è piaciuto ai suoi.
Uscita ardimentosa a parte, Merola in questi anni è stato per i fatti suoi e nonostante fosse alla guida di una città simbolo per il Pd in Italia, si è concentrato su Bologna quasi come fosse la più semplice delle cittadine di provincia da amministrare. In silenzio, a tratti dimenticato o isolato, ha lavorato sul locale: ha fatto arrabbiare tanti con la pedonalizzazione massiccia in molte zone del centro e con le strade ristrette per fare spazio alle piste ciclabili. Ha praticamente chiuso per oltre un anno il centro con i cantieri. Ma ha anche tenuto a galla i conti in anni di tagli selvaggi da parte di Roma. E quei cantieri li ha portati a termine: ha riaperto piscine, pavimentato le principali vie del centro storico medievale, ha fatto diventare un po’ più turistica una città che viveva solo di fiere e congressi.
I problemi, sia chiaro, per lui non sono mancati. Tasto dolente è il rapporto con il mondo dell’attivismo a sinistra che non lo vede più così di buon occhio. Nello storico ci sono: un “problema casa” non risolto e una serie di occupazioni concluse solo con l’intervento della polizia; la batosta al referendum comunale sui finanziamenti alle paritarie; lo sgombero di Atlantide, il centro sociale lgbt, preceduto da quella frase di Merola sulle “lobby del mondo gay” che ha fatto infuriare molti. Merola ha perso così per strada la sinistra alternativa al Pd che sotto le Due Torri si è organizzata e si presenta con Federico Martelloni, giuslavorista 40enne scelto attraverso le primarie e appoggiato oltre che da Sinistra italiana e dai civatiani anche da una parte dei centri sociali. Per lui si è mobilitato addirittura il leader di Podemos in Spagna Pablo Iglesias (che ha studiato a Bologna) che lo ha sponsorizzato con un video personale. I sondaggi danno Martelloni al 4%: proprio la manciata di voti che potrebbero costringere Merola al ballottaggio.
Sinistra a parte, tra le pagine da dimenticare dei cinque anni del sindaco dem c’è anche il caso dell’ex capo di gabinetto assunto senza laurea, con una condanna per il sindaco in primo grado alla Corte dei conti. E poi le scelte, molto discusse, di proseguire con la costruzione del People mover (nonostante per l’opera sia in corso un processo) e di realizzare Fico, la ‘disneyland’ del cibo per la quale i promotori garantiscono “6 milioni di visitatori l’anno”. Doveva inaugurare nel 2015, ma forse partirà nel 2017 nella grande area pubblica del Caab: e l’amministrazione comunale ha affidato la gestione del tutto, senza gare né bandi, a Eataly (cioè Oscar Farinetti e Coop).
Eppure, nonostante tutto, Merola potrebbe farcela perché ha mantenuto un basso profilo: parlare poco e non andare allo scontro diretto con nessuno. Il contrario di Renzi. Dopo qualche gaffe iniziale (come quando si augurò che il Bologna Calcio tornasse prontamente in A, nonostante fosse già nella massima serie), ha imparato a non parlare con la stampa quando proprio non era evitabile. E così si è tenuto fuori dalle beghe politiche nazionali (niente talk show, per esempio). Un po’ noioso, poco pane per gossip. Ma anche così ha avuto la sua riconferma dal Pd senza dovere passare neppure dalle primarie. Non era così scontato. Bersaniano sino al febbraio 2013, il giorno dopo le elezioni politiche “non vinte” dal Pd, Merola ha virato con eleganza verso un renzismo tiepido. Inoltre non è un mistero che Matteo Renzi inizialmente non stravedesse per una riconferma di Merola: ma alla fine, forse convinto dai sondaggi, il segretario-premier non ha fatto nulla per fare davvero fuori l’ex collega sindaco.
Il fedelissimo M5s che cerca di sopravvivere alle epurazioni
Massimo Bugani invece è il candidato del Movimento 5 stelle. Gli ultimi sondaggi lo danno al 16%. Lui spera di arrivare secondo, per poi giocarsela nel ballottaggio. Intanto poche settimane fa, da fedelissimo di Beppe Grillo e legatissimo ai Casaleggio, è entrato ufficialmente nello Staff. I maligni, a dire il vero, vedono la sua longa manus dietro le tante espulsioni che hanno segnato la vita del Movimento in Emilia-Romagna. Quando nel 2012 la consigliera comunale Federica Salsi venne espulsa da Grillo, Bugani andò a sedersi da un’altra parte, lontano dalla collega. Lo fece platealmente: era il segnale dell’espulsione. Infine il caso del sindaco di Parma Federico Pizzarotti: “Che i nostri rapporti siano pessimi lo sanno anche le pietre”, ammette Bugani che però nega ogni suo coinvolgimento nella sospensione del sindaco di Parma. A novembre 2015 la scelta da parte di Bugani di una lista blindata, fatta senza alcun tipo di consultazione online e con la benedizione di Grillo, aveva sollevato molte polemiche: l’attivista Lorenzo Andraghetti ha chiesto le primarie, ma si è solo guadagnato l’espulsione. Infine dalla parte di Bugani ci sono 5 anni di battaglie per la trasparenza in Comune: su tutte quella contro il People mover.
Centrodestra: diviso e in balia della Lega Nord
Il centrodestra invece, come da tradizione a Bologna, si presenta diviso e questa volta a correre ci sono Lucia Borgonzoni e Manes Bernardini. Una leghista e un ex leghista. La prima, bossiana di ferro, con 7 anni di esperienza da consigliera prima provinciale e poi comunale, nel 2011 è stata anche nella giuria di Miss Padania assieme a Renzo Bossi e a Rosi Mauro. Dal 2014 a oggi, con il nuovo corso di Salvini, non passa mese che il leader non faccia un salto sotto le due torri: e così tra una diatriba coi rom e una con i centri sociali cittadini, la Borgonzoni è diventata la candidata di Salvini.
A premiare Miss Padania nel 2011 c’era anche Manes Bernardini. Quest’ultimo, maroniano di ferro finché è stato nel Carroccio, nel 2011 fu il candidato di Pdl e Lega a Bologna, con il 30% al primo turno. Poi nel 2014 l’addio in polemica con Salvini. Ora i sondaggi danno Bernardini al 10%: tutti voti di Forza Italia e di chi non ha digerito l’imposizione della Borgonzoni.