“Nicolò nasce a Milano il 3 gennaio 2014, completando il quadro di una famiglia felice composta da mamma Stefania, papà Domenico e la piccola Giorgia. Il 30 settembre però succede qualcosa di inaspettato: Nicolò, a soli 9 mesi, manifesta alcune crisi epilettiche, inizia la corsa in ospedale e l’attesa di una risposta, risposta che cambierà la vita di molte persone…”. Comincia così il post in evidenza sulla pagina Facebook “Gli amici di Nicolò“, un bambino con due grandi occhi blu a cui purtroppo è stata diagnosticata una malattia rara: la sindrome di Alexander. Si tratta di una patologia che rientra nell’ambito delle leucodistrofie, ovvero alterazioni della mielina, la guaina protettrice dei nervi, all’interno della materia bianca cerebrale. La sindrome di Alexander è una malattia progressiva e il suo esito solitamente è fatale. Nella forma infantile, quella da cui è affetto Nicolò, i sintomi sono macrocefalia, idrocefalia, ritardo psicomotorio, spasticità, movimenti disordinati, ritardo mentale e crisi epilettiche.
La sindrome ad insorgenza infantile conduce solitamente al ritardo mentale severo e alla quadriparesi spastica (paralisi di tutti e quattro gli arti). L’alimentazione spesso è problematica e nella maggior parte dei casi avviene tramite l’ausilio di un sondino nasogastrico. Ad oggi la scienza non ha ancora trovato una cura per questa terribile malattia che, secondo uno studio giapponese, ha un’incidenza di 1/2,7 milioni di individui e, pertanto, sono praticabili solo terapie di supporto. Ho conosciuto il piccolo Nicolò e i suoi genitori durante un pranzo solidale lo scorso febbraio e sono rimasta davvero colpita dalla forza d’animo e dalla tenacia di questa giovane coppia che, dopo la diagnosi della malattia del loro piccolino, si è messa subito alla ricerca di altri pazienti, i cosiddetti “malati invisibili”, e, insieme ad altre due famiglie accomunate dalla stessa sorte, ha fondato l’Associazione italiana Sindrome di Alexander – più unici che rari, una onlus che ha lo scopo di promuovere la ricerca scientifica e ogni iniziativa volta all’individuazione e alla scoperta di terapie idonee per curare la sindrome di Alexander e migliorare la qualità della vita di chi ne è affetto.
Stefania e Domenico, la mamma e il papà di Nicolò, sono pienamente consapevoli del fatto che il cammino che hanno intrapreso sia tutto in salita, ma sarebbero disposti a tutto pur di alleviare le sofferenze del loro piccolo. Sanno che nel caso di malattie così rare la ricerca scientifica e l’industria farmaceutica avanzano con una lentezza elefantiaca, ma non vogliono arrendersi, per garantire una vita migliore al loro bambino e a tutti gli altri malati in età pediatrica, adolescenziale o adulta. Stefania e Domenico vogliono dire a tutte le persone affette da malattie rare e alle loro famiglie che bisogna diventare “guerrieri” per far valere quelli che dovrebbero essere diritti garantiti dalla nostra costituzione, come il diritto alla salute e alle cure mediche. Quando a Nicolò fu diagnosticata la sindrome di Alexander, ovvero una “malattia rara neuro degenerativa per cui non vi è cura”, i suoi genitori cominciarono immediatamente l’iter per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento passando attraverso la visita della commissione Asl, il ricorso contro il verbale d’invalidità, un’udienza, la ricusazione del Ctu, la nomina e la visita medica di un altro Ctu, una rettifica della relazione del Ctu, il decreto di omologa da parte del giudice, un’istanza di correzione per errori materiali riconosciuti dallo stesso giudice, etc.
Il risultato è stato che, ad oggi, dopo quasi due anni, nonostante una pronuncia del tribunale di Milano che riconosce che Nicolò aveva diritto all’indennità di accompagnamento sin dal giorno della prima visita della Commissione Asl (con condanna alle spese di giudizio a carico dell’Inps), l’ente previdenziale ha risposto a Stefania che è necessario verificare i requisiti amministrativi prima di erogare l’indennità di accompagnamento. Stefania si chiede quali sarebbero i requisiti amministrativi di un bambino di due anni, gravemente malato, che necessita di un’assistenza 24 ore su 24, di continue visite specialistiche, di esami diagnostici, di cure e fisioterapia e la sua risposta cade nel vuoto di una lotta che sembra non avere mai fine. I bimbi affetti dalla sindrome di Alexander soffrono sotto lo sguardo impotente dei loro cari e hanno un’aspettativa di vita in media di 14 anni. La ricerca scientifica e le istituzioni non possono far finta che non esistano. Anche se dovesse trattarsi di pochi malati, dovremmo provare tutti vergogna per il fatto di considerarli “malati invisibili”.