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Appalti, A2a e l’editore dell’Unità verso redde rationem. La partecipata milanese: “Collegio arbitrale ha favorito Pessina”

Il 14 giugno la Corte d'Appello si pronuncerà sul lodo che ha visto soccombere la società della luce e del gas nella querelle sulla progettazione della rete di teleriscaldamento di Novara. L'affare era sfumato e l'imprenditore ora alle prese con il salvataggio del quotidiano Pd ha chiesto un risarcimento all'ex municipalizzata. Gli arbitri gli hanno dato ragione. Uno di loro però, stando alla relazione investigativa di A2a, è amico dell'avvocato di Pessina

Appuntamento cruciale per i gioielli di famiglia del comune di Milano il prossimo 14 giugno. Quel giorno è infatti atteso il verdetto della Corte d’Appello sull’impugnazione di un lodo arbitrale che lo scorso anno aveva visto soccombere la partecipata più importante di Palazzo Marino, A2a. La società della luce e del gas dei comuni di Brescia e Milano era stata condannata a versare quasi 40 milioni al gruppo di costruzioni di Massimo Pessina, ovvero lo stesso imprenditore alle prese con il costoso e difficile salvataggio dell’Unità. Secondo la società di servizi, però, il collegio arbitrale, che si è espresso sulla querelle che riguarda un appalto pubblico del 2004 per il comune di Novara, avrebbe peccato di parzialità.

Tutto inizia nel marzo 2004 a Novara. Il Comune piemontese decide di lanciare un bando per la progettazione di una rete di teleriscaldamento. Ad aggiudicarsi l’appalto è un’associazione temporanea d’imprese costituita dalla Asm Brescia (nel 2008 fusa con Aem Milano dando vita a A2A) e dalla Pessina Costruzioni che, per l’occasione, creano la Asm Novara. L’operazione vale tra 41 e 63 milioni di euro, ma negli anni subisce modifiche e rallentamenti e dopo una serie di passaggi, nel 2013 salta. Tutta colpa di A2A, secondo Pessina che vuole un congruo risarcimento per i mancati profitti ottenuti, ma che pure di Asm Novara esprimeva l’amministratore delegato, Guido Stefanelli. Cioè il numero uno della stessa società di Pessina, con il quale condivide anche l’avventura nell’Unità di cui è azionista e amministratore delegato dall’estate 2015 e proprio in queste ore si sta dibattendo con le scadenze finanziarie dell’editrice del quotidiano del Pd.

Tornando a Novara, per ottenere quanto reclamato Pessina Costruzioni, assistita dall’avvocato Pier Filippo Giuggioli, nel 2013 decide di rivolgersi a un arbitrato, nominando come suo arbitro Marco Praino, mentre A2A sceglie Salvatore Sanzo. Tocca ai due prescelti procedere di comune accordo alla nomina del terzo arbitro super partes per completare il collegio. Sanzo propone una lista di professionisti, Praino solo avvocati vicini all’allora presidente dell’Ordine di Milano, Paolo Giuggioli, padre del difensore di Pessina. Nel giro di venti giorni si arriva a convergere sul nome dell’avvocato Moscoloni, tesoriere dell’Ordine, ma anche consulente di A2A. Tuttavia mentre i due si stanno  accordando, a soli dieci giorni dalla nomina di Sanzo, Pessina si appella al Tribunale di Novara perché nomini d’ufficio il terzo arbitro, facoltà prevista in caso di mancato accordo tra le parti. Il cui contraddittorio è stato cosi scavalcato dalla nomina dell’avvocato Bruna Gabardi Vanoli, comunque accettata in assenza di note o dichiarate incompatibilità. E cosi, scelto il presidente d’ufficio, il collegio si mette all’opera. Alla fine l’ago della bilancia pende appunto a favore di Pessina che, con il voto contrario di Sanzo, ottiene la condanna della ex municipalizzata a versargli 38,5 milioni, a titolo di risarcimento dei profitti che la società dieci anni prima aveva stimato di ricavare nel tempo dall’operazione Novara.

Sull’imparzialità del presidente, secondo A2A, grava però una pesante ombra. In vista dell’udienza del 14 giugno, la società di servizi ha una relazione investigativa confidenziale di cui ilfattoquotidiano.it è venuto a conoscenza, in cui si parla di uno “stretto rapporto di amicizia e convivialità” fra la Gabardi Vanoli e il legale di Pessina, Pier Filippo Giuggioli. Un elemento che si aggiunge a quelli presentati un anno fa quando la società quotata controllata pariteticamente da Milano e Brescia, aveva chiesto la ricusazione dell’arbitro tra la deliberazione del lodo e la sua sottoscrizione e presentato istanza di sospensione del giudizio. L’istanza però era stata rigettata. A2A, tuttavia, non si è arresa e ha proseguito la sua battaglia impugnando il lodo in Corte d’Appello, dove è atteso un verdetto anche alla luce della relazione investigativa dello scorso aprile che parla tra il resto di vacanze condivise dalle famiglie Giuggioli e Gabardi Vanoli.

E’ andata avanti anche Pessina che nel frattempo ha pignorato 38,5 milioni dal conto di A2A. Del resto la somma non è da poco – rappresenta quasi un quarto dei profitti del primo trimestre 2016 della ex municipalizzata e tre volte gli utili realizzati da Pessina nell’intero 2014 – e consentirebbe al costruttore, che pure è fresco di nuove commesse come i 6 ospedali da costruire in Iran, di alleviare le pene che gli sta arrecando il salvataggio del quotidiano del Pd. Decisamente più complicata la posizione del futuro sindaco di Milano. Tanto più se a vincere sarà il renziano Beppe Sala.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gentile Direttore,
in merito all’articolo pubblicato dobbiamo precisare e rettificare, chiedendo la pubblicazione del seguente testo in calce all’articolo ai sensi della legge sulla stampa.
1. La ricusazione del Presidente del collegio arbitrale è già stata vagliata dal Tribunale e ritenuta manifestamente infondata e inammissibile, con condanna di A2a alla responsabilità aggravata di cui all’art. 815, quarto comma, CPC;
2. La medesima contestazione e’ stata reputata inconsistente dalla Corte d’appello la quale ha deciso che non vi erano ragioni per sospendere l’efficacia esecutiva del lodo
3. In quella sede, Pessina ha illustrato le uniche ragioni della ricusazione proposta da A2A: non dover comunicare al mercato l’esito di un giudizio arbitrale per il quale, nonostante la pretesa di Pessina fosse di oltre 100 milioni di euro, il Consiglio di amministrazione nulla aveva appostato quale fondo rischi. In particolare, in data 9 aprile 2015, il CdA di A2a annuncia al mercato i risultati dell’esercizio 2014 dichiarando che all’assemblea del successivo giugno sarebbe stata proposta una distribuzione di dividendi “di 112,7 milioni di euro […] in crescita del 10% rispetto all’esercizio precedente” (per poter distribuire un tale dividendo A2a ha dovuto attingere alle riserve giacché in realtà l’utile civilistico di esercizio è di soli 8.257.733. Sarebbe stato in perdita se fosse stata obbligata a tener conto dell’esito del Lodo); in data 20 aprile 2015 veniva deliberato dal Collegio il Lodo arbitrale che condanna A2a al risarcimento di 38 milioni di euro in favore di Pessina Costruzioni e gli Arbitri ne prevedono la sottoscrizione per il 1 giugno 2015; l’assemblea degli azionisti era convocata per l’11 giugno 2015; in data 29 maggio 2015 A2a depositava l’istanza di ricusazione presso il Tribunale; del deposito informa il Collegio ma opportunisticamente non trasmette l’istanza per evitare che il medesimo Collegio potesse apprezzarne l’inconsistenza; non conoscendo i contenuti della stessa, il Collegio è obbligato a sospendere il Giudizio rinviando il deposito del Lodo; in data 11 giugno 2015 si tiene l’Assemblea durante la quale il CdA. sebbene sia perfettamente consapevole dell’esito del Lodo, sottopone all’assemblea un bilancio che non lo contempla; il giudizio di ricusazione, palesemente e manifestamente infondato e inammissibile, è inevitabilmente giudicato tale dal Tribunale, in data 22 giugno 2015; il Lodo è depositato in data 1 luglio 2015 e A2a ha così raggiunto il risultato, cercato, di non aver dovuto renderne conto all’assemblea.
In questo quadro, non può non preoccupare che nell’articolo nessun riferimento venga fatto agli atti difensivi di Pessina i quali – come detto – illustrano con dovizia di riscontri l’unica vera ragione sottesa alla ricusazione: sottrarre il CdA di A2a da gravissime responsabilità‎. La presa di posizione di questo giornale risulta quindi doppiamente singolare: nella tempistica, considerato che la ricusazione è di oltre un anno fa e nei contenuti, considerato che è del tutto mancata l’illustrazione, anche minima, della posizione di Pessina.
Ufficio stampa Pessina costruzioni

Ringraziamo Pessina Costruzioni per i dettagli che arricchiscono l’articolo pur senza modificarne il quadro di fondo. Fermo restando il fatto che l’udienza del 14 giugno e la relazione investigativa dello scorso aprile di cui si tratta nell’articolo sono successivi ai fatti cui si riferisce la società (già ampiamente oggetto di cronaca nei mesi scorsi e quindi solo sintetizzati).
Fc e Gsc

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO ANCHE LA PRECISAZIONE DI A2A

Gentile Direttore, in merito alla rettifica all’articolo “Appalti, A2A e l’editore dell’Unità verso redde rationem. La partecipata milanese: ‘Collegio arbitrale ha favorito Pessina’” a firma Pessina Costruzioni, pubblicata nell’edizione online del 5 giugno del vostro giornale, A2A interviene brevemente per chiarire:
1. che effettivamente la relazione investigativa dell’aprile 2016, da cui sono emersi i fatti esposti nel vostro articolo, è successiva a quanto ha riferito Pessina nella rettifica;
2. che le vicende narrate da Pessina in merito all’assemblea di A2A dello scorso giugno sono congetture della stessa Pessina, destituite di qualsiasi fondamento e che peraltro non hanno nulla a che vedere con il procedimento di impugnazione del lodo arbitrale;
3. che la recente relazione degli investigatori ha fatto luce su particolari ulteriori, che forniscono un nuovo contesto che la Corte valuterà nel giudizio di impugnazione.
Ufficio Stampa A2A