Il quattro volte sindaco Vincenzo De Luca stavolta non c’è, ma è come se ci fosse, anzi non se ne è mai andato. Cinque anni dopo la sua ultima elezione, De Luca cerca la riconferma a Salerno per interposta persona. Come fece nel 2001 quando, costretto a uno stop per raggiunto limite dei due mandati e nel frattempo eletto in Parlamento, candidò al Comune l’ex capo della segreteria politica Mario De Biase. Costui fu una prolunga di De Luca, un esecutore di decisioni prese altrove. Quindici anni dopo il nastro si riavvolge al punto di partenza: non potendo De Luca fare contemporaneamente il sindaco e il governatore della Campania, il candidato è l’ex capo della segreteria politica di De Luca al Municipio di Salerno, Vincenzo Napoli.
Vicesindaco uscente per aver traghettato l’amministrazione dopo la decadenza di De Luca, Napoli è sostenuto da sei liste. Tra le quali, come nel 2011, non c’è il Pd. Una scelta politica precisa e stranamente mai contestata dai vertici nazionali e regionali del partito, quella del Pd che accetta di annullarsi e di confluire nelle due civiche di riferimento di De Luca, Progressisti per Salerno (la lista storica delle comunali) e Campania Libera (usata una volta alle Comunali e due volte alle Regionali). Però Nicola Landolfi, il segretario del Pd di Salerno, si candida al consiglio comunale. Ma non qui: a Battipaglia, che ora è diventata la capitale degli impresentabili. Misteri del deluchismo. I dem salernitani non discutono. Obbediscono. A De Luca.
E cedono di buon grado la candidatura a un ex socialista della stagione craxiana, già assessore di una vecchia giunta del Psi guidata da Vincenzo Giordano. Napoli ha fatto litigare i fratelli Craxi su chi fosse il vero erede del craxismo a Salerno. Stefania Craxi è corsa a sostenere il candidato sindaco di Forza Italia Roberto Celano: “Napoli è un socialista della sottomissione a sinistra”. Qualche giorno dopo è arrivato Bobo Craxi per partecipare a una iniziativa col candidato deluchiano: “Napoli sarà un degno continuatore”. Di Giordano o di De Luca, non si è ben capito.
I Craxi non sono l’unica famiglia divisa sul fronte Salerno. A casa Caldoro, i fratelli Stefano e Alessandra si sono schierati su trincee opposte. Stefano Caldoro, l’ex governatore, socialista di destra fedele alla linea forzista, che in un primo momento aveva lanciato in pista come candidato sindaco il suo 35enne portavoce Gaetano Amatruda, fa quel che può per aiutare Celano, con Amatruda ripiegato in un ruolo di vice coordinatore provinciale di Forza Italia. Alessandra Caldoro invece ha aderito al movimento di Corrado Passera, Italia Unica, che candida l’ex presidente dell’Asi Gianluigi Cassandra.
Ma sono solo comparse di una recita dove il teatro, i ruoli principali, gli allestimenti e i posti a sedere sono quasi tutti scelti e occupati da Vincenzo De Luca, dominus di una campagna elettorale nel segno della spudoratezza istituzionale. In questi giorni Salerno è tappezzata di manifesti della Regione Campania che annunciano in pompa magna l’arrivo di un fiume di miliardi di euro di fondi europei in città per una serie di lavori pubblici da avviare o completare: aeroporto, università, metropolitana, palazzetto dello sport e chi più ne ha più ne metta. Manifesti dello stesso colore e con gli stessi caratteri tipografici dei volantini elettorali di Vincenzo Napoli, stoccati nel comitato elettorale di piazza Amendola, lo stesso usato da De Luca per le elezioni regionali del 2015. I manifesti della Regione e i volantini elettorali sono perfettamente sovrapponibili. Sembrano disegnati dalla stessa mano. Il messaggio è chiaro: il candidato della Regione Campania è Napoli. De Luca sta con Napoli. De Luca e Napoli sono la stessa cosa. E se andate sul sito internet del Comune, sapete cosa trovate in apertura delle news? Il manifesto della Regione Campania sui fondi europei per Salerno.
Tutto questo accade nel sostanziale silenzio di un’opinione pubblica narcotizzata dalle interviste chilometriche al figlio di Vincenzo De Luca, Roberto De Luca. In predicato nei mesi scorsi di candidarsi al consiglio comunale o addirittura a sindaco per trasformare Salerno in una monarchia ereditaria, De Luca jr., un ragazzo brillante e telegenico, ha preferito per ora soprassedere e ritagliarsi il ruolo di analista delle vicende cittadine come responsabile dipartimento economia del Pd salernitano. Ha la strada segnata, è solo questione di tempo.
Intanto anche qui Pd e Ala si sono alleati. Ma senza esibire i simboli. Del Pd abbiamo detto. I verdiniani, che hanno a Salerno come referente la senatrice Eva Longo, una ex azzurra ed ex oppositrice del deluchismo, si sono acquattati con un paio di candidati in Campania Libera. Preferita ai Moderati per Salerno, listone dove sono confluiti Ncd e Udc, il centro che al governo sostiene Renzi, in Regione De Luca e a Salerno Napoli.
Dieci i candidati sindaci. Il centrodestra si è spappolato, l’unico nome in grado di tenerlo unito, Mara Carfagna, ha declinato l’invito. Le opposizioni, poi, disintegrate. Nel consiglio comunale uscente solo in due hanno provato ad arginare De Luca: Celano e Raffaele Adinolfi. A lungo a braccetto, si sono separati e si candidano a sindaco l’uno contro l’altro. Celano con Forza Italia e altre tre liste. Adinolfi, per protesta, si è dimesso da coordinatore cittadino dei berlusconiani e ci prova con la resuscitata Democrazia Cristiana e il Popolo della Famiglia del solo omonimo Mario Adinolfi. Un paio di consiglieri eletti con le opposizioni si sono intruppati con De Luca e Napoli e si ricandidano tra “Campania Libera” e “Moderati per Salerno”. Seguono l’esempio di Anna Ferrazzano, la candidata sindaco di Forza Italia schiantata da De Luca nel 2011 e poi transitata in maggioranza. Fratelli d’Italia candida Antonio Iannone, molto vicino a Edmondo Cirielli. Ma a Salerno l’accordo nazionale Meloni-Salvini non vale: i salviniani si sono tinti d’azzurro con Celano. La sinistra si è sganciata dal Pd e mette in campo Gianpaolo Lambiase.
Clima teso. A una sindacalista Cgil, candidata al consiglio comunale con Lambiase, hanno bruciato l’auto. L’elenco degli aspiranti sindaci prosegue con Marco Falvella (Popolo d’Italia), fratello di Carlo Falvella, il vicepresidente del Fuan ucciso a Salerno nel 1972 a soli 19 anni, la cui candidatura è stata presentata da Edda Negri Mussolini e benedetta in collegamento telefonico da Donna Assunta Almirante, e con Giuseppe Amodio (Salerno ai salernitani), autore di un singolare programma che punta a trasformare Salerno in una sorta di Las Vegas.
Infine, c’è Dante Santoro. Puntava a fare il sindaco per il M5s ma il sacro blog di Beppe Grillo lo ha squalificato con la postilla del no a chi aveva militato in formazioni antagoniste, e lui era macchiato da una candidatura pro De Luca in ‘Salerno per i Giovani’ nel 2011. Santoro così si è tirato fuori dal movimento per candidarsi a primo cittadino con “Vince Salerno” e altre due civiche. E i grillini? Suicidati. Senza lista. Il M5s di Salerno, che esprime quattro parlamentari e una europarlamentare, numeri che hanno pochi eguali nel resto del Paese, e che ha promosso la causa civile conclusa con la decadenza di De Luca dall’incarico di sindaco perché incompatibile con la poltrona di viceministro alle Infrastrutture del governo Letta, resta alla finestra. Il disastro si è consumato al termine di una tortuosa vicenda di estenuanti assemblee, accuse incrociate e liste non certificate.
Il candidato individuato dalle consultazioni interne, Oreste Agosto, l’avvocato amministrativista che ha fatto decadere De Luca, è stato colpito dal fuoco amico di altri grillini che lo hanno accusato di aver sconfitto Nicola Provenza attraverso ‘pressioni telefoniche’ prima del voto. Il responsabile nazionale dei comuni, Luigi Di Maio, si è ben guardato dal dirimere la matassa e ha preferito guardare i grillini salernitani scannarsi tra loro. Agosto ha provato il colpo di mano, chiedendo di certificare una lista di persone in gran parte diverse da quelle con cui aveva condiviso la battaglia. Il blog lo ha respinto. A termini scaduti, anche Provenza ha spedito una lista sperando nella certificazione. Tentativo disperato e finito nel nulla. De Luca sta ancora sghignazzando. E sorride invece chi legge il nome del programma di Napoli, Salerno 2020. Se venisse eletto, dovrebbe restare in carica sino al 2021. Ma nel 2020 si conclude il mandato del governatore De Luca. Forse già stanno progettando il suo ritorno a sindaco di Salerno per la quinta volta.