L’Europa apre alla sharing economy. Uber, Airbnb e le altre piattaforme che offrono servizi online potranno essere vietate dai governi nazionali soltanto come misura estrema. Per armonizzare le decisioni dei 28 dell’Unione Europea, finora in ordine sparso, sulle piattaforme online che offrono servizi, dal car sharing ai pasti a domicilio sino all’affitto di casa, le nuove linee guida della Commissione Ue chiedono di distinguere tra chi mette a disposizione la propria auto o casa occasionalmente, per “arrotondare”, da chi invece lo fa a tempo pieno e professionalmente.
L’ultima parola, tuttavia, spetterà ai singoli Stati membri, che dovranno sì adeguare la legislazione nazionale, ma potranno farlo a loro piacimento, perché le indicazioni di Bruxelles sono generali e non giuridicamente vincolanti. L’Ue potrà solo aprire procedure d’infrazione e rivolgersi alla Corte di giustizia. Per Bruxelles, che due settimane fa stava per aprire una procedura d’infrazione contro Parigi che poi è saltata, i Paesi dovranno “stabilire soglie minime sotto cui un’attività economica possa essere considerata un’attività non professionale tra pari senza dover rispettare gli stessi requisiti applicabili a un fornitore di servizi che opera su base professionale”. In questo modo, sarà possibile fissare un discrimine fra chi può fornire un servizio di sharing economy e chi non potrà più farlo: potrà essere il reddito che si ricava da queste attività, oppure il numero di giorni in cui si esercitano. Se invece c’è un rapporto di lavoro subordinato, per cui chi fornisce il servizio è dipendente, si deve applicare in pieno la legislazione in vigore su licenze, tassazione, responsabilità, diritti sociali.
Uber, ormai la start-up più finanziata al mondo, con l’ultimo investimento dell’Arabia Saudita da 3,5 miliardi diventa un colosso valutato 68 miliardi di dollari. Da tempo premeva su Bruxelles con 4 ricorsi diversi, due contro la Francia e altri due contro Germania e Spagna, che hanno messo completamente fuori legge la sua app. “Se li blocchiamo qui, in ogni caso cresceranno da qualche altra parte”, ha avvertito anche il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen. “Non si può imporre il divieto totale di queste attività” dell’economia collaborativa (sharing economy) “se la ragione è proteggere i modelli di business esistenti”, è il messaggio lanciato dalla commissaria al mercato interno Elzbieta Bienkowska. Che spiega: “Se vengono rispettati i criteri fiscali, sociali e di protezione dei consumatori non si può vietare l’attività”.
Quanto alle misure per regolamentare il fenomeno dell’economia della condivisione in Italia, l’Intergruppo parlamentare innovazione ha presentato a inizio marzo la prima proposta di legge sul settore, che oggi coinvolge soprattutto le attività ricettive, il cibo e i trasporti. Nel documento, si esclude la nascita di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato tra gestore e utente e si prevede l’istituzione di un “registro elettronico nazionale delle piattaforme”.