L'episodio, ricostruito da Repubblica, risale a domenica 29 maggio scorso. Il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri hanno lasciato il corteo inviando una relazione alla procura distrettuale antimafia. La Dda di Palermo ha aperto un fascicolo. Il primo cittadino: "Strumentalizzazione"
La processione con il carro di San Giovanni Evangelista si ferma davanti all’abitazione di Ninetta Bagarella, moglie del capomafia Totò Riina e sorella di Leoluca, a Corleone, fa l’inchino, e prosegue la sua marcia lungo via Scorsone, nel centro del paese. La moglie del capo dei capi apprezza: si affaccia al balcone e sorride.
Carabinieri e polizia indagano su quello che sembra un nuovo caso di “inchino” avvenuto lo scorso 29 maggio, la comunità religiosa si indigna, il vescovo di Monreale chiede chiarezza. Ma il sindaco Lea Savona smentisce. E ribatte a Repubblica che ha dato notizia della sosta sospetta del corteo religioso: “Non c’è stato alcun ‘inchino’, è solo l’ennesimo tentativo di strumentalizzare il nome di Corleone”. “E’ la solita strumentalizzazione. Ora siamo davvero stanchi. Quella è stata una sosta come tante altre di una processione di quartiere, non certo per fare un omaggio a Ninetta Bagarella – aggiunge il primo cittadino – Questa mattina ho voluto incontrare i ragazzi della confraternita: li ho guardati negli occhi e mi hanno stragiurato che non hanno fatto alcun omaggio alla Bagarella. Sono ragazzi onestissimi. Non è giusto stroncare giovani carriere per notizie inesistenti”.
La polemica non si ferma non solo perché stavolta il simulacro avrebbe reso omaggio addirittura al boss più sanguinario di Cosa nostra. Ma perché l’episodio aggiungerebbe nuova legittimazione alla mafia dopo l’intervista televisione a Salvo Riina, figlio del boss, e perché è fresco il ricordo di altri due “inchini”, uno a Paternò e l’altro a San Michele di Ganzeria, nel Catanese, ricorda l’Ansa.
Le forze dell’ordine hanno subito trasmesso un’informativa alla Direzione distrettuale antimafia, che però non ha ancora aperto alcun fascicolo. Anche perché appare problematico perfino ipotizzare l’eventuale reato. Il fatto certo è che la sosta, non concordata, c’è stata. Il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri hanno subito abbandonato la processione mentre l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, ha detto che su episodi del genere non intende transigere, perciò ha nominato una commissione d’inchiesta e ha sollecitato una relazione al parroco, don Domenico Mancuso. La risposta del prete è una verità di mezzo: non nega la sosta, che non era prevista, ma dice anche che è stata brevissima, i portatori sono stati “quasi costretti dalla necessità di non investire con la ‘vara’ la gente che era davanti ad essa”. E comunque non c’è stata alcuna manifestazione di riverenza che al prete non risulta “essere stata concordata tra i portatori e i Bagarella“. “Lì vicino – assicura – ci sono diversi ammalati e anziani devoti del Santo ed è consuetudine fermarsi dinanzi agli infermi”.
Nella confraternita che organizza la processione, tiene ancora a precisare il sindaco, c’è un lontano parente dei Bagarella ma è un incensurato. Non per questo l’ombra della mafia viene diradata. La strumentalizzazione delle processioni, fa notare don Nino Fasullo, tra i preti più impegnati sul fronte antimafia, è sempre presente. E proprio per evitare il rischio di “inchini” e riverenze (“volgarità religiose”) propone, provocatoriamente, di abolire le processioni quando “offendono Dio e la fede“.
Che si tratti di un rischio concreto ne sono convinti anche a Corleone, dove è stato deciso di cambiare il percorso della processione di San Giovanni, che non passerà più da via Scorsone, ed è stata annullata un’altra processione prevista per domani. Mancherà così l’occasione per lanciare messaggi compiacenti alla mafia che, come segnala il senatore Pd Beppe Lumia della Commissione antimafia, da qualche tempo trova il modo di “rialzare la testa“. Di “fatto gravissimo” parla il senatore M5S Mario Michele Giarrusso, componente dell’Antimafia, il quale segnala la “complicità di chi non poteva non sapere della scelta di fermarsi sotto l’abitazione della moglie del boss”. E Davide Mattiello Pd, ricorda infine come “nemmeno un mese fa, la Cassazione ha confermato il 41 bis per Riina, ribadendo che i Riina sono mafiosi”.
Intanto su Facebook, in molti hanno insultato Dino Paternosto, sindacalista Cgil che ha postato l’articolo di Salvo Palazzolo di Repubblica sulla processione. “Signor Paternostro, questa volta le devo dare l’occasione di denunciarmi, ma me lo lasci dire: Buffone Lei e il suo collega che ha scritto l’articolo. Ma lei più di chi lo ha scritto, visto che conosce benissimo le tradizioni corleonesi e dà visibilità a altri buffoni che per due lire spalano fango su un intero paese” scrive Antonino Ciavarello, detto Tony. “Quindi a sto punto eliminiamo tutte le processioni perché in paese c’è il rischio di fare una fermata davanti a qualche abitazione di un mafioso parente zio nipote cugino pronipote parente di parenti etc etc etc, Ma finiamola caro Dino stavolta hai esagerato”, scrive Vincenzo Di Carlo. Mentre Biagia Di Benedetto sostiene: “Le fermate delle processioni non sono volute da chi suona il campanello, se la confraternita si ferma davanti alla statua è obbligato a suonare se no ci passa di sopra, ma finiamola”.