Nelle ultime settimane su l’Espresso si è scatenato un dibattito sulla figura ed il ruolo degli intellettuali che ho trovato stimolante e degno del ruolo di un media serio. Credo possa essere arricchito di dati, in particolare quelli che riguardano “pubblico” e “impatto sociale”. La mia posizione è che di intellettuali ce ne sono molti ed in gamba ma che il pubblico tradizionale “preparato” è ormai al lumicino. Che, anche differenziando campi e modalità espressive, rimane molto difficile superare il rumore di fondo prodotto dai tanti “barbari” (i Salvini, i Balotelli di turno) amplificati dalla stampa.
Agli intellettuali non rimane che ingaggiare un vero corpo a corpo culturale con – non contro – i “barbari”, tra i quali includo la cattiva stampa ed i tanti insegnanti non all’altezza. Attivarsi in modo poliforme, su tutti i media possibili, con i linguaggi più pop, emotivamente carichi, colorati e comprensibili. Andy Warhol e Pier Paolo Pasolini insegnano. Qual è il perimetro di gioco tradizionale (numero di lettori) degli intellettuali in Italia oggi? Secondo le ricerche citate da Tullio de Mauro, il 70% degli Italiani non è in grado di leggere testi un minimo complessi. Nell’ultimo rapporto Censis-Ucic sulla comunicazione, la percentuale di persone che hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno è del 51,3% (ma un libro in un anno è uno zero a sinistra).
Sempre secondo il Censis, dal 1990 ad oggi, la lettura dei giornali è diminuita del 50%, da circa 7 milioni a meno di 4, non compensati dall’aumento dell’on line (+8,9%), di cui la metà di quotidiani sportivi, ed arriviamo ad un paio di milioni (se va bene), come pubblico tradizionale ‘in target’. Difficile con questi numeri pensare ad un vasto impatto sui canali tradizionali. Ma attenzione: un bravo calciatore come Ibrahimovic vende 500 mila copie in Svezia e 200 in Italia con uno dei suoi vari libri autobiografici. Differenziare i “campi di gioco” espressivi. Non si deve fare l’errore di identificare l’intellettuale con lo “scrittore” ed il pubblico con il lettore: si può essere fumettisti (mi viene in mente Zerocalcare), registi (Sorrentino), drammaturgi (Dario Fo), attori (Benigni), comici (Zalone), musicisti (tanti), pittori-scultori (Warhol).
E che dire di autori radiofonici come i miei amatissimi de Il ruggito del coniglio, con quei tre intellettuali mascherati da conigli di Paolo Restuccia, Marco Presta ed Antonello Dose che danno voce – senza mai essere radical chic – a un’Italia intelligente, autoironica, delicata e moderna, salvando tanti dall’espatrio o dal suicidio? L’ennesimo trionfo del pop di qualità. Non solo letteratura-libri-articoli-carta, ed il pubblico aumenta vertiginosamente. Tra i media non letterari ci sono: tv – quota di popolazione del 96,7%, vicina al totale della popolazione-Censis sopra considerata; radio, con una penetrazione di circa il 90%. I social – in primis facebook sul quale sono circa il 50% degli italiani, con quasi l’80% dei giovani under 30 (2015). E poi il cinema, i teatri e gli eventi formativi. Partita persa contro i barbari?
Secondo molti insegnanti, i ‘ragazzi di oggi’ anche dei licei, sono polimorfi in grado di fare 20 cose contemporaneamente ma non in grado di approfondirne nessuna. E la gran parte degli adulti è così. Terreno fertile per la gramigna della comunicazione populista alla Salvini & Co. e su cui sopravvive immeritatamente la stampa che dà loro smisurato spazio invece di darlo agli intellettuali ed ai ‘buoni maestri’ (anch’essi, un’infinità e senza spazi decenti). Troppo rumore di fondo per condividere riflessioni più profonde su larga scala? Intellettuali internazionalmente noti come Federico Rampini, che seguo e mi piace molto, su facebook ha meno di 5000 amici (di certo meno dei suoi lettori di libri), Michela Murgia, che si muove bene su facebook ne ha oltre 80.000, e sono tanti ma Mario Balotelli (che non è un intellettuale e tra un po’ neanche un calciatore) ha oltre 10 milioni di followers, e persino un poveraccio come Iturbe (ex giocatore della Roma Calcio che non riesce a rimanere in piedi quando è in azione per più di 5 secondi) piace a quasi 300.000 persone. Non sono intellettuali ma comunque influencer, nel bene e nel male.
Corpo a corpo culturale. Rispetto a questi numeri (“nostri vs barbari”) che ci inventiamo? Io la vedo così. Ci ritiriamo nella nicchia di lettori-ascoltatori, followers che ci capiscono (speriamo) e ci seguono (ogni tanto), scavando sempre più nel nostro ombelico. Oppure siamo costretti ad ingaggiare un corpo a corpo culturale mediatico con i “barbari”: dai “ragazzi di oggi” ai loro tanti pessimi insegnanti, dai politici populisti alla stampa strillona, ai calciatori in fuori gioco. La scelta comunicativa ed operativa di un intellettuale, oggi credo possa essere quella di “lavorare con” (ad es. di più con noi nonprofit), “lavorare dentro” (es. le scuole), “lavorare”… molto (su più campi da gioco, fisici, come le scuole ed i festival, e virtuali, come youtube, tradizionali, come i libri e la carta stampata, e nuovi, come facebook. Tutto questo, gli intellettuali possono farlo anche con il nonprofit, approfittando della sua crescita, radicamento, socialiltà e medialità.
Per quel che mi riguarda sono profondamente pop e cresciuto tra i comics. Trovo geniale Andy Wharol ma Pasolini rimane il mio esempio di intellettuale poliforme impegnato – tra poesia (la forma più raffinata), narrativa, e cinema (la forma più popolare). Un intellettuale capace di mangiare la polvere dei campi di calcetto trasformandola in argilla pregiata per scolpire grandi storie di vita.
PS: Prossima puntata approfondimento su ‘Intellettuali & Nonprofit: una sana alleanza”: meditate gente, meditate!
Per approfondimenti sui temi nonprofit, Ong, lavoro, vedi anche blog4change.