Il reddito minimo è un’ipotesi non praticabile. Parola di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, che ha bocciato l’ipotesi intervenendo al Festival dell’Economia di Trento. Un sussidio universale di “500 euro a un cittadino per 12 mesi vale il 20% del Pil: non è possibile da pensare, quindi non è la risposta dal punto di vista finanziario”, ha affermato il numero uno di Palazzo Koch. L’idea di un reddito minimo universale, ha spiegato, “è stata concepita perché viene presunto che ci saranno molti posti di lavoro che verranno distrutti per la digitalizzazione dell’economia o l’arrivo dei robot e delle macchine nelle fabbriche”.

E’ però soprattutto lo scenario della Brexit, a poche settimane dal referendum del 23 giugno, ad agitare politici e banchieri centrali: le conseguenze più temute sono l’instabilità dei mercati e il rischio che il precedente inglese, nel caso di una vittoria del fronte a favore dell’addio all’Unione europea, faccia da apripista ad altri Paesi. “Chi ci rimette di più sono i cittadini” della Gran Bretagna, anche se “purtroppo non ci rimettono solo loro”, ha spiegato alla kermesse altoatesina il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma “l’Italia – ne è certo il ministro – è uno dei paesi che ci rimette di meno“.

Visco dal canto suo ha invitato all'”ottimismo della volontà” perché in caso di vittoria del sì “ci saranno forze che cercheranno seguire di seguire l’esempio della Gran Bretagna”, che cavalcheranno “le tentazioni di fuoriuscita” ad esempio prospettando agli elettori la libertà di sganciare il tasso di cambio dall’euro. Quelle stesse forze che, a detta di Visco, “sono quelle che provocano questi tumulti sui mercati finanziari”. E dunque la responsabilità della politica sarà “ribaltare la percezione” di un’Europa che crea solo problemi, rafforzando l’integrazione europea.

E’ la stessa prospettiva di Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia a dibattito con Visco: se la Brexit diventasse realtà “ci saranno probabilmente tumulti sui mercati, sui tassi d’interesse, sul tasso di cambio” e “le banche centrali dovranno ripristinare l’ordine”. Ma poi “è un paradosso ma se Brexit ci sarà, molto probabilmente fornirà un motivo per accelerare l’integrazione europea“.

Sul come farla, tuttavia, i dubbi non sono pochi se il negoziato è impantanato negli interessi nazionali: come nel braccio di ferro (quasi italo-tedesco) se debba venire prima l’assicurazione dei depositi bancari o la riduzione dei titoli pubblici in pancia alle banche. O, in scala maggiore, se un futuro ministro delle Finanze europeo cui i Paesi dovranno cedere sovranità debba accompagnarsi alla messa in comune del debito, cosa che Visco ritiene fondamentale: per Villeroy (e tantomeno per il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che col francese ha avanzato una proposta) è un elemento non prioritario.

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