“Chi vota No la pensa come CasaPound”. Maria Elena Boschi. Con questa bestemmia, ha ufficialmente inizio lo sdoganamento dell’assurdo e delle tarantelle mediatiche; siamo a inizio maggio, e il Referendum Costituzionale ci chiamerà al voto soltanto in ottobre. “I Partigiani veri, voteranno Sì alla riforma”. Avete presente gli aforismi? Ecco, la Boschi verrà ricordata così. Ero già satura, ho contato i mesi che ci separavano al voto, e all’improvviso ho percepito il bisogno di non capire per sopravvivenza psicologica, di non ascoltare, non leggere i giornali, non ragionare, e non incazzarmi più per questi quattro ciarlatani senza remore e pudore; spesso però non abbiamo scampo da noi stessi, e così… inciampo in lui. Napolitano. Ormai in botta e con gli occhi a spirale, la mette sul personale: “Mi offende chi dice di votare No per difesa della Costituzione”. Oh oh. E pensare che avrei potuto offenderlo in miliardi di altri modi! Grande pena per l’ex capo dello Stato.
Poi una luce dal basso, Alessio Grancagnolo, studente di Giurisprudenza dagli occhi appassionati, attirerà l’attenzione della rete per la sua preparazione, la dialettica e le argomentazioni a mitraglia che sa sfoderare durante il suo intervento all’Ateneo di Catania, di fronte alla Boschi; in realtà, ci sono anche i migliori costituzionalisti italiani a parlare.
Ma non fanno grande notizia. Sto ragionando sulla comunicazione e la potenza dell’esposizione mediatica; non sull’eventuale informazione in sé, ma sul monopolio e il potere che ha questo governo. Così avviene che tra Rodotà, le sue argomentazioni riguardo al rischio per la Democrazia, e Federico Moccia, Moccia spicchi di gran lunga. Moccia ci mancava, lo avevo quasi rimosso. Perché Moccia è tra i 250 nomi che compongono la lista, pubblicata da Repubblica, a sostegno di quello che da loro stessi è stato definito un “pacato Sì”. Quindi si espongono, ma cauti. Anzi, approfitto per ringraziare anche Susanna Tamaro, perché sapere cosa voterà con pacata convinzione, mi ha risolto problemi di insonnia. Innocui direi, e qui Renzi perde colpi, insomma non non c’è da preoccuparsi, e li smaschera bene Travaglio nel suo editoriale.
Ma veniamo agli ultimi giorni. Perché quella pacatezza di opinione senza “ciccia”, di cui abbiamo avuto solo assaggio, sta per riempire le bocche. E dal cilindro renziano esce Benigni. Benigni scherza sempre, dà un colpo al cerchio e uno alla botte, in mezzo ci piazza un Sì con la mente ma non con il cuore, per una riforma pasticciata ma necessaria, anche se Verdini non gli va giù; il No di un mese prima lo aveva detto così per dire, frettoloso, e ha cambiato idea già tre volte; è l’italiano medio che indeciso e balbuziente non ha un’opinione propria e ne cavalca una a caso, nello specifico forse quella più utile a se stesso. Questa però è una carta che il nostro Renzi si è giocato proprio bene.
Benigni così amato dagli italiani, orgoglio nazionale all’estero, così ebreo ne “La vita è bella”, così intellettuale perché recita e spiega la Divina Commedia e la Costituzione in tv. Benigni che “rinsavisce”. E chi c’è su Rai Uno in prima serata, il 2 giugno, dopo il fatidico Sì? Chi c’è?? Benigni che recita e spiega la Costituzione più bella al mondo; coincidenza? Del resto è la festa della Repubblica. Per me non lo è, e Benigni è ufficialmente servo di un regime in progressione; lo dico senza mezzi termini e l’ho pensato nel momento stesso in cui mi è apparso in tv. Servo, o venduto? Oppure servo e venduto. Perché cambiare idea è lecito, esprimere la propria opinione anche, ma essere strumento di confusione e offuscamento mediatico no. Non è tollerabile. Benigni però non mi sconvolge come invece ha dichiarato Dario Fo proprio ieri.
Dario Fo, l’ultima perla (per ora) di un teatrino agghiacciante, che almeno vota No (e anche lui ce lo fa sapere), ma sant’Iddio… a volte faccio fatica a riconoscere pure lui; ancora in questi giorni, sul palco dei Cinque Stelle a Roma, a dire “Lassù qualcuno ci ama”. Dario! Lasciamo stare le delusioni, e provo a metterci una pezza. Perché c’è una frase riferita al Sì di Benigni, che Fo dice e che io sottoscrivo: “La questione non è votare questo o quello, ma lasciarsi andare alla deriva”. Io non sono delusa da Benigni; piuttosto sono molto preoccupata per quella deriva di ideali accennata da Dario Fo, per questa battaglia appena cominciata e mediaticamente invincibile.