Le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Sla incroceranno le braccia dalle 10 alle 14 e poi dalle 18 alle 2 di lunedì 6 giugno per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale. "Ingiusto a fronte degli utili registrati dalle aziende". Rimarranno comunque aperti i passaggi con cassa automatica e quelli riservati ai clienti Telepass
Domenica di traffico intenso, con ripercussioni anche su lunedì 6 giugno, per la rete di Autostrade per l’Italia: Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Sla hanno proclamato uno sciopero nazionale dalle 10 alle 14 e poi dalle 18 alle 2 di lunedì, per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale.
Caselli con pagamento a mano: i punti più critici
I varchi con pagamento manuale sono per lo più chiusi per l’assenza dei casellanti, mentre rimangono regolarmente aperti i varchi con cassa automatica e quelli riservati ai clienti Telepass. Sono comunque garantiti i servizi di assistenza al cliente, con la presenza di personale della viabilità di Autostrade sulle tratte maggiormente trafficate e il funzionamento degli impianti per il pagamento del pedaggio. Che, ricorda il gruppo, è dovuto per legge.
Un po’ dappertutto, segnala la Polstrada, si sono formate code: secondo Autostrade per l’Italia i tratti di maggior traffico si registrano sulla A1 Milano-Napoli verso Milano, tra Parma e Fidenza con tempi di percorrenza di 30 minuti e tra il bivio con la A14 e Reggio Emilia, con tempi di un’ora e 20 minuti. Sempre sulla A1 tra Ceprano e Anagni verso Roma i tempi di percorrenza sono di circa 1 ora, mentre sulla A14 Bologna-Taranto verso Bologna tra Rimini sud e Castel San Pietro sono di 3 ore. Sulla A12 Genova-Sestri Levante verso Genova, infine, tra Chiavari e il bivio per la A7 i tempi si attestano su un’ora e 10 minuti.
Casellanti: i motivi della protesta
“Sono passati cinque mesi dalla scadenza del contratto collettivo nazionale – si legge in una nota di Filt-Cgil, Fit-Cisl, UilTrasporti, Sla-Cisal e UglTrasporti – e tutti comprendono che ogni mese che passa di mancato rinnovo diminuisce il potere d’acquisto delle retribuzioni. Le aziende hanno sostenuto sin dall’inizio una tesi bizzarra, mutuata dalla parte più retriva di Confindustria, Federmeccanica, in base alla quale, secondo calcoli non meglio identificati, i lavoratori di autostrade invece di vedersi aumentare le loro retribuzioni avrebbero dovuto dare dei soldi indietro alle aziende”. Una posizione che per i sindacati “non tiene assolutamente in conto che la modalità con cui si è definito il precedente rinnovo contrattuale è stata frutto di mediazioni, cinque rate nel triennio, cancellazione dell’indennità di trasferta e via elencando, e soprattutto che i conti del Sindacato per gli aumenti retributivi non coincidevano con quelli fatti allora dalle aziende”.
“Nella trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del lavoro, quando siamo arrivati ad affrontare la parte economica – aggiungono – le parti datoriali ci hanno chiesto: la sterilizzazione degli aumenti dei minimi contrattuali, la revisione dell’indennità maneggio denaro, la revisione in peius delle ferie e l’applicazione integrale del Jobs Act. Tutto questo in un settore che dal 2010 al 2014 ha visto aumentare il valore aggiunto di oltre il 20% e il Margine operativo lordo in maniera costante; anche gli utili sono in forte crescita, addirittura per alcune aziende di oltre il 30% rispetto al 2010, con una redditività media del capitale investito (ROE), vicina al 10%, con punte del 31%”.
“Per queste ragioni scioperiamo – chiosano – per ragioni esclusivamente economiche e di ingiustizia, perché è profondamente ingiusto che aziende come quelle autostradali, con i risultati economici che hanno, si rifiutino di rinnovare il contratto di lavoro. E’ profondamente ingiusto, iniquo, non rinnovare il contratto di lavoro e lede la dignità dei lavoratori che hanno contribuito in maniera determinante al raggiungimento di quei risultati”.