Un documento di 25 pagine nascosto dalla gestione Zonin mette in luce come l'ex dg Samuele Sorato e il vice Giustini, indagati insieme all'ex presidente, abbiano imposto l'acquisto di titoli in cambio di finanziamenti. In alcuni casi i grandi soci venivano anche compensati con versamenti diretti sul conto corrente
C’era la regia dell’ex direttore generale Samuele Sorato e del suo vice Emanuele Giustini dietro i finanziamenti concessi dalla Popolare di Vicenza in cambio dell’acquisto delle sue azioni. Azioni il cui valore, in sede di aumento di capitale, è crollato a 10 centesimi di euro, praticamente azzerando l’investimento fatto dai soci negli anni scorsi. A evidenziare le responsabilità degli ex dirigenti, entrambi indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza come l’ex presidente Gianni Zonin, è la relazione consegnata il 21 agosto 2015 al nuovo amministratore delegato Francesco Iorio dall’audit interno, e di cui dà notizia Repubblica. Sabato il quotidiano romano ha rivelato che Zonin, anche lui indagato e dimessosi il 23 novembre dello scorso anno, non si trova all’estero ma nella tenuta di famiglia Ca’ Vescovo, a Terzo d’Aquileia, in provincia di Udine.
La relazione dell’audit, che la gestione Zonin tenne nascosta ma è ora agli atti dell’inchiesta della procura vicentina, dimostra secondo Repubblica che a Vicenza c’era una “banca nella banca”, che già prima del 2008 usava concedere generosi prestiti a “clienti storici“, perlopiù imprenditori della zona, a fronte dell’acquisto di titoli. Un modus operandi, quello delle cosiddette “operazioni baciate”, che ha contribuito a gonfiare artificiosamente il capitale dell’istituto falsandone la rappresentazione patrimoniale. In più, sempre stando all’audit, alcuni grandi soci si vedevano accreditare direttamente sul conto corrente un compenso tra l’1 e l’1,5% del valore delle azioni comprate. Un metodo escogitato dall’allora gestore Private dell’area vicentina Roberto Rizzi.
Le 25 pagine di relazione ripercorrono le origini della pratica di offrire prestiti in cambio di azioni e evidenziano come il fenomeno abbia assunto “maggiore rilevanza per importi e numero di operazioni” nel 2013, quando la direzione arrivò a minacciare di licenziamento i capi area che non avessero raggiunto gli obiettivi. Nel documento si parla di “pressioni e minacce” relative al “mantenimento di ruolo e posto di lavoro”. In occasione delle ricapitalizzazioni del 2013 e 2014, i meccanismi furono ulteriormente affinati: per invogliare i clienti a partecipare, la banca iniziò per esempio a compensare gli interessi pagati sui prestiti con azioni (una specie di “premio fedeltà“), a effettuare “storni e altri rimborsi non giustificati sui conti correnti” e a modificare il prezzo dei titoli in base al volume sottoscritto.
Nell’aumento da 506 milioni del 2013, in particolare, ben 136 milioni furono raccolti concedendo finanziamenti ad hoc. L’anno dopo i milioni furono 146 a fronte di una ricapitalizzazione da 607. E nell’intero biennio il valore delle azioni acquistate come contropartita a prestiti ha sfiorato il miliardo, se si contano anche i finanziamenti per l’acquisto di azioni proprie fatti usando la controllata irlandese BPV Finance, quelli “al gruppo Marchini e a fondo Agris” e quelle via via acquistate da 50 grandi clienti.
Sabato Adusbef e Federconsumatori hanno inviato un esposto “al ministro della Giustizia Orlando, al presidente della Repubblica e del Csm Sergio Mattarella, al vice presidente Legnini ed a tutti i membri del Csm, al presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Davigo, a quello dell’Autorità Anticorruzione Cantone, al presidente del Consiglio Renzi, infine al ministro Padoan“, chiedendo “di intervenire per ripristinare i diritti e la legalità violata, essendo intollerabile che i protagonisti di un crac annunciato, che in Veneto ha prodotto un buco di 18,9 miliardi di euro, siano ancora a piede libero”. I presidenti delle associazioni, Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, in una nota denunciano “l’intollerabile sistema di corruzione, illegalità, omessa vigilanza di Consob e Bankitalia con le porte girevoli tra vigilanti e vigilati, coperture e complicità istituzionali della BpVi (Banca Popolare Vicenza) e Giovanni Zonin sul cui libro paga c’erano tutti i poteri economici, che ha bruciato i risparmi di una vita a 120.000 famiglie”. Il titolare del Tesoro sabato sera ha però risposto alla sollecitazione dicendo che analizzare la gestione della banca “non è compito del governo, casomai dell’azione giudiziaria”.