Esprimiamo subito, senza giri di parole, il nostro punto di vista. Proprio perché a chiederci di votare sì al referendum costituzionale sono sire Renzi, il sistema bancario e quell’Unione Europea che di democratico non ha ormai nemmeno più l’apparenza, occorre votare NO, senza dubbi, esitazioni e ripensamenti.
Questa riforma costituzionale “ce la chiede l’Europa”, ossia la stessa entità antidemocratica che ci chiede austerità e spending review, tagli alla spesa pubblica e ai diritti: il sistema neoliberista vincente aspira a destrutturare le costituzioni degli Stati sovrani, per imporre senza limitazioni il proprio regime di mercato assoluto.
L’Unione Europea come trionfo dei capitali e della finanza necessita di istituzioni statali che eseguano cadavericamente e senza possibili obiezioni i diktat voluti dall’alto: l’Unione Europea vuole “riforme” limitative degli spazi di partecipazione democratica; vuole esecutivi forti e parlamenti deboli. Questa riforma costituzionale la vuole, poi, il sistema bancario internazionale, che nella Carta costituzionale italiana vede un fastidioso ostacolo all’instaurazione del proprio dominio assoluto.
Da molti anni, lo sappiamo, le grandi banche internazionali, ma poi anche tutte le autorità non democratiche e connesse agli interessi finanziari (Bruxelles, G7, Fondo monetario internazionale) ci ripetono senza sosta che dobbiamo fare “riforme” volte a migliorare e a rendere maggiormente efficiente la nostra “governance” politica.
La lettera che la Bce mandò all’Italia nel 2011 era solo un “antipasto”: il peggio doveva ancora arrivare, ed è la riforma della costituzione. Una riforma, sia detto per incidens, che il popolo non vuole e che, come ricordato da Zagrebelsky, nasce da un “Parlamento illegittimo, eletto con una legge elettorale obbrobriosa, dichiarata incostituzionale”.
Ovviamente il blocco egemonico mobiliterà l’intero quadro intellettuale, accademico e giornalistico: il caso di Benigni è il primo e non sarà certo l’ultimo. Il grande difensore della “costituzione più bella del mondo” (cit.) che si fa sostenitore della sua riforma, rinnegando in blocco anni di militanza pro-Costituzione: uno spettacolo tragicomico.
È, certo, il caso più interessante, per ora, giacché rivela apertamente la pervasività del sistema e, insieme, la corruzione del clero intellettuale, che si riconferma – come disse Costanzo Preve – un banco di pesci pronto a seguire sempre compattamente le correnti del politicamente corretto e del potere. Preparatevi. Vedremo intellettuali, giornalisti e accademici che peroreranno la causa della riforma costituzionale, delegittimando, silenziando e ingiuriando chiunque ancora resista e non tradisca la repubblica e la storia del nostro Paese.
L’aveva detto Bourdieu: gli intellettuali sono la parte dominata della classe dominante; appartengono a quest’ultima, giacché hanno anch’essi un capitale, di tipo culturale. Ma sono dominati nella classe dominante, perché devono vendere quel capitale culturale: che dunque non può non coincidere con gli interessi di chi lo “compra”, cioè i dominanti.
Mi ha colpito qualche settimana fa, sul “Corriere della sera”, una vignetta: era raffigurato Zagrebelsky, fermo sostenitore del “no” alla riforma, in veste di fascista, inseguito dalle brigate partigiane piddine a favore del “sì”. L’accusa di fascismo cade ora su chi difende la Carta costituzionale che nacque dalla fine del fascismo e dall’incontro tra la visione comunista del lavoro e quella cattolica della dignità della persona.
La signora Boschi ha dato il via a questa pratica oscena, dicendo che chi vota per il “no” è “come Casa Pound”. La storia non è nuova, in fondo: in nome dell’antifascismo, si può agire con i metodi squadristi che furono propri del fascismo. La profezia di Orwell si è realizzata: “la storia era un palinsesto che poteva essere riscritto tutte le volte che si voleva”. È quello che sta accadendo.
Da quando nacque la nostra Costituzione, nacquero anche – lo sappiamo – i tentativi di distruggerla o, come usa dire ora con la neolingua orwelliana, di “riformarla”. Ciò che non riuscì a Junio Valerio Borghese e a Licio Gelli, potrebbe riuscire ora all’Unione Europea, al sistema bancario internazionale e ai loro agenti senza qualità.