Non ha i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, ma visto che proviene da un Paese povero può restare in Italia. Per la prima volta in Italia una sentenza ha stabilito che provenire da uno stato dove esistono “oggettive difficoltà economiche, di diffusa povertà e di limitato accesso per la maggior parte della popolazione ai più elementari diritti inviolabili della persona” dà il diritto a un immigrato a essere accolto in Italia. E’ successo a Milano dove, lo scorso marzo, il giudice civile Federico Salmeri ha riconosciuto a un ragazzo di 24 anni, proveniente dal Gambia, il permesso di soggiorno in Italia per “protezione umanitaria” dopo che la Commissione territoriale aveva respinto la sua richiesta di rimanere nel nostro Paese.
Il provvedimento cita infatti la “normativa più significativa” relativa “agli obblighi costituzionali e internazionali che gravano sullo Stato italiano”, fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo secondo la quale “ogni individuo ha il diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali essenziali”. Per il giudice, che ha descritto il Gambia come “uno dei paesi più piccoli e più poveri del continente Africano”, un provvedimento di rimpatrio sarebbe un atto “in spregio agli obblighi di solidarietà di fonte nazionale ed internazionale”. L’ordinanza, infine, chiarisce che tale provvedimento “può comportare il rischio di un riconoscimento di massa della protezione umanitaria” in quanto, “per sua natura, un diritto universale non è a numero chiuso”.
La sentenza ha creato numerose polemiche a livello politico. Il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha commentato su Facebook: “Quindi, chiunque nel mondo vuole star meglio viene in Italia? E gli italiani che vogliono stare meglio? Tutti a casa del ‘giudice accogliente’? Roba da matti”. Secondo invece il deputato della Lega Paolo Grimoldi la decisione rappresenta un “vulnus per la nostra democrazia” e rischia di scatenare un boom di richieste: “Il potere giudiziario così facendo si è sostituito a quello legislativo. Tocca al Parlamento, che ha ricevuto il voto dei cittadini, il compito di legiferare, mentre ai giudici spetta solo quello di applicare le leggi vigenti, non riscriverle o modificarle con le loro sentenze”.