Associated Press aveva calcolato che l’ex segretario di Stato si sarebbe aggiudicata la nomination per la Casa Bianca. Che adesso è ufficiale, con la conquista di New Jersey, New Mexico e South Dakota. A Bernie Sanders North Dakota e Montana. Obama ringrazia entrambi i candidati: "Storica campagna ispiratrice"
“E’ una pietra miliare. Per la prima volta nella nostra storia, grazie a voi, una donna sarà la candidata di un grande partito”. E’ a questo punto che nel quartier generale di Hillary Clinton, a Brooklyn, è scoppiato un boato nella giornata del penultimo Super Tuesday. La Clinton ha trionfalmente proclamato di aver vinto la nomination dei democratici alla Casa Bianca. Ha chiesto l’unità del partito. Ha sferrato un attacco durissimo a Donald Trump, che a novembre, con ogni probabilità, sarà il suo rivale repubblicano. Obama si è congratulato con lei per la campagna elettorale “ispiratrice” e ha ringraziato il suo rivale, il senatore Bernie Sanders, per aver motivato milioni di americani. “Questa sera, il presidente Obama ha chiamato il segretario (di Stato) Clinton e il senatore Sanders. Il presidente si è congratulato con entrambi i candidati per lo svolgimento di campagne ispiratrici che hanno motivato i democratici”, ha riferito l’ufficio stampa della Casa Bianca in un comunicato. In riferimento alla Clinton Washington precisa che “la sua storica campagna ha ispirato milioni di persone e rappresenta un prolungamento della sua vita dedicata alla lotta per le famiglie della classe media e dei bambini”.
L’ex segretario di Stato ha vinto le primarie democratiche in New Jersey, New Mexico e South Dakota. Bernie Sanders si è aggiudicato quelle del North Dakota e del Montana. Ancora non definitivo il risultato in California, lo Stato che assegna ben 546 delegati e che entrambi i candidati, Sanders e Clinton, hanno cercato disperatamente di vincere. Una vittoria del senatore del Vermont in California potrebbe dargli più forza politica alla Convention di luglio; difficilmente gli darà possibilità vere di reclamare la nomination.
Quella, appunto, dovrebbe andare alla Clinton, prima donna a raggiungere l’obiettivo storico della nomination. Lei stessa, nel discorso di Brooklyn (in cui è uscita sul palco con le mani giunte sul cuore, aprendole poi in segno di gratitudine verso la folla dei supporters, che ritmavano il nome “Hillary, Hillary” e sventolavano bandiere a stelle e strisce) ha legato la sua candidatura a un movimento di pioniere che dal 18esimo secolo arriva alla conquista della nomination democratica da parte di una donna. “Stanotte corona un viaggio straordinario – ha detto la Clinton -. Dobbiamo così tanto a coloro che sono venuti prima di noi, e questa notte appartiene soprattutto a voi”.
Il rally di Brooklyn, con la sua coreografia attentamente studiata, con i richiami alla storia e alla straordinarietà di una candidata donna alla Casa Bianca, è stato attentamente preparato, lungo diverse settimane. Il suo valore di celebrazione finale – “dopo un lungo viaggio”, come ha detto la Clinton – è stato però in parte rovinato dall’annuncio di Associated Press, secondo cui la Clinton aveva raggiunto la soglia dei 2383 delegati necessari alla nomination prima del voto in California e New Jersey. La mossa di Ap ha indignato Bernie Sanders e i suoi, che hanno parlato di un “giudizio affrettato”, invocando la possibilità che i superdelegati, che hanno in larga parte dichiarato di scegliere la Clinton, possano cambiare il loro voto prima della Convention.
Non sarà, con ogni probabilità così; e lo sa lo stesso Sanders, che ha annunciato, da oggi, il licenziamento di buona parte dello staff che lo ha aiutato in questa campagna. Sanders, con ogni probabilità, non farà però nelle prossime ore alcuna dichiarazione di voto a favore della Clinton, né le “concederà” la vittoria. Prima dell’arrivo dei risultati in California, il senatore del Vermont ha espresso il proposito di andare avanti. “Sfidare la storia è stato sin dall’inizio il senso di questa campagna – ha detto -. Mi incontrerò nelle prossime ore con i miei supporters per capire come andare avanti e come ottenere un governo che ci rappresenti tutti, e non soltanto l’1 per cento della popolazione”.
Fonti interne al partito democratico hanno comunque spiegato che tra i collaboratori della Clinton e quelli di Sanders sono in corso contatti. Senza un endorsement ufficiale da parte del senatore nei confronti della Clinton, è probabile che Sanders continui a tenere caldo il suo messaggio di maggiore giustizia sociale e di critica alle diseguaglianze economiche; e che porti questo messaggio fino alla Convention di luglio, sperando di influire nella scrittura della piattaforma del partito e, forse, nella scelta del vicepresidente. Proprio per ottenere queste garanzie, Sanders ha chiesto, per giovedì, un incontro alla Casa Bianca con Barack Obama. Nel frattempo, la Clinton dovrebbe appellarsi all’unità del partito, facendo concessioni ai sostenitori di Sanders e accogliendo parte delle loro rivendicazioni. Cosa che Hillary ha fatto del resto anche nel discorso della vittoria a Brooklyn, dove ha riconosciuto il “grande ruolo e l’impeto” portato in questa campagna dai sostenitori di Sanders.
Oltre ai giochi politici all’interno del partito democratico, quello che conterà nei prossimi mesi è però soprattutto il confronto/scontro con Donald Trump. Il magnate newyorkese continua a macinare consensi tra il popolo repubblicano. Ieri ha vinto le primarie in tutti i cinque Stati dove era in lizza, e con un vantaggio considerevole: in California ha ottenuto il 77 per cento, in New Jersey l’81. Se i leader del suo partito continuano a prendere le distanze – ieri lo speaker della Camera, Paul Ryan, ha definito le dichiarazioni di Trump su ispanici e musulmani “razziste” – gli elettori conservatori hanno ormai abbracciato con entusiasmo Trump e le sue politiche su immigrazione, commercio, politica estera. E’ contro questo candidato radicalmente “altro”, rispetto alla politica tradizionale di Washington, che se la dovrà vedere Hillary Clinton. E’ nello scontro con l’America conservatrice e populistica che il viaggio di Hillary Clinton dovrà provare il suo successo e il suo futuro. Lei lo sa, e già ieri, nel discorso a Brooklyn, ha detto: “Non permetteremo che qualcuno ci divida”. E ha aggiunto, in un chiaro riferimento a Trump: “Mia madre mi ha insegnato una cosa. Mai abbassare la testa nei confronti dei bulli”.
Aggiornato da Redazione Web alle 8.58