Domenico Pagano a 39 anni ha chiuso la partita Iva e si è lasciato alle spalle uno studio a Bari in cui lavorava nei weekend, i clienti non pagavano e gli altri professionisti erano demotivati. Ora è felice e dice: "Avrei dovuto andarmene prima. Il rispetto del capitale umano all'estero è superiore"
Parla di Bari e la definisce “la mia adorata”. Dopo avere terminato gli studi in legge a Milano, laureandosi “nel minor tempo possibile”, Domenico Pagano era convinto di volere tornare nella sua città. Ma un praticantato con “dominus senza alcuna passione né intenzione di insegnare nulla” e uno studio legale che anno dopo anno ha visto crollare il suo fatturato, lo hanno portato alla soglia dei 40 anni a riformulare la sua vita. A 39, infatti, l’avvocato pugliese ha deciso di chiudere la partita iva e trasferirsi a Malta, dove dal 2015 si occupa di antiriciclaggio. Per riassumere la sua condizione attuale, lo slogan di Domenico è “lavoro la metà e guadagno il doppio”. In Italia, infatti, essere davanti al computer nel weekend era la norma, mentre a Malta la settimana lavorativa finisce il venerdì alle 16.30. “Avrei dovuto andarmene molto prima ma ai miei tempi non era così chiaro che la situazione economica italiana sarebbe peggiorata fino al punto in cui ci troviamo oggi”. Domenico non è il solo ad avere fatto questa scelta. “Nel 2015 si sono cancellati dall’albo forense di Bari 419 giovani avvocati”, per un sistema che alimenta “un’inaccettabile disparità tra vecchia e nuova generazione”.
Per il 40enne il sogno non era solo quello di essere avvocato ma di svolgere un lavoro “nobilissimo” nel sud Italia. Tanto che, dopo la laurea nel capoluogo lombardo, Domenico ha rifiutato un praticantato retribuito a Milano. Voleva tornare a Bari, ma l’impatto col mondo del lavoro nel Mezzogiorno è stato “terribile”. Fare fotocopie e portare borse senza neppure essere pagato erano le occupazioni giornaliere. “Ho capito subito che ero nei guai. Nessuno dei professionisti voleva trasmettermi alcuna passione, per loro ero una seccatura”, o per meglio dire, “una risorsa da sfruttare fino all’esaurimento”. L’immagine che più gli resta dei mesi da praticante sono gli occhi dei colleghi più grandi di lui – “pieni di tristezza e depressione” – da qui la scelta di aprirsi un proprio studio legale. I primi anni le cose sono andate a gonfie vele, “fatturavo più di quanto mi aspettassi”, ma la flessione era alle porte.
“I miei clienti chiudono, qualcuno perde il lavoro, altri si fanno inghiottire dai debiti”. Il fatturato crolla: -30%, poi -50%. “Gli unici clienti paganti erano criminali che seguivo per questioni penali: paradossalmente mi trovavo ad aiutare quelle persone che nei miei sogni avrei voluto combattere”. L’ultimo anno le fatture ammontano a meno di 4mila euro, tanto che il commercialista gli consiglia di chiudere lo studio avviato neppure sei anni prima. “Tutto era in aumento: l’Iva, la contribuzione obbligatoria a fronte di una pensione improbabile, la pressione fiscale seppure fossero garantiti servizi pessimi” per non parlare dell’obolo annuo “a un Ordine professionale che non è mai servito a nulla”. “Tutti questi non sono dettagli ma costi che incidono direttamente sul lavoro dei giovani professionisti. Io non ce l’ho fatta. E ho dovuto chiudere bottega”.
Se il Sud non lo voleva, allora era la volta di aprirsi all’Europa. Un percorso duro, che lo ha portato a scegliere di spendere tutti i suoi risparmi per specializzarsi in un settore spendibile fuori dall’Italia. “Volevo andare all’estero per valorizzarmi e non per farmi sfruttare di nuovo”. Dopo due master in antiriciclaggio, come un cecchino ha aspettato per mesi l’occasione giusta: Malta è sembrata l’opzione più vicina all’Italia, giuridicamente parlando, ed è bastata una mail per essere assunto come senior officer da uno studio di fiscalità internazionale. “Insomma, sono la conferma che gli italiani sono tanto apprezzati all’estero quanto sfruttati in patria”. Prima di scegliere di trasferirsi, qualche curriculum era stato mandato anche nel nord Italia ma a parte uno studio di Pesaro, tutti gli altri non hanno neppure risposto. “Su questo punto la differenza tra l’Italia e l’estero è schiacciante: il rispetto del capitale umano all’estero è decisamente superiore”. Nel suo nuovo ufficio di Malta, una semplice occhiata gli ha fatto capire quanto l’ambiente fosse stimolante, tra professionisti polacchi, russi, ucraini, francesi, afgani e maltesi ovviamente.
Da dove è arrivata la forza per cambiare vita a quarant’anni? “La convinzione che un uomo senza un lavoro sia un uomo mortificato, incapace di rendere felice una donna, per non parlare di eventuali figli”. Non ha una compagna né figli ad aspettarlo a casa Domenico, ma ora sta costruendo la sua indipendenza economica e professionale. “All’estero esistono cose che in Italia non immaginiamo neppure: l’aumento annuale degli stipendi, oppure la possibilità di specializzarsi in un settore, invece di occuparsi un po’ di tutto”. Non rimpiange di avere lasciato l’Italia, anzi, “è una scelta che consiglio a tutti, senza voltarsi indietro, se non per sorridere”. Eppure nel suo futuro non vede certo Malta: “Adoro la mia splendida Puglia. Un giorno tornerò e lo potrò fare proprio grazie alle mie esperienze all’estero”. Dopo la sua partenza, Domenico è stato accusato di avere “abbandonato la barca”. “Personalmente ritengo che sia esattamente il contrario. Non ho abbandonato l’Italia, ma ho solamente preso in mano il timone di un’altra barca: la mia vita”.