Sedici marzo 1978: in via Mario Fani nessuna delle auto civetta del commissariato di zona svolge le consuete operazioni di ‘bonifica’ del territorio. Il servizio di controllo, che precede il passaggio di personalità importanti, viene misteriosamente sospeso. Lo ha detto davanti alla commissione d’inchiesta sul ‘caso Moro’ l’ex agente di Pubblica Sicurezza Adelmo Saba che quella mattina si trova inaspettatamente libero perché il suo capo, Enrico Marinelli, ha deciso, senza avvisarlo, di metterlo in ferie forzate.
L’audizione di Saba rompe la serie dei ‘non ricordo’ ascoltata troppo spesso nelle recenti audizioni e riporta al centro dell’interesse della Commissione il tema piuttosto insidioso delle strane circostanze che precedono l’assalto del commando brigatista – come quello del capo della Digos Spinella che arrivò troppo presto in via Fani (leggi). “Dopo la testimonianza di Saba senz’altro aumentano le coincidenze”, ha detto il senatore Federico Fornaro che, per niente distratto dalla sua ormai nota passione e competenza per i dati elettorali, coglie la novità dell’audizione: “Oggi per la prima volta abbiamo appreso che esisteva un servizio di ‘bonifica’, una prassi di cui nessun documento dell’epoca parla, e che sicuramente quel giorno non fu garantito”.
Saba ha poi ricordato le parole del suo collega che faceva parte della scorta di Moro: era il più esperto, molto affidabile con le armi ma quel giorno viene anche lui esentato dal servizio senza un motivo. “Mi disse che qualcuno evidentemente aveva voluto salvargli la vita“. Un altro aspetto dell’audizione – nella quale non mancano spunti di riflessione sulle incertezze e sulle fragilità delle ricostruzioni che si affidano ai ricordi lontani – riguarda il ritrovamento della Fiat 128 bianca in via Licino Calvo. Saba ha confermato che quell’auto per tutto il giorno del 16 marzo non c’era nel punto in cui lui e il suo collega Antonio Pinna la ritrovarono nella notte del 17: il rilascio delle auto usate dal commando fu dunque ‘controllato’, cioè realizzato in fasi successive.
Una modalità che richiama l’esistenza di un ‘garage compiacente’, come lo definì il giornalista Mino Pecorelli, cioè di una base brigatista proprio in prossimità dell’agguato. E, ovviamente, sempre negata dalle Br. Ultimo aspetto della testimonianza riguarda il ricordo di una enorme pozza di sangue non coagulato sul sedile anteriore a fianco del guidatore della 128 blu – nel loro rapporto Saba e Pinna fecero una descrizione meno enfatica. Le perizie fatte all’epoca dalla Scientifica rilevano genericamente schizzi di sangue: a chi apparteneva? Certamente non ad Aldo Moro – l’autopsia lo esclude – e le Br non hanno mai parlato del ferimento di uno dei loro. Vedremo se gli esperti guidati da Giuseppe Fioroni riusciranno a trovare risposte a questi pesantissimi interrogativi.