L’UOMO CHE VIDE L’INFINITO di Matthew Brown (GB, 2015) con Dev Patel, Jeremy Irons. Durata: 108’ Voto 3/5 (AMP)
L’uomo e i numeri. In rari casi il rapporto fu così intimo come quello stabilito da Srinivasa Ramanujan, che li considerava entità viventi, mutevoli e avvolte in un’armonia infinita. Genio matematico di purezza diamantina, ebbe la sfortuna di nascere ignorante e poverissimo nell’India colonizzata del primo ‘900. Il talento però lo portò fino ai blasoni di Cambridge, dove sotto l’egida del nume tutelare G. H. Hardy, poté pubblicare le sue mirabili scoperte diventando Fellow tanto del Trinity College quanto dell’impenetrabile Royal Society. Colto da morte prematura a soli 32 anni per tubercolosi, visse animato dalla speranza che le sue ricerche matematiche non sarebbero scomparse con lui nonostante la difficoltà a farsi riconoscere ed accettare dall’esclusiva comunità scientifica britannica. Omaggio dovuto e in perfetto trend riabilitativo da parte degli inglesi dei cervelli illuminati in vita reietti (vedi Alan Turing e il suo The Imitation Game), L’uomo che vide l’infinito è essenzialmente il classico racconto di un’amicizia sulla carta impossibile, ovvero quella tra il giovane outcast indiano e il rigido professore inglese che ne prese a cuore le sorti. Seppur privo di velleità di scrittura e regia, il film è pregevole per lo spirito aderente ai tempi e le performance dei due protagonisti: il solido/solito Irons e il finalmente cresciuto ragazzino di The Millionaire, Dev Patel.