Che i referendum siano un’ossessione solamente in Italia è tutto da provare. Di certo, anche nel Regno Unito, la prossima consultazione sull’appartenenza all’Unione europea sta diventando un tormentone costante. Con una cifra caratteristica: la stampa britannica è tendenzialmente favorevole alla Brexit e la quasi maggioranza degli articoli sul tema propugna l’uscita del Regno Unito dal recinto comunitario con il referendum del prossimo 23 giugno. Il dato, che è il frutto di una ricerca, arriva dal Reuters Institute for the Study of Journalism, un istituto con sede a Oxford e che ha appunto avuto origine dalla principale agenzia di notizie al mondo. Studiando gli articoli pubblicati nei mesi di marzo e aprile, l’ente di ricerca ha mostrato come il 45% di essi fosse in favore della Brexit, contro il 27% in favore della permanenza e i restanti (il 28%) perlopiù dai toni e dai contenuti neutrali. Un corpo di oltre mille articoli, così, ha mostrato quello che chiunque conosca la realtà britannica può in questi giorni testimoniare: il discorso del “Leave“, dell’uscita, fa molta più presa sulla gente e sugli opinion maker. Si tratta di un discorso più forte e più pregno e di sicuro molto più coinvolgente.
L’analisi del Reuterst Institute, inoltre, ha confermato la tradizionale spaccatura fra stampa di “sinistra” e stampa di “destra“. Assolutamente favorevoli alla Brexit risultano essere titoli come il Daily Mail, il Sun di Rupert Murdoch e il Daily Telegraph. E i primi due, entrambi tabloid, sono i quotidiani più letti nel Regno Unito, sia nella versione online che in quella cartacea, con il sito del Daily Mail che è uno dei siti informativi più visitati al mondo e con il cartaceo del Sun che in certi giorni vende anche un milione e mezzo di copie. Numeri assolutamente fantascientifici per altre realtà europee, e per esempio per l’Italia. Sul fronte opposto, assolutamente europeisti risultano il Guardian, l’Independent e il Daily Mirror, mentre il Times, che è sempre di Murdoch e che è un po’ il “cavallo di razza” della stampa britannica, si mantiene neutrale.
Altre indagini, inoltre, nelle ultime settimane hanno mostrato come quella della Brexit stia diventando una vera e propria ossessione per la stampa del Regno Unito. Ogni quotidiano in media propone anche dieci articoli al giorno sul tema, con le versioni online che ormai hanno inaugurato anche dei rulli ad aggiornamento continuo sul tema. Così come avviene per i grandi eventi, peccato che alla consultazione referendaria manchino ancora due settimane. Un dibattito nel quale, rivela la stampa britannica senza vergognarsene, il 69% degli articoli dà voce ai conservatori (sia quelli europeisti che quelli euroscettici), mentre i laburisti trovano posto solamente nel 14% dei casi. Lo studio del Reuters Institute, portato avanti con l’ente Prime Research, andrà avanti fino al 21 giugno e verrà pubblicato nella sua interezza nel mese di settembre, quando il Regno Unito potrebbe già essere fuori dall’Ue. Ma il tema, chiaramente, è fortissimo anche sui social network. Nella giornata di mercoledì 8 giugno, la pagina Facebook di Vote Leave, il comitato dei pro-Brexit, “piaceva” a 464mila persone circa, mentre quella di Britain Stronger in Europe, gli europeisti, era seguita da 461mila persone. Entrambe le pagine aggiornano in continuazione i propri contenuti ed è da immaginare che la lotta sarà sempre più serrata nei prossimi giorni e fino al referendum. Social network quindi sempre più importanti nella battaglia sull’Ue. Tant’è che sempre più spesso il premier David Cameron (anti-Brexit) e l’ex sindaco di Londra Boris Johnson (che è a favore) usano Twitter come prima piattaforma per il lancio delle loro dichiarazioni. Ancora prima che i loro portavoce ufficiali dicano qualcosa.
Nella lotta sulla stampa e sui social media ci sono però anche altre questioni. Diversi analisti e commentatori hanno sottolineato come il tema del referendum sia assolutamente snobbato dai più giovani, quelli che forse potrebbero votare a favore dell’Europa e rilanciare le sorti di un referendum al momento sbilanciato a favore degli euroscettici. Secondo molti opinion maker, né Cameron né Johnson e i suoi sono riusciti a coinvolgere i giovani, un qualcosa che forse potrebbe avere serie ripercussioni sull’esito del voto. Infine, quanto scritto da Alex Spence, noto giornalista esperto di questioni mediatiche: il dibattito sulla Brexit mette in scena solamente persone della media e dell’alta borghesia, bianche e di sesso maschile. Pochissime le donne che compaiono in questo discorso, così come le minoranze etniche e religiose sono tenute da parte. Una situazione abbastanza diversa da quella dell’Italia, dove pure il tema del referendum costituzionale di ottobre sta diventando quasi un’ossessione, ma dove il peso delle donne in politica si fa assolutamente sentire. E basta solamente citare il ruolo e il peso del ministro Maria Elena Boschi in tutta la vicenda.