Botte a tutti gli avversari principali alle elezioni amministrative, soprattutto ai Cinquestelle e alla Lega. Un rilancio sul percorso della rottamazione con la proposta di una legge per mettere un limite di mandati da premier. E toni “inediti” sulla legge elettorale: “Non sono innamorato dell’Italicum”. A RepIdee, intervistato da Eugenio Scalfari, il presidente del Consiglio Matteo Renzi si concentra in particolare sulla politica interna e sugli appuntamenti più vicini, dai ballottaggi alle amministrative al referendum costituzionale. Con una punta di “berlusconite”: “Noi siamo al settantesimo anno di questo nostro Paese” e “in 63 governi nessuno ha fatto meglio di noi. Siamo già il sesto governo per longevità”.
I Cinquestelle a Roma
Sulle Comunali di Roma, secondo Renzi, “se vince Virginia Raggi, noi saremo molto leali con chiunque vincerà come governo – assicura – Ma è un problema dei romani. Se il disegno strategico è dire no a tutto o quasi, che ci posso fare? Se volete affidare la città a chi dice no, votate chi volete”. Come sempre, ribadisce che il voto su Roma “riguarda i romani e deciderà i prossimi anni di questa città”. Il voto di Roma “riguarda solo i romani, non è un giudizio sul Pd”. “E’ un problema dei romani se si dice no alle Olimpiadi, alla Metro C. Se Roma vuole entrare in una fase in cui non si completa la metro secondo me è un errore” ma “l’analisi sui 5 Stelle non può essere basata sulle amministrative”.
“Se vince Grillo è per colpa nostra”
“La lettura nazionale dei dati locali è profondamente sbagliata” insiste, e “in questo momento laddove ci fosse un ballottaggio a livello nazionale sarebbe tra Pd e centrodestra” e non con i Cinquestelle. Se poi con l’Italicum “vince Grillo è perché ha preso un voto più di noi ed è per colpa nostra. E comunque Grillo non vince se siamo bravi, perché siamo più credibili. L’idea di avere una legge elettorale che blocchi secondo me non funziona”. D’altra parte “se consentiamo ai ragazzi di innamorarsi delle idee populiste e antieuropee è colpa nostra. Se non prendiamo i voti dei giovani la colpa è nostra, è mia”.
I diamanti (che non erano di Salvini)
E’ forse anche per questo che si percepisce un po’ di agonismo in vista delle sfide finali delle Comunali. Così ce n’è anche per l’altro fronte delle opposizioni, quello di centrodestra, in particolare la Lega Nord. “Aiutare i migranti a casa loro significa fare cooperazione e investimenti in Africa, e non portare i diamanti in Tanzania. Salvini si vergogni di quello che ha fatto la Lega in quegli anni”. Qui l’obiezione verrà facile, tuttavia, visto che la stagione leghista dei diamanti era quella del tesoriere Francesco Belsito e quindi della dirigente legata a Umberto Bossi. Salvini è venuto molto dopo – è diventato segretario addirittura dopo la leadership di meno di un anno di Roberto Maroni -, anche se poi per decisione dell’attuale segretario federale del Carroccio, il partito ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo all’ex tesoriere.
Italicum? “Mai stato innamorato”
Scalfari annuncia il suo “no” al referendum d’ottobre se non verrà cambiata la legge elettorale. E questo dà vita a una risposta abbastanza inedita sull’Italicum, che Renzi ha sempre difeso e per il quale ha sempre negato qualsiasi possibilità di modifica. “Non sono innamorato di questa legge elettorale – dice – avrei preferito il Mattarellum con strumenti per garantire la vittoria”. Giusto un mese fa, peraltro, era stato Pierluigi Bersani a proporre di togliere di mezzo l’Italicum e rinnovare la legge elettorale con un sistema “alla francese” (collegi e doppio turno). L’idea di Bersani però era stata subito respinta al mittente da Serracchiani e Guerini.
Sul punto dei cosiddetti “nominati”, cioè i capilista bloccati, – criticato da Eugenio Scalfari – Renzi risponde che la “parte di persone che viene indicata dalle segreterie di partito è molto minore non solo del passato, ma dei collegi uninominali”. E per fare un esempio cita “quando D’Alema ci mandò Di Pietro al Mugello“. In questo caso, poi, “il ballottaggio è un passo avanti straordinario”. Sulle riforme “se possiamo riportare la discussione sul merito, l’alternativa al sì provoca ingovernabilità. Una riforma elettorale dura 30 anni, una legge elettorale molto meno”, spiega Renzi sottolineando: “L’unico modo per evitare un governo di larghe intese è vincere le elezioni con un partito che si presenta da solo e senza tanti partitini accanto”. “Con il proporzionale – conclude – un governo dura come un gatto in autostrada, poi rifletteremo su tutto”.
Riforme, “toni troppo alti, colpa anche mia”
Renzi sembra un po’ aver capito di non poter fare una “guerra” giorno dopo giorno fino al referendum costituzionale di ottobre. Così da una parte usa toni diplomatici: “Sul referendum costituzionale sono stati alzati troppo spesso i toni e forse anche noi abbiamo alzato il tono della discussione referendaria, io per primo – ammette – Ma se sei stato chiamato da Napolitano per fare le riforme e le riforme vanno male come minimo devi andare a casa. Io credo nell’etica della responsabilità”. Da qui riparte la parte rottamatrice, almeno in apparenza. “Io non è che vado a casa e basta, e lo confermo perché non sono adatto a fare un altro giro cercando di mettere storie diverse. Ma se passa il no l’Italia diventa ingovernabile, ci sarà sempre un inciucio, una larga intesa, un accordo. E se si bloccano le riforme in Ue non ci fila più nessuno”. Ed ecco la proposta del limite di mandati anche per il capo del governo: “Se uno mi dice che voglio governare l’Italia per 15 anni lo querelo. Penso che uno al massimo”, con il sistema di riforme, “può fare due mandati. E io sarei pronto a firmare una qualsiasi proposta di legge che va in questa direzione”.
L’Italia e l’Europa: “Senza riforme Bruxelles non ci fila”
Riforme e questioni europee si toccano: “Io non è che vado a casa e basta, e lo confermo perché non sono adatto a fare un altro giro cercando di mettere storie diverse. Ma se passa il no – avverte – l’Italia diventa ingovernabile, ci sarà sempre un inciucio, una larga intesa, un accordo. E se si bloccano le riforme, in Ue non ci fila più nessuno”. La conversazione con Scalfari era nata proprio da lì, dallo stato di salute dell’Unione europea. A ridosso del referendum in Gran Bretagna, inevitabile parlare dello scenario di una Brexit, un’uscita di Londra dalla comunità europea: “Spero che vada bene – dice Renzi del voto che aspetta il Regno Unito – Se va male nell’immediato sarà un problema di turbolenze finanziarie, un disastro per gli inglesi, e questo mi fa pensare che gli inglesi siano molto più saggi di quelli che dicono i sondaggisti. Ma nel medio e lungo periodo per l’Ue e per l’Italia non sarà un dramma”. Da parte sua l’Italia “dopo tanti anni, con il referendum di ottobre” ha “chiuso con un pacchetto di riforme. In Europa ora possiamo dire che la nostra parte l’abbiamo fatta, adesso è l’Ue che deve cambiare se stessa”. Due anni fa, ad Ypres “ero solo come un cane” nella richiesta di inserire nel documento del Consiglio europeo la parola flessibilità. Nel giugno 2014 la parola flessibilità “era eresia, era un insulto”. Oggi invece la flessibilità c’è, sottolinea il presidente del Consiglio. La nuova sfida parte dall’agosto 2016, quando in 6 mesi “ci giochiamo la capacità italiana di fare il sorpasso su un modello sbagliato come l’austerity. In questi sei mesi ci giochiamo il cambio di paradigma: più investimenti e meno austerity”.
Ma dall’altra parte in Europa i populisti “vogliono scassare l’Ue perché non funziona. Talvolta a Bruxelles danno impressione di occuparsi tanto di finanza, di banche e non di disoccupazione. Ma è possibile che i discorsi più belli sull’Europa li hanno fatti di recente Papa Francesco e Obama, un argentino e uno statunitense?”.