La sintesi del duello televisivo tra i candidati del Pd e del centrodestra che devono andare a caccia dei voti del M5s e degli astensionisti. I temi sul tavolo: case popolari, partecipate, quote rosa. L'ex ad di Expo: "Servono legalità e trasparenza, per questo ho scelto Colombo". L'ex manager di Fastweb: "Il Mein Kampf? Scelta scellerata, ma dalla Boschi strumentalizzazione volgare"
Continuità e discontinuità. E’ caccia ai voti in libertà a Milano dove i candidati a sindaco del Pd e del centrodestra Beppe Sala e Stefano Parisi si presentano al ballottaggio separati da 5mila voti. Nel confronto tv a In Mezz’ora, su Rai3, il tema principale è stato quello di convincere gli elettori che non li hanno scelti al primo turno: quelli del M5s (al quale è andato il 13 per cento delle preferenze), ma anche quelli moderati e quelli degli astensionisti. Da qui, quindi, parte il discorso di Parisi: “La nostra è una discontinuità rispetto all’amministrazione Pisapia – gli ha risposto Stefano Parisi – mentre Sala è la continuità”. Così Sala, suo successore come city manager con Letizia Moratti, provoca: “Nel 1990 Parisi, quando ero in fabbrica alla Pirelli, lavorava con De Michelis e che si presenti come l’alfiere del cambiamento è una cosa che viene strana”. “Non sono nuovo – è la controreplica – io ho lavorato per tre anni con Albertini e non lo rinnego, anzi. Porta Nuova, l’Expo e la nuova metropolitana sono state pensate in quegli anni”. Ma chi vuole cambiare rispetto a Pisapia, ribadisce, sa chi scegliere: lui.
Dall’altra parte invece Sala ha gioco facile quando Parisi non comunica neanche questa volta i nomi dei suoi assessori: “Voglio proteggere la mia autonomia” dice il candidato del centrodestra. Così il candidato del Pd lo attacca sulla trasparenza, vantando l’annuncio appena fatto di Gherardo Colombo che guiderà un comitato per la legalità a Palazzo Marino. Legalità e trasparenza, altri temi cari ai Cinquestelle e al loro elettorato. “Non è una manovra elettorale – ha replicato Sala – ma la consapevolezza, di chi come me è passato da situazioni difficili in Expo, che non allentare la tensione su legalità e trasparenza è obbligatorio”. Il botta e risposta è su tutto: case popolari, vendita di quote delle partecipate, quote rosa.
Ma le parole più dure Stefano Parisi le riserva al Pd e al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi sul caso del Mein Kampf venduto dal Giornale: “Un’iniziativa scellerata” ha detto Parisi che ha moglie e figlie ebree. “Ma è grave”, continua, la “strumentalizzazione volgare” fatta da Emanuele Fiano “che è rappresentante della comunità ebraica e non si gioca con la Shoah” e dalla Boschi “che è ministro delle Riforme istituzionali e dovrebbe stare attenta a quello che dice e occuparsi meno delle campagne elettorali”.
Patrimonio e case popolari
Sala: “Abbiamo un patrimonio che possiamo dismettere. Non integralmente, ma magari quote di partecipate, come A2a, ma anche altre. E a quel punto si può sostituire con altro patrimonio. Quale? Per esempio le case. Ci sono case sfitte non consegnate perché non sono a posto. Serve una manutenzione straordinaria da 100 milioni”.
Parisi: “Il problema della povertà è molto aumentato a Milano. L’associazione Pane quotidiano parla di un aumento di pasti consegnati del 25 per cento. Ma fare cassa è sbagliato. Gli asset si devono vendere al momento giusto, quando il mercato li valorizza. Milano ha bisogno di attrarre investimenti privati. Occorrono rigenerazione urbana, infrastrutture, riqualificazione degli scali ferroviari. Serve un rapporto pubblico-privato, con chiarezza delle regole, semplificazioni. Poi le case popolari sono un tema a sé: ci sono 10mila alloggi sfitti da ristrutturare. 4mila occupati da persone senza diritto. 20mila persone in lista d’attesa. Bisogna imporre la legalità e mandare via le persone dalle cose occupate. Il livello di case popolari è da terzo mondo in certi quartieri”.
Legalità
Sala: “L’ultima amministrazione guidata da Pisapia ha operato mille sgomberi, una cifra superiore alle altre amministrazioni. Ho chiesto a Gherardo Colombo di guidare un comitato di legalità e trasparenza perché serve investire molto e attrarre investimenti ma sempre con vigilanza e controllo. Non è manovra elettorale, lo dico solo per trasparenza, mentre Parisi non vuole comunicare chi sceglierà per la giunta. Non bisogna mollare l’attenzione su questi temi, è importante più che mai in questo momento”.
Parisi: “Non voglio comunicare la giunta adesso per proteggere la mia autonomia. Il sindaco è responsabile della sua squadra. In questo senso diamo un messaggio diverso. Sala fa una scelta diversa. Ma per liberare quelle case non c’è bisogno di Colombo o Di Pietro, si fa e basta. E la legalità non serve solo dentro la politica, ma a tutti i livelli come sull’abusivismo commerciale, sulle case popolari, nella lotta alle infiltrazioni mafiose. Non servono comitati, serve il polso fermo. Per esempio sto pensando a personalità di altissimo livello per affrontare il tema sulla violenza sulle donne”.
La caccia ai voti liberi (leggi M5s)
Sala: “Bisogna pescare sui singoli elettori. Non credo che il M5s voglia un’interlocuzione. C’è una cosa che ci divide, con Parisi. Il sindaco ha tanti limiti derivanti: il consiglio, la giunta. Non è un amministratore delegato. Non è indifferente com’è la giunta. E avere in consiglio su 29 consiglieri che andranno alla maggioranza 15 donne e 14 uomini come la nostra coalizione o 4 donne e 25 uomini come avrebbe Parisi fa molta differenza, non è un problema di democrazia. Io poi sono un decisionista, ma il sindaco agisce insieme ad altri organismi”
Parisi: “Voglio rispettare le 220mila persone che mi hanno votato. Non cambierò il mio programma, non farò strappi, non farò apparentamenti. Più del 60 per cento degli elettori ha votato contro la continuità visto che Sala rappresenta la continuità. Chi ama cambiare ha l’opportunità di cambiare me: mi rivolgo a tutti gli elettori, chi ha votato cose diverse, chi è rimasto a casa o era fuori città. Non c’ho 20 anni e non sono stato scelto col web. Ho 60 anni e ho un po’ d’esperienza alle spalle”.
Continuità e cambiamento
Sala: “Quando all’inizio degli anni Novanta lavoravo ancora alla Pirelli, Parisi lavorava già con De Michelis, è stato a Palazzo Chigi con più governi, è un po’ strano vederlo come alfiere del cambiamento”.
Parisi: “Abbiamo due politiche diverse. Quelli che hanno votato partiti diversi e non sono andati a votare al primo turno, guardino alla nostra offerta come ad un’offerta alternativa. La discontinuità con Sala di cui parlo io non è la novità. Non sono nuovo, io ho lavorato per tre anni con Albertini e non lo rinnego, anzi. Porta Nuova, l’Expo e la nuova metropolitana sono state pensate in quegli anni. Chi ha votato per me ha votato per la discontinuità, molti assessori della giunta Pisapia sono candidati con Sala. Chi ha amato la politica di Pisapia deve votare Sala, chi vuole cambiare per me”.
Il Giornale e il caso Mein Kampf
Parisi: “L’iniziativa del giornale è scellerata in qualunque momento dell’anno. C0p un grande rischio di antisemitismo e non si possono fare scherzi o operazioni commerciali. E’ un problema che sento anche per la mia famiglia. Mia moglie è ebrea, le mie figlie sono ebree. A Milano c’è un problema antisemitismo molto grave. Ma gravi sono anche le parole di Fiano e e della Boschi che vogliono affiancare la mia faccia a quella di Hitler per prendere i voti dei nazisti di Milano che tra l’altro non esistono. E’ una strumentalizzazione volgare che rovina una campagna elettorale che finora era stata civile. Penso che sia molto grave, specie per quanto riguarda Boschi che è ministro delle riforme istituzionali e dovrebbe stare attenta a quello che dice e occuparsi meno delle campagne elettorali”.
L’eredità di Pisapia
Sala: “Cosa terrei dell’ultima amministrazione? Esce in modo positivo su legalità e trasparenza. Sono il sindaco giusto per valorizzare il ruolo internazionale di Milano, lavorare nelle periferie con la mia energia e il mio metodo. Posso essere il sindaco giusto oggi. Non butto nulla di quanto ho avuto in eredità, ma mi propongo come il sindaco giusto oggi. Le Olimpiadi? Faccio una battuta, se Roma non le vuole…”