Un leak diffuso da Seattle to Brussels Network rivela che il 7 aprile le delegazioni di Austria, Finlandia, Francia, Germania e Paesi Bassi hanno presentato al Comitato della politica commerciale del Consiglio europeo un documento informale che mira a estendere senza troppo clamore la possibilità per gli investitori di portare in giudizio qualunque governo
La procedura di arbitrato internazionale a cui le multinazionali avrebbero accesso contro gli Stati è tra i temi meno digeriti dall’opinione pubblica nel dibattito sul Ttip, il trattato commerciale in fase di negoziazione tra la Commissione Europea e gli Stati Uniti. Ma mentre le trattative sul Transatlantic Trade and Investment Partnership languono, rendendo meno probabile anche il via libera a quello che all’inizio era stato battezzato Investor-state dispute settlement (Isds ) e poi Investment Court System (Ics), cinque Paesi Ue si stanno muovendo per estendere senza troppo clamore un meccanismo simile a tutti i 28 membri. Promuovendo un trattato multilaterale che garantirebbe la possibilità agli investitori di portare in giudizio qualunque governo europeo davanti a tribunali arbitrali internazionali anziché affidarsi alle giurisdizioni nazionali.
Secondo un leak diffuso da Seattle to Brussels Network (S2B), il 7 aprile le delegazioni di Austria, Finlandia, Francia, Germania e Paesi Bassi hanno infatti presentato al Comitato della politica commerciale (Tpc) del Consiglio europeo un non-paper (documento informale) che mira a superare i trattati di investimento bilaterali tra Paesi dell’Unione, siglati per la maggior parte negli anni ‘90 tra membri dell’Europa occidentale e Stati dell’Europa centrale e orientale, quando questi ultimi ancora non ne facevano parte. Del tutto contraria la campagna Stop Ttip Italia. “È inaccettabile che l’Isds, rigettato insieme al Ttip da milioni di cittadini, e la nuova proposta di Corte internazionale, fortemente criticata dalla società civile e da parte dell’accademia, vengano applicati a tutti gli investimenti interni all’Unione senza una consultazione pubblica – ha dichiarato la coordinatrice Elena Mazzoni – Il governo italiano chiarisca in Parlamento la sua posizione rispetto a questo paventato nuovo accordo multilaterale e spieghi perché mai dovrebbero contenere un meccanismo deleterio per la democrazia”.
Il contesto dei trattati bilaterali nella Ue – Con l’allargamento a est dell’Unione, a partire dal 2004, i trattati di investimento bilaterali sono entrati nel mirino della Commissione Europea, che a più riprese ha sottolineato il conflitto con le regole Ue e la necessità di un mercato unico europeo. Non solo: lo scorso anno Bruxelles ha aperto una procedura di infrazione nei confronti di cinque Austria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Svezia, intimando la chiusura di tutti i loro trattati. E proprio due di questi Paesi sono tra i promotori del documento intercettato.
Fino allo scorso anno, solo l’Irlanda (nel 2012) e l’Italia (nel 2013) avevano chiuso tutti i loro trattati bilaterali con Paesi dell’Unione Europea. Al momento sono ancora in vigore 198 trattati. E la difficoltà nel loro sradicamento sta nell’ampia protezione che garantiscono agli investitori, compresa la procedura di arbitrato tra Stati e aziende che bypassa le giurisdizioni nazionali. Secondo un documento prodotto nel 2014 dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (United Nations Conference on Trade and Development, anche Unctad) il meccanismo Isds è stato utilizzato 117 volte contro gli Stati dell’Unione Europea, e ben 88 volte le parti in causa sono state entrambe europee. Il ricorrente in genere fa parte dell’Unione a 15, particolarmente attive sono le società olandesi, inglesi e tedesche. Mentre a difendersi, nella stragrande maggioranza dei casi, è un membro dell’Europa centrale e orientale.
Obiettivo, un accordo “che segua la policy sviluppata per il Ttip” – Nel leak è chiaro l’obiettivo dei cinque Paesi, ovvero superare la politica dei trattati bilaterali, come richiesto dalla Commissione Europea. Ma per fare questo si intende promuovere un trattato multilaterale grazie al quale gli investitori potrebbero portare in giudizio qualunque governo europeo davanti a tribunali arbitrali internazionali invece che affidarsi alle giurisdizioni nazionali. Come si legge nel documento, le delegazioni suggeriscono un accordo che segua “la policy sviluppata per il Ttip”, riaffermando il “diritto di regolarsi degli Stati membri, in linea con il nuovo approccio della Ue in tema di politiche commerciali”. I cinque Paesi, che suggeriscono un sistema ad hoc, indicano la Corte Permanente di Arbitrato come luogo deputato a dirimere le controversie. Tuttavia, così come l’International Centre for Settlement of Investment Disputes (Icsid) della World Bank, la Corte Permanente di Arbitrato, che ha sede a L’Aja, non è un tribunale precostituito, ma è un elenco di arbitri che all’occorrenza vengono attivati per dirimere le controversie. Di fatto, dunque, nulla cambierebbe rispetto ai meccanismi attuali per quanto riguarda le procedure e i giudizi.
La Confindustria europea a favore del meccanismo – La proposta contenuta nel documento intercettato da S2B segue di poche settimane una lettera aperta indirizzata al direttore generale per la stabilità finanziaria e servizi finanziari della Commissione europea, Olivier Guersent. Markus J. Beyrer, l’autore della missiva, è il direttore generale di Business Europe, gruppo che riunisce le associazioni degli imprenditori e delle aziende europee (per l’Italia è presente Confindustria) e attualmente guidata da Emma Marcegaglia. Nella lettera si chiede un meccanismo che “mantenga un alto livello di protezione per gli investitori nella Ue”, in linea con quanto proposto da Austria, Finlandia, Francia, Germania e Paesi Bassi.