Difesa contro attacco, tattica contro fantasia, tradizione contro il nuovo che avanza: più che una partita, Italia-Belgio è quasi una sfida fra opposti. Con un paio di precedenti storici ambivalenti: esattamente 16 anni fa, a Euro 2000, l’Italia vinse 2-0 (gol di Totti e Fiore, i ct Conte e Wilmots erano in campo), iniziando la cavalcata verso la finale; ma il Belgio è anche la nazionale che ci eliminò agli Europei di casa del 1980 con un beffardo 0-0. Oggi Italia-Belgio vale tanto ma non tutto: la formula a 24 squadre (passano anche le quattro migliori terze), toglie il sapore da ultima spiaggia che hanno sempre gli esordi nei tornei internazionali. Anche perché questa è senz’altro la partita più difficile di un girone non impossibile. Ma a Lione gli azzurri devono sopratutto dimostrare che ha torto chi pensa che questa sia la nazionale più scarsa di sempre, al cospetto di una squadra che invece sprizza talento da tutti i pori e può essere considerata tra le possibili outsider per la vittoria finale.
I TALENTI DEL BELGIO – Ci capita una squadra che più diversa dalla nostra non potrebbe essere: con un talento quasi sconfinato ma evidenti lacune difensive; in una delle sue migliori versioni di sempre, ma discontinua e soprattutto senza l’abitudine a competere nei grandi tornei internazionali. Gli unici risultati di rilievo risalgono agli Anni Ottanta, un quarto posto ai Mondiali ’86 e un secondo a Euro ’80. Era la nazionale di Jan Ceulemans, oggi il Belgio vive una nuova golden age. Basta scorrere i nomi della rosa a disposizione del ct Wilmots: Hazard, De Bruyne e Lukaku, ma anche Carrasco (il migliore in campo nell’ultima finale di Champions), Benteke, Mertens, Origi; e ancora Fellaini, Witsel, Dembele, Courtois. Chiunque di loro, anche le riserve, sarebbe una stella nel campionato italiano e nella nostra nazionale. Il ranking Fifa, forse esagerando un po’ ma non per caso, lo mette al secondo posto della classifica mondiale, prima europea davanti anche alla Germania. Ai Mondiali 2014 uscirono nei quarti con l’Argentina, oggi hanno due anni di maturità in più. E soprattutto il miglior Nainggolan, che in una squadra di tutti fantasisti diventa forse l’elemento più prezioso ed insostituibile. In compenso, la difesa è sempre ballerina, e ha anche perso il suo pilastro e capitano Kompany. Se attaccato il Belgio può soffrire. Il punto è riuscire a togliergli la palla.
LA SOLITA ITALIA – Dall’altra parte c’è l’Italia. E Conte che ha fatto una scelta integralista: non avendo una squadra di talento (a maggior ragione dopo i forfait di Verratti e Marchisio), meglio accantonare la (poca) fantasia a disposizione e puntare tutto sul gruppo. Niente Insigne, El Shaarawi o Bernardeschi, ma neppure Zaza: davanti giocano Pellè e Eder. Almeno al debutto e almeno dall’inizio, perché si sa quanto queste gerarchie siano labili in un torneo come gli Europei. Di certo i due attaccanti titolari hanno molto da dimostrare, dopo un periodo di grande appannamento. Ma il ct ha deciso di affidarsi alla coppia che lo ha portato in Francia nella parte finale delle qualificazioni. Equilibrio è la parola chiave: per questo nel 3-5-2 a sinistra giocherà Darmian (un terzino) per pareggiare la spinta di Candreva sull’altra fascia; in mezzo la sostanza di Parolo e la verve di Giaccherini ai lati del redivivo De Rossi (che dovrebbe essere preferito a Thiago Motta). Nessun dubbio in difesa: il blocco Juve è l’unica certezza di questa squadra.
PARTIRE BENE – Le ultime amichevoli hanno dimostrato che il Belgio non è imbattibile: vittorie stentate con Norvegia e Svizzera, addirittura pareggio striminzito con la Finlandia, sempre subendo gol. C’è però il precedente del novembre scorso a Bruxelles, dove i padroni di casa ci rifilarono un sonoro 3-1. Allora la distanza rispetto a De Bruyne e compagni sembrò quasi incolmabile. Ma era solo un’amichevole. Oggi si fa sul serio: perché le cose vadano diversamente, tutto dovrà funzionare alla perfezione. Anche nel ritiro azzurro sanno quanto questa partita sia fondamentale per una squadra senza grandi certezze e talento, che ha bisogno di un’iniezione di fiducia per cominciare a credere in se stessa. Non necessariamente vincere, ma giocare bene sì, e magari sbloccarsi in attacco (dove i gol latitano). Per capire che il lavoro paga e che anche noi abbiamo le armi per giocarci questo Europeo. Basta speranze, pretattica, dichiarazioni d’intenti. Stasera parla il campo. E dirà quanto vale l’Italia di Antonio Conte.
Twitter: @lVendemiale