Premetto che l’aggettivo “neoliberista” mi procura un fastidio epidermico: il più delle volte viene utilizzato in senso dispregiativo da coloro che del “Neoliberismo” (qualunque cosa, con detto termine, si voglia intendere) si considerano antagonisti. Si tratta di un meccanismo retorico e intellettualmente disonesto che utilizza, in modo strumentale, alcuni casi particolari di teorie economiche più generali, quale argomento a supporto di ideologie prettamente politiche. I due principali vizi logici di questo approccio consistono, in primo luogo, nella riduzione dell’economia alla politica economica e, in secondo luogo, nell’utilizzo di casi particolari come leva per criticare teorie con valenza più generale.
Come è noto, la politica economica applicata è il risultato del compromesso che i governati e regolatori trovano tra le indicazioni che derivano dalla teoria e l’esigenza di mantenere la pace sociale, che di fatto costituisce parte rilevante del loro ufficio; per non parlare del consenso elettorale, che al mantenimento di detto ufficio è essenziale. Dunque, è fuorviante cercare di giudicare l’economia sulla base di scelte pratiche che i politici fanno in base a quanto, e come, decidono di ascoltare gli economisti. Dell’utilizzo strumentale dei casi particolari non val la pena dire oltre. Se però, pubblicazioni qualificate prestano il fianco all’argomento che il Fmi abbia “cambiato idea sull’austerità”, forse qualche parola è il caso di spenderla.
Partiamo dal testo dell’articolo e proviamo a leggerlo con un parallelo “alimentare“. Cosa direste leggendo che l’organizzazione mondiale della sanità ha cambiato idea sull’opportunità di perder peso per chi è obeso? Se questa decisione fosse basata sui problemi di un individuo che era vicino al suo peso forma ed è dimagrito troppo? Possiamo dire che l’idea di ridurre i carboidrati e aumentare l’attività fisica sia deprecabile indicazione di austerità alimentare che è finalmente tramontata? Anche senza esser degli esperti, il buonsenso ci dice che gli individui sono diversi, hanno peculiari attitudini e intolleranze e che in ogni caso non può esistere una dieta raccomandabile a tutti.
Parimenti, è abbastanza ovvio che una generica indicazione di non rimanere troppo lontani dal proprio “peso forma” e cercare di adottare una dieta equilibrata sia una ovvietà, sulla quale è difficile ricredersi. Ebbene, per la politica economica vale un ragionamento analogo: ogni paese ha caratteristiche e condizioni differenti e argomentare che il neoliberismo ha fallito e il Fmi internazionale si è ricreduto, equivale a sostenere che l’obesità è condizione desiderabile e che perder peso non è più raccomandabile a chi è troppo grasso. L’austerità, altra parola orribile dal significato colpevolmente ambiguo (perché può ricomprendere tanto inasprimento della tassazione che riduzione della spesa), non è certo una politica auspicabile per tutti e qualche esempio di mancato successo (e sulla definizione di mancato successo si potrebbe aprire un capitolo a parte) non si può leggere come fallimento del neoliberismo.
Il caso italiano è emblematico: l’unica politica che, con il predetto fastidio per il termine, si potrebbe qualificare come neoliberista, dovrebbe consistere in una drastica riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale. Invece abbiamo assistito nel tempo ad un inasprimento della tassazione, con aumento della spesa, che viene definita austerità e, per paradosso, da alcuni fatta rientrare nel novero delle politiche liberiste. Insomma, che la libera circolazione di capitali e merci sia alla base dell’aumento del benessere materiale della popolazione mondiale e della sensibile riduzione della povertà, è ancora vero ed è riconosciuto anche nella parte iniziale dell’articolo. Se qualche sostenitore di idee politiche anacronistiche costruisce nemici fantoccio, come i neoliberisti cattivi, per convincervi del fallimento dell’austerità, rammentate che nessuna dieta è adatta per tutti e che le politiche per cui si cresce ed arricchisce senza fatica le aveva già teorizzate Collodi, e non si può dire che il gatto e la volpe si siano rivelati policy advisor di successo.