La sentenza d'appello sui Fasciani e i Triassi ha cancellato il 416bis riconosciuto in primo grado. Dagli stesso giudici impegnati ne processo Mafia capitale. Un successo dell'avvocato Naso, protagonista di entrambi i dibattimenti e noto per i suoi attacchi a magistrati e giornalisti. Ma anche il gruppo di estrema destra esprime soddisfazione su Facebook: "La storia della mafia l'ha creata il Pd"
Il calendario, a Ostia, è tornato indietro. Al 2010, quando il tribunale di Roma assolse gli eredi della banda della Magliana dall’accusa di associazione mafiosa, smontando l’operazione “Anco Marzio”. Tutto, tre anni dopo, sembrava essere cambiato. Fine luglio 2013, la squadra mobile chiude l’operazione “Nuova Alba”, con 51 arresti. Torna, dopo anni, l’accusa di associazione mafiosa per il popoloso municipio romano, cuore del litorale degli stabilimenti milionari, dei palazzoni popolari e del traffico di droga che non si ferma mai. Tornano i nomi che tutti conoscono: i Fasciani, guidati da Carmine, detto “Romoletto”, i Triassi, siciliani alleati con le famiglie che contano. E poi – con operazioni successive – il clan Spada, parenti diretti dei Casamonica. Gruppi, cartelli, sinergie criminali, che nel tempo si sono incrociate con quel che rimaneva della banda della Magliana.
Quell’ipotesi accusatoria di associazione mafiosa – arrivata al termine di indagini partite da un pacco bomba – resse davanti al riesame e di fronte al Tribunale di primo grado. Era il segno di una svolta epocale per Roma, città che i processi per 416 bis li aveva visti solo in televisione, rincuorata per decenni dalla favola della “mafia non esiste, sono solo bande criminali”. Ed era anche il preludio della rivoluzione copernicana di Mafia capitale, ovvero il riconoscimento di quel “mondo di mezzo” fatto di estorsioni, vicinanza con il potere, diffusione capillare di usura e controllo del territorio. Un milieu la cui essenza usciva dalla definizione storica di strafottenza alla romana, o di “batterie” criminali isolate.
Quell’accusa è caduta ieri davanti alla seconda sezione della corte d’appello di Roma, che ha in buona parte riformato la sentenza di primo grado contro il gruppo Fasciani-Triassi, assolvendo – perché il fatto non sussiste – tutti gli imputati dalle accuse di associazione mafiosa. La lunga serie di estorsioni, gambizzazioni, affari sporchi sulle spiagge, intimidazioni, perfino il condizionamento sull’amministrazione pubblica sono episodi da delinquenza di piccolo cabotaggio. Una semplice associazione per delinquere.
Ci aveva pensato l’avvocato Giosuè Naso – legale nel processo Mafia Capitale di Massimo Carminati – a porre il collegio di fronte a una scelta pesante: “Noi aspettiamo la vostra sentenza con attenzione, perché vogliamo vedere se questo collegio sarà nelle condizioni di emettere una sentenza politicamente scorretta”, aveva detto nella sua arringa. Per poi aggiungere una buona dose di veleno contro i magistrati (“Il processo Fasciani fa parte di una operazione, con una regia inequivoca del nuovo procuratore della repubblica di Roma Pignatone”) e contro i giornalisti, chiamando il cronista dell’Espresso Lirio Abbate di “De-Lirio”.
Il legale di Carminati aveva puntato molte carte su questa sentenza, sapendo bene che sconfessare il collegio che ha riconosciuto in primo grado l’associazione mafiosa per il clan Fasciani poteva dare un grande vantaggio – almeno psicologico – sul processo madre, quello di Mafia Capitale: i giudici che oggi stanno vagliando la posizione di Carminati e soci sono gli stessi. Dunque la partita giocata in corte d’appello era in fondo più grande. E la sentenza è arrivata alla vigilia di un’udienza chiave, quando nell’aula bunker di Rebibbia inizieranno a deporre i collaboratori di giustizia che hanno dato impulso all’inchiesta sul “mondo di mezzo”.
A Ostia, intanto, qualcuno festeggia. Le famiglie dei tanti imputati che ora potrebbero uscire tornando in quelle strade dove i loro nomi continuano a pesare. Festeggia anche la famiglia Spada, colpita recentemente da un’altra indagine che contesta l’aggravante mafiosa: “Hanno buttato fango, articoli su articoli, hanno voluto distruggere Ostia e impadronirsi delle strutture, costruite con decenni di sacrifici, per affidarle alle Cooperative da loro gestite…..Unica vera mafia riconosciuta ad Ostia è il Pd (visto che siamo commissariati) e qualche finto paladino/a al servizio del partito”, commentava Roberto Spada (qui la videointervista al FattoTv) poche ore dopo la sentenza. Soddisfatta sembra essere anche l’esponente di Casapound del litorale romano Carlotta Chiaraluce, che così commenta su Facebook: “A questo punto appare evidente che a Ostia, come ovunque, ci sarà sicuramente degrado e delinquenza, ma la Mafia non esiste. La storia della mafia l’ha creata ad arte il Pd, mettendo il bavaglio a noi cittadini, per venire a fare i suoi interessi economici ad Ostia. Punto”.
Con la stagione balneare alle porte per Ostia potrebbe iniziare un periodo decisamente difficile. Non basterà molto probabilmente il commissariamento del X Municipio a sradicare gli intrecci pericolosi che per decenni hanno condizionato il ricco mercato del mare, che va dal porto alla lunga sequenza di stabilimenti sul litorale. Le intimidazioni, intanto, non si fermano: meno di un mese fa sotto l’abitazione dell’esponente dei Verdi Angelo Bonelli qualcuno ha lasciato una scatola con il fegato e il cuore di un animale annunciato da una telefonata minatoria: “’A merda, c’è un pacco per te”. Ordinaria delinquenza?