“Quando in quarta elementare ho contato l’inno nazionale e ho pronunciato le parole “fratelli d’Italia” con la mano al cuore” ho capito che ero uno di voi”. Taha Alorabi è uno degli 805.800 mila stranieri che hanno salvato 35.000 classi e 68.000 insegnanti che senza questi ragazzi arrivati dall’altra parte del mare o delle Alpi, sarebbero già cancellati dal sistema d’istruzione italiano.
I dati giungono dal Censis che nei giorni scorsi ha presentato l’annuale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese sociale”.

Senza gli immigrati l’Italia sarebbe un Paese con 2,6 milioni di giovani under 34 in meno e sull’orlo del crac demografico. Dei 488.000 bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall’Unità d’Italia, solo 387.000 sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73.000 (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28.000 (quasi il 6%) hanno un genitore straniero.

Di fronte a questi numeri, finalmente, la Scuola si interroga. Lo ha fatto a Cremona dove venerdì scorso l’ufficio scolastico provinciale nell’ambito del seminario nazionale “S-cambiando s’impara” ha messo a tema il pluralismo religioso. E finalmente ha preso la parola Fatima Hassan che ha spiegato il valore del velo portato in testa così come Taha Alorabi ha meglio di ogni altro sintetizzato il dramma di un bambino che arriva nella nostra scuola: “Il primo giorno lo ricorderò per sempre. Piangevo e ripetevo “Dov’è papà, dov’è?” ma nessuno mi capiva”. Nella terra dove i Sikh hanno eretto uno dei più grandi templi d’Europa a Pessina Cremonese, si è data voce a Harsumeet Sing che ha spiegato la loro liturgia.

E’ una scuola obbligata al cambiamento. Non so se accadrà quello che preannuncia Michel Houellebecq nel suo “La sottomissione” ma è chiaro che il nostro modo di fare scuola deve cambiare perché la società è cambiata e la linea demografica italiana è in continuo calo. Dovremo farci trovare preparati all’appuntamento con la Storia.

I primi a voler capire qualcosa in più di questo Paese, della sua tradizione religiosa sono proprio gli stranieri: oggi oltre il 30% – secondo i dati forniti da monsignor Gian Carlo Perego, direttore della fondazione “Migrantes” – degli studenti che frequentano l’ora di religione cattolica sono stranieri. E allora perché non pensare a togliere quel “cattolica” e parlare di insegnamento delle religioni?

La Scuola, per prima, non deve aver paura di diventare un luogo accogliente, realmente aperta a tutti. Solo così potremo di fronte ad uno scenario che cambia rispondere alla paura con la conoscenza. Lo dimostrano ancora una volta i dati forniti venerdì a Cremona da monsignor Perego: negli oratori lombardi sei ragazzi su dieci provengono da altre esperienze religiose e solo uno su dieci ha paura dell’altro, del “diverso”.

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