L’associazione antimafia da Sud scrive al futuro sindaco di Roma. Una sorta di appello/dossier a chi vincerà fra Virginia Raggi (M5S) e Roberto Giachetti (Pd) che evidenzia come in campagna elettorale non si sia affrontato il tema dell’antimafia e che esprime preoccupazione per le possibili conseguenze in relazione alla recente sentenza della Corte d’appello di Roma che ha stabilito che ad Ostia la mafia non c’è. Nel dossier ci sono anche numeri importanti che sottolineano una presenza massiccia della mafia nella Capitale, e non solo, ma anche una sottovalutazione costante della stessa, visto che molti beni confiscati da tempo ancora non sono stati assegnati per fini sociali, in una città che invece registra ormai ogni settimana sgomberi di spazi abitativi e culturali.
“Sul territorio di Roma ci sono più del 5% dei quasi 9.000 beni immobili confiscati e assegnati, come prevede la legge, a fini sociali in Italia. Sono circa 500 – sottolinea il dossier – e il dato è in continuo aggiornamento, dal momento che le confische di patrimoni criminali (mafiosi e non) si susseguono. Dati di qualche anno fa invece (purtroppo la carenza di informazioni è uno dei grandi problemi) riferiscono di quasi 12mila beni sequestrati per un valore di quasi un miliardo di euro”. Dei circa 500 immobili confiscati nella Capitale, solo 65 sono stati assegnati, anche se l’elenco del “Campidoglio, pubblicato sul sito del Comune, è fermo a novembre 2015, le informazioni relative all’iter di confisca – prosegue il documento – alle caratteristiche dell’immobile e alla sua destinazione finale sono spesso lacunose. L’assegnazione dei beni avviene in forma diretta, senza il ricorso a procedure di evidenza pubblica e men che meno con il ricorso a pratiche di condivisione dal basso e autogestione partecipata”, e tutta un’altra serie di “lacune burocratiche” che fanno venir meno la trasparenza, requisito essenziale quando si parla di beni confiscati.
E l’associazione da Sud ha selezionato, a titolo esemplificativo, 10 beni non tutti confiscati in via definitiva e non tutti confiscati a mafiosi, evidenziando “lo stato di abbandono in cui spesso versano e i ritardi con cui, complici le complesse procedure burocratiche, vengono messi a valore sociale”.
Tra i dieci esempi spicca un’intera palazzina dei Casamonica confiscata nel 2011 e non ancora assegnata: valore stimato nel 2004 oltre 730mila euro. Nonostante la confisca “il 5 ottobre 2015 gli agenti del commissariato di zona si sono recati sul posto per verificare che lo stabile fosse effettivamente libero – riporta il dossier – ma hanno trovato alcuni operai, in compagnia di Adele Casamonica (moglie del pregiudicato Nando), residente in uno degli appartamenti, intenti a portar via inferriate, infissi, marmi e finiture e ad abbattere le divisioni di cartongesso”.
Un altro esempio di mala gestione dei beni confiscati è il Goodwill Restaurant, 190 mq più 33 mq di terrazzo. Prima del sequestro e successiva confisca si chiamava Todo Rico Pub. Trasferito con Decreto Agenzia del Demanio nel 2001 a Roma Capitale, è stato assegnato nel gennaio 2002 all’associazione Goodwill Italia Onlus, partner della Goodwill Industries International. “L’associazione – si legge nel documento – che si occupa principalmente di formazione e occupazione e si rivolge in particolare al reinserimento delle persone disabili, avrebbe dovuto coinvolgere nelle attività di gestione 12 ragazzi con disagio psichico. Dopo alterne vicende e diversi tentativi di gestione, il ristorante, con i suoi circa 120 posti a sedere, è stato chiuso anni fa e oggi il locale è ancora inutilizzato”. Si potrebbe andare avanti con altri esempi eclatanti, ma la sostanza non cambia: la gestione e l’assegnazione dei beni confiscati a Roma ha numerose lacune che devono essere colmate.
Per ciascuno dei 10 immobili presi ad esempio, l’associazione da Sud ha riportato le (poche) informazioni che è stata in grado di raccogliere e un’ipotesi di possibile utilizzo a vantaggio dei cittadini. Insomma, un report dettagliato con tanto di proposte che si chiude con una domanda/appello agli aspiranti sindaci di Roma: “Come e perché fidarci di candidati al Campidoglio o alla guida dei Municipi che non affrontano questo tema e non aprono un dibattito serio sulle possibili risposte?”.