Lucia e il suo lavoro in banca, Federica con una doppia vita da figlia devota e pornodiva, Roberta, moglie e madre modello. Tre donne che non ci sono più, uccise dai loro uomini o sparite nel nulla. Tre volti femminili che dall’anonimato delle loro vite di provincia, sono di colpo finiti sotto i riflettori della cronaca per una tragica fine o un destino ancora avvolto nel mistero. Sono loro le “amiche perdute” che Francesca Carollo, giornalista della trasmissione Quarto Grado, ha avuto modo di conoscere, anche se indirettamente, indagando per lavoro sulle loro esistenze spezzate, cercando di ricostruire una verità che rendesse giustizia prima di tutto a loro e a tutte le donne che potrebbero trovarsi nelle stesse condizioni. Lo racconta nel libro “Le amiche che non ho più” pubblicato da Tullio Pironti editore, in Piatto_Carollo_DEF virgolecui ripercorre, tra fatti e considerazioni, le storie di Lucia Manca, Federica Giacomini e Roberta Ragusa: donne diverse fra loro, accomunate dall’incontro con uomini che in alcuni casi si sono dimostrati “mariti e amanti pericolosi”. “Posso dire in un certo modo che queste donne che non ci sono più sono diventate mie amiche – racconta Carollo a ilfattoquotidiano.it – perché lavorando e scavando nella loro quotidianità è come se le avessi conosciute davvero. Posso immaginare come dovesse essere la loro vita, mi sembra di essere stata insieme a loro, anche se purtroppo non ci siamo mai incontrate. Io sto dalla loro parte. E non sto dalla parte dei loro aguzzini. Perciò le chiamo amiche”.

L’idea di mettere nero su bianco la propria esperienza di cronista che arriva sul posto l’attimo dopo in cui tutto è cambiato e comincia il giallo di una scomparsa, è arrivata a Carollo alla fine di una stagione di Quarto Grado, dopo una riflessione sulle inchieste che aveva seguito, spesso riguardanti donne scomparse o uccise per mano di uomini. Sono i numeri che confermano la gravità della situazione: solo nel 2014 sono 5.364 le donne sparite, di cui 1.028 non sono state ancora ritrovate. E il dramma di Lucia, Federica e Roberta, come di tante altre, porta a interrogarsi ancora una volta sulla piaga sociale del femminicidio, così attuale e così difficile da arginare. “Ho scritto questo libro non per accusare qualcuno, ma per tentare di proteggere qualcuno – si legge all’inizio – L’ho scritto perché le donne si ricordino sempre di tenere gli occhi ben aperti, quando qualcosa non va con i loro mariti, con i loro compagni o, più semplicemente, perché sappiano sempre essere vigili”.

Scorrendo le pagine del libro, che ha una postfazione che illustra le linee guida da seguire in caso di persone scomparse firmata dal generale Luciano Garofano, ex comandante dei Ris di Parma, si ricostruiscono pezzo per pezzo le vicende delle tre donne, dalla loro sparizione alla scoperta, nei casi di Lucia e di Federica, dei loro cadaveri, fino alle sentenze dei tribunali che incastrano i loro assassini. Ma si svela soprattutto il loro mondo, fatto di abitudini, affetti, hobby e amicizie. La realtà in cui la Carollo è dovuta entrare in punta di piedi per capire più a fondo, per mettere insieme i tasselli e arrivare a ipotizzare cause e intrecci che hanno portato al più tragico dei finali. “I tempi della tv non consentono di riportare tutto quello che c’è dietro agli avvenimenti – spiega la giornalista – volevo trovare il modo di raccontare l’umanità che si nasconde dietro i fatti di cronaca”. C’è il dolore e l’incredulità dei genitori di Federica Giacomini, che si domandano chi possa avere ucciso la loro figlia che aveva tenuto nascosto loro il suo lavoro da pornodiva. C’è l’amica di Roberta Ragusa, che rivela che i giorni prima di sparire la donna era preoccupata, infelice. Confessioni che giorno dopo giorno hanno portato Carollo a vivere inevitabilmente anche un po’ della vita delle persone scomparse, entrando nella loro dimensione più privata attraverso il racconto, le lacrime e i sospetti dei loro cari. E diventando a sua volta in un certo senso famigliare, amica, confidente. “Queste donne potevano essere davvero mie amiche – continua – ed è per questo che è importante raccontare le loro storie e veicolare un messaggio forte a tutte le donne. Sono tante quelle che mi hanno scritto per ringraziarmi del lavoro che faccio, molte che mi hanno descritto situazioni che sopportano o hanno subito. Se il mio libro avrà aiutato anche solo una donna in più a denunciare, allora questo lavoro avrà raggiunto il suo obiettivo”.

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