I delinquenti che hanno posto sotto controllo una parte del territorio nazionale, mafiosi o meno che siano, non si vergognano piú di nulla e non esitano a portare le loro minacce ovunque, persino a viso scoperto ed anche davanti alle macchine da presa. Così Federica Angeli può essere insultata all’uscita dal tribunale di Roma, che aveva appena derubricato l’associazione mafiosa in associazione a delinquere.
Allo stesso modo operatori e fotografi, impegnati dopo un regolamento di conti tra camorristi, a Ponticelli, Napoli, si sono visti aggrediti, percossi, minacciati. La stessa sorte è toccata alla redazione di Fanpage che aveva “osato” mettere il naso in una brutta storia di possibili brogli elettorali. A completare questo parzialissimo elenco è arrivata, a Tor Bella Monaca, Roma, l’aggressione in diretta contro l’inviata di Agorá, Rai3, Sara Mariani che stava raccontando lo stato di degrado della zona e le infiltrazioni mafiose in atto.
Neppure le telecamere e il collegamento in diretta hanno fermato i violenti, che l’hanno insultata e costretta a cambiare postazione. La reazione del conduttore, Gerardo Greco, l’immediata solidarietà della redazione e dell’Usigrai, hanno contribuito a favorire l’intervento dei carabinieri e Sara Mariani ha ripreso il suo racconto con grande professionalita e altrettanto coraggio.
Quanto è accaduto, tuttavia, ripropone il tema della tutela del diritto di cronaca e del diritto dei cittadini ad essere informati. Le croniste e i cronisti, per entrare in alcuni quartieri, dovranno chiedere la scorta armata come accade nelle zone di guerra? Invece di annunciare solo e soltanto nuove sanzioni e “belle strette” sulle intercettazioni, le istituzioni vorranno sanzionare in modo esemplare il reato di “molestie” ai danni dell’articolo 21 della Costituzione?
Magari sarà anche il caso di ricordare che una gran parte dei cronisti minacciati, ultima Sara Mariani, lavorano in condizioni precarie,a partita Iva, senza contratti giornalistici, con diritti dimezzati, senza assicurazioni contro i rischi. Spetta a tutti noi ma anche agli editori pubblici o privati che siano, garantire a almeno il riconoscimento delle garanzie e delle tutele previste dal contratto nazionale di lavoro giornalistico, dal momento che costoro onorano davvero i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione.