L’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea è un rischio per la crescita di tutta l’Eurozona. A lanciare nuovamente l’allarme a una settimana dal voto sulla possibile Brexit è la Banca centrale europea nel suo bollettino, secondo cui “i rischi al ribasso sono ancora connessi all’andamento dell’economia mondiale, all’imminente referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea e ad altri rischi geopolitici”. La stessa crescita inglese “è potenzialmente limitata dall’incertezza circa il referendum”. E giovedì la Bank of England ha ribadito la propria preoccupazione sostenendo però che l’uscita avrebbe ripercussioni negative sull’intera economia globale e la consultazione rappresenta la maggiore minaccia alla stabilità finanziaria britannica, ma potenzialmente anche a quella mondiale, con il potenziale di un “acuto” deprezzamento della sterlina.

Le ultime stime della Bce danno una crescita dell’1,6% nel 2016 e dell’1,7% nel 2017 e nel 2018. Nel suo bollettino, inoltre, la Bce sottolinea che il suo quantitative easing sta aiutando l’economia e un “ulteriore stimolo” dovrebbe provenire dalle misure ancora da attuare. Tuttavia il consiglio direttivo “seguirà con attenzione l’evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi e, se necessario per il conseguimento del suo obiettivo, agirà ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell’ambito del suo mandato”.

Anche il Financial Times con un editoriale dal titolo “Il Regno Unito dovrebbe votare per restare nell’Ue” si schiera a favore della permanenza di Londra nell’Ue. “Un voto per il ritiro (dall’Ue, nda) sarebbe irrevocabile” e costituirebbe secondo il giornale un “atto gratuito di autolesionismo”. “Il Financial Times non è a favore della partecipazione alla moneta unica. Non ha alcun senso economico. Ma uscire dall’euro è molto diverso da uscire dall’Ue, che danneggerebbe in modo grave l’economia britannica”, scrive il quotidiano. “L’impegno costruttivo è vitale nel momento in cui l’Europa affronta minacce proveniente da estremismo islamista, immigrazione, espansione russa e cambiamento climatico. Questo può essere affrontato solo in modo collettivo”, continua l’editoriale.

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