L’eliminazione delle tasse sulla prima casa non ha abolito l’appuntamento per tutti: quasi 25 milioni di proprietari di seconde case sono chiamati a versare la prima rata. Novità anche per i proprietari che hanno dato in affitto l'immobile con il canone concordato, per i comodati tra genitori e figli e per gli affittuari. Tutte le regole per farsi trovare preparati
Ultimi giri di lancette d’orologio per mettersi in regola con il pagamento delle tasse sulla casa. Entro il 16 giugno, 25 milioni di italiani devono versare la prima rata d’acconto di Imu (l’Imposta municipale unica che nel 2012 ha sostituito l’Ici) e Tasi (il tributo che copre le spese relative ai servizi indivisibili come l’illuminazione o la manutenzione delle strade), ma solo sulle seconde case o se si possiede un unico immobile ma non ci si abita. Da quest’anno, infatti, l’abitazione principale e le relative pertinenze (categorie catastali C/2, C/6 e C/7) – dopo che l’Imu è stata cancellata già nel 2013 – sono libere anche dalla Tasi, a patto che l’immobile non sia di lusso o un castello, quindi accatastato come A1, A8 e A9.
Sono assimilati all’abitazione principale e, quindi, non pagano né Imu né Tasi: la casa assegnata al coniuge separato o divorziato, anche se non proprietario, che vi dimori abitualmente e risieda anagraficamente; le unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, gli alloggi assegnati dallo Iacp o di housing sociale; l’abitazione, purché non locata, in cui vivono appartenenti alle forze dell’ordine, della Protezione civile e del ministero degli Interni in trasferta. Se il Comune lo prevede sono assimilate, purché non locate, anche una sola casa di anziani e disabili residenti in strutture di ricovero e una sola casa di residenti all’estero iscritti all’Aire.
Inquilini – L’esenzione dalla Tasi è stata estesa anche ai soggetti che adibiscono a propria abitazione principale la casa che hanno affittato. Diversamente se l’inquilino non risiede nell’immobile affittato deve pagare una quota della Tasi sull’immobile, compresa tra il 10% e il 30% dell’imposta, in base a quanto deciso dal Comune nel regolamento relativo all’anno 2015 con la parte restante che spetta al proprietario (il 90% se questa non è stabilita). Per il proprietario, invece, non cambia nulla: continuerà comunque a pagare la Tasi tra il 90% e il 70% sull’immobile affittato.
Affitto immobile a canone concordato – Se l’immobile diventa prima casa per l’inquilino non deve pagare nulla. Al proprietario spetta, invece, il calcolo dell’Imu e della Tasi applicando le aliquote del 2015, ma beneficiando di uno sconto del 25% che può essere applicato da subito.
Figli che vivono negli immobili dei genitori (o viceversa) – Per tutti loro da quest’anno scatta una riduzione del 50% su Imu e Tasi. Pagheranno, infatti, soltanto metà tassa quei genitori (o viceversa quei figli) che hanno concesso l‘immobile in comodato gratuito alla prole (o al contrario quei figli che l’hanno data ai genitori). I paletti però sono diversi: la nuova regola vale soltanto per i parenti in linea diretta di primo grado (niente da fare, quindi, se il comodato è tra fratelli o se riguarda i nipoti); il contratto di comodato deve essere stato registrato a inizio 2016, sborsando circa 200 euro (in alternativa si può chiedere il ravvedimento operoso); chi concede l’immobile deve risiedere anagraficamente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile.
Soglia minima dei 12 euro – Il pagamento delle imposte locali non è dovuto nel caso in cui l’importo complessivo da versare al Comune sia inferiore ai 12 euro. Si tratta di una soglia che deve essere considerata su base annua e non in riferimento al singolo versamento.
Per i ritardatari – È possibile sanare la violazione di omesso, ritardato o insufficiente versamento dell’Imu e della Tasi avvalendosi del ravvedimento operoso: si paga una sanzione ridotta in percentuale diversa a seconda dei giorni di ritardo a cui si aggiungono gli interessi di mora al tasso ufficiale per ogni giorno di ritardo. In particolare, la sanzione è dello 0,1% per ogni giorno di ritardo se il versamento è eseguito entro 14 giorni dalla scadenza; dell’1,50% da calcolare sul tributo dovuto se il pagamento avviene dal 15° giorno ma entro 30 giorni dalla scadenza; dell’1,67% se il versamento avviene entro 90 giorni dall’omissione o dall’errore; del 3,75% se il pagamento avviene dopo 90 giorni ma entro il 2016.
Come si paga l’acconto di Imu e Tasi – Come al solito, si applicano le stesse regole di calcolo per determinare la base imponibile data dal valore catastale rivalutato del 5% e moltiplicato per un coefficiente variabile a seconda della tipologia dell’immobile, invariato rispetto al 2015. Per i fabbricati abitativi il coefficiente è 160; per gli uffici 80 e per i negozi 55. Chi possiede un immobile di lusso come prima casa usufruisce di un trattamento agevolato: va applicata un’aliquota ridotta (dal 2 al 6 per mille) deliberata dal Comune e una detrazione di 200 euro. Poi il conguaglio con le aliquote 2016 – le amministrazioni comunali hanno tempo fino al 14 ottobre per comunicarle – si effettuerà con il saldo del 16 dicembre.
Bollettini e F24 – Come si è ben capito, i Comuni non inviano a casa nulla di precompilato. Spetta, quindi, ai contribuenti compilare il bollettino. Ed è possibile utilizzare quello postale oppure il modello F24 (si può pagare tramite l’home banking o in banca) senza dimenticare che anche se Imu e Tasi riguardano lo stesso immobile, occorre compilare due moduli distinti (per l’F24 due diverse righe) indicando i diversi codici di riferimento dei tributi.
Le regole per l’Imu sui terreni – Definitivamente cancellata la tassa sui terreni posseduti dagli operatori del settore, a prescindere da dove si trovano e dal fatto che siano o meno coltivati. I proprietari che non hanno la qualifica professionale pagheranno, invece, solo se i terreni si trovano in pianura in quanto l’Imu non è più dovuta per i terreni di montagna e di collina.
Quanto vale l’abolizione della Tasi – Il funerale della Tassa sui servizi indivisibili sulle abitazioni principali coinvolge 19,72 milioni di proprietari con un risparmio quantificato dal Servizio politiche territoriali della Uil in 191 euro di media, che salgono a 203 euro se l’immobile in questione si trova nelle principali città. Secondo i risultati della simulazione della Uil, il risparmio maggiore in valori assoluti si registra a Torino con 403 euro medi a famiglia, seguono Roma (391 euro medi), Napoli (318 euro) e Milano (300 euro). Dal punto di vista dell’Erario, il risparmio delle famiglie si traduce in un mancato gettito che per la sola Tasi vale 3,8 miliardi di euro che salgono a 4,6 miliardi di euro se si considera l’abolizione dell’Imu sui terreni agricoli, sui macchinari “imbullonati” e anche gli sconti per Imu e Tasi.
Le altre scadenze del 16 giugno – Nonostante il rinvio al 6 luglio per i contribuenti soggetti agli studi di settore (puntuale come un orologio svizzero è arrivata in extremis la proroga dei versamenti di Unico 2016), resta fermo al 16 giugno il termine entro cui gli altri contribuenti – una minoranza di quelli che presentano Unico – devono pagare le imposte dirette (Irpef, addizionale comunale e regionale, Irap). La scadenza riguarda anche i contribuenti minimi (imposta sostituiva del 5%) e i forfettari (sostitutiva del 15%). Tra le imposte che vanno pagate c’è anche la cedolare secca sugli affitti, cioè la tassa sostitutiva dell’Irpef sui redditi da locazione, che in base alle ultime statistiche sulle dichiarazioni dei redditi è stata scelta da oltre un milione di contribuenti.