“Nella provincia di Mantova non è una forzatura parlare di veri e propri insediamenti di ‘ndrangheta. Qui le ‘ndrine sono ormai insediate, controllano il territorio e lo usano per espandersi verso altre zone, soprattutto nel Veneto e in particolare nella provincia di Verona. La nostra presenza qui non è certo un caso, vogliamo dare un segnale forte e dire che da tempo la provincia è tenuta sotto controllo dalla Commissione Parlamentare Antimafia”. A dirlo la presidente della Commissione, Rosy Bindi, che per due giorni è stata in missione nella città lombarda e ha incontrato i rappresentanti delle forze di polizia e i procuratori di Mantova e Brescia. Nel corso della visita è stato presentato anche il terzo rapporto “Mafie al nord” commissionato all’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università di Milano che analizza le nuove strategie adottate dalle mafie nelle attività economiche legali e illegali.
“Ci sono segnali importanti – ha detto ancora Rosy Bindi – che indicano come la ‘ndrangheta abbia eletto il mantovano territorio ideale per fare affari. La presenza dell’organizzazione mafiosa qui ha i tratti e le caratteristiche tipiche e i cosiddetti ‘reati spia’, quali estorsioni e incendi intimidatori, sono in continuo aumento. Vi cito solo un dato: se è vero, come detto da Nando dalla Chiesa nella presentazione del rapporto, che il primo linguaggio della ‘ndrangheta è l’incendio, vi segnalo che a oggi, a metà del 2016, nel mantovano il numero di incendi dolosi è lo stesso di quelli verificatisi nel 2015″.
Ci sono poi in corso, oltre al processo Pesci di Brescia dove anche Mantova è coinvolta, un paio di indagini attualmente ‘top secret’ che permetteranno, secondo la presidente della Commissione, “di acquisire elementi importantissimi per delineare ulteriormente lo sviluppo del fenomeno mafioso nella provincia di Mantova e nel Nord”. Il continuo tentativo, poi, da parte della ‘ndrangheta di penetrare nell’economia legale creando zone grigie dove convivono legalità e illegalità è continuo e in ascesa anche nel mantovano. Per fare ciò i capi delle organizzazioni criminali utilizzano professionisti abili a confondere le acque e a rendere impercettibile il confine fra economia legale e illegale. Un reato spia in questo senso è quello dell’enorme aumento delle false fatturazioni.
I settori principali in cui la ndrangheta cerca di infiltrarsi sono quello dei rifiuti e della sanità. E, a proposito di quest’ultimo, dalla Chiesa ha segnalato un fenomeno in crescita, ossia quello della sempre maggiore penetrazione di soggetti vicini alla ‘ndrangheta nel settore del soccorso ospedaliero che prevede la gestione di ambulanze. “Un segnale – ha detto dalla Chiesa – che conferma il modus operandi ‘ndranghetista. Partire dal basso per conquistare i territori. Non si punta ai grossi appalti della sanità, ma alla gestione del servizio di soccorso ospedaliero. Così come nell’edilizia la ‘ndrangheta va alla caccia di piccoli appalti. Si insinua nei territori meno in vista dove può operare protetta da coni d’ombra che le permettono di crescere indisturbata e di infiltrarsi nel tessuto economico, sociale e politico. Questo è un elemento distintivo della ‘ndrangheta, che fa affari nei bar, nei circoli, nelle associazioni. Conquista la gente dal basso, parla con i piccoli imprenditori, capisce che magari sono in difficoltà, presta loro soldi senza tante trafile e poi li rivuole indietro a tassi d’usura“.
Altro capitolo scottante è quello della sale da gioco, dove la ‘ndrangheta è penetrata “soprattutto – ha detto la Bindi – dopo che lo Stato ha reso legale il gioco d’azzardo”. E pensare che l’obiettivo era proprio quello di tenere fuori l’illegalità dal settore. “Basterebbe poco – ha detto ancora la presidente della Commissione – per modificare la legge e fare in modo che, oltre alla firma del Questore, serva anche quella del sindaco per autorizzare l’insediamento di nuove sale da gioco. Eppure non si fa e i sindaci sono costretti a farsi imporre le programmazioni di nuove aperture da Roma”.
Ce n’è abbastanza per dire che i mantovani dovrebbero prendere sul serio il fenomeno, eppure, secondo il vicepresidente della Commissione Luigi Gaetti (M5s), “la città sembra non percepire la pericolosità del fenomeno mafioso, che si è insediato nel territorio”. Certo, in tal senso, non è un bell’esempio quello del Comune e della Provincia di Mantova che, al Processo Pesci, non si sono costituite parti civili: “Su questo faremo una profonda riflessione”, ha detto Rosy Bindi. Che ha concluso: “Bisogna avere il coraggio di chiamare certi episodi per quello che sono: episodi mafiosi. Una città come Mantova deve prendere coscienza che la mafia, in particolare la ‘ndrangheta, si è infiltrata nel tessuto sociale, politico, economico e amministrativo. E’ doloroso ammetterlo, ma è il primo, fondamentale passo per sconfiggere la mafia e l’illegalità”.