Il denaro, poco più di un milione di euro, era destinato alla fondazione Scholas Occurrentes: "Rinunciamo per evitare confusione tra gli argentini". Secondo i retroscena Bergoglio in realtà si sarebbe proprio infuriato, sentendosi strumentalizzato
Nuovo scontro tra Papa Francesco e il presidente argentino Mauricio Macri. Bergoglio ha fatto rispedire al mittente una donazione del governo del suo Paese di 16 milioni e 666mila pesos, pari a poco più di un milione di euro, destinata alla fondazione internazionale di diritto pontificio Scholas occurrentes. Si tratta di un’organizzazione voluta dal futuro Papa quando era arcivescovo di Buenos Aires per promuovere l’integrazione sociale e la cultura dell’incontro attraverso una fitta rete che comprende più di 430mila scuole nei cinque continenti. Con l’elezione al pontificato, Francesco ha subito voluto che questa sua creatura, a cui tiene moltissimo, operasse con il pieno riconoscimento e appoggio della Santa Sede. Ma Bergoglio ha fatto molto di più per Scholas occurrentes ricevendo i suoi membri numerose volte in Vaticano e partecipando a tutti i loro incontri e alle videochat con gli studenti delle scuole connesse ai progetti della fondazione per rispondere alle loro domande.
Il presidente argentino deve, quindi, aver pensato che fare una donazione alla fondazione fortemente voluta da Francesco e che ha base a Buenos Aires lo avrebbe aiutato a sciogliere i rapporti attualmente gelidi col Papa, anche in vista di un suo possibile ritorno in Patria che viene ormai rimandato di anno in anno. Con un decreto datato il 30 maggio 2016, il governo Macri ha erogato la donazione, ma dopo poco più di una settimana, i direttori mondiali della fondazione, José María del Corral ed Enrique Palmeyro, dopo essersi ovviamente confrontati con Bergoglio, hanno dichiarato di voler rinunciare all’offerta perché “c’è chi cerca di minare questo gesto istituzionale al fine di creare confusione e divisione tra gli argentini”. In realtà, raccontano a Casa Santa Marta, Francesco si sarebbe a dir poco infuriato sentendosi strumentalizzato da questa donazione.
Secondo la puntale ricostruzione del vaticanista Andrea Tornielli, che ha scritto insieme con Bergoglio il primo libro intervista del Papa latinoamericano, Il nome di Dio è misericordia, Francesco avrebbe spiegato ai responsabili di Scholas occurrentes che “il governo argentino deve rispondere a tante necessità del popolo, non avete diritto di chiedergli un centesimo. Dio sempre provvede attraverso la divina provvidenza”. Ma Bergoglio sarebbe andato oltre precisando, con un post scriptum, di non aver gradito quel “666” scritto sull’assegno di Macri, il numero diabolico per eccellenza. Va detto, a questo proposito, che il governo argentino non ha avuto responsabilità nello stabilire quella cifra, che era invece una precisa richiesta di Scholas occurrentes, corrispondente alle spese necessarie per ristrutturare la sede centrale della fondazione in Argentina e per l’assunzione di 36 impiegati.
Sulla stampa locale, dove la figura del Papa è presentata in modo controverso soprattutto dopo la fine dell’era Kirchner, la donazione era stata interpretata come un gesto distensivo del nuovo esecutivo nei confronti di Francesco, interpretazione non smentita dal governo. Una lettura che aveva, però, provocato anche aspri commenti contro Bergoglio. Del resto, soprattutto nella sua Patria, non era passata inosservata la freddezza con la quale Francesco aveva accolto, il 27 febbraio 2016, Macri nella sua prima visita di Stato in Vaticano dopo la vittoria dell’elezione. Soltanto ventidue minuti di colloquio a porte chiuse. Pochissimo se si pensa che, per esempio, recentemente con la sceicca del Qatar Bergoglio si è intrattenuto oltre mezz’ora. E poi, al termine dell’incontro a quattr’occhi con Macri, quando nella Biblioteca privata del Papa alla seconda loggia del Palazzo Apostolico Vaticano erano stati ammessi cronisti, fotografi e operatori per assistere allo scambio dei doni, Francesco era rimasto per tutto il tempo gelido, senza mai accennare un minimo sorriso, persino al momento delle foto di rito.
Nei sacri palazzi c’è anche chi ricorda ciò che in una catechesi durante la consueta udienza generale del mercoledì, il 2 marzo 2016, il Papa aveva affermato sulle donazioni a enti ecclesiastici con toni molto forti. “Io penso ad alcuni benefattori della Chiesa che vengono con l’offerta: ‘Prenda per la Chiesa questa offerta’. È frutto del sangue di tanta gente sfruttata, maltrattata, schiavizzata con il lavoro malpagato! Io dirò a questa gente: ‘Per favore, portati indietro il tuo assegno, brucialo’. Il popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi, ha bisogno di cuori aperti alla misericordia di Dio. È necessario avvicinarsi a Dio con mani purificate, evitando il male e praticando il bene e la giustizia”.