A qualche giorno di distanza dal terribile attentato contro il Pulse, un locale di Orlando frequentato prevalentemente da persone omosessuali, dove hanno perso la vita 50 persone e altrettante sono rimaste ferite, molto si è parlato di omofobia, partendo da una delle possibili cause che potrebbe aver provocato la strage, per continuare con i diversi commenti che hanno accompagnato la notizia. Il termine omofobia, coniato dallo psicologo George Weinberg nel 1972, definisce la paura irrazionale, l’intolleranza e l’odio nei confronti degli uomini e donne omosessuali. Nasce e si sviluppa in una società che ritiene l’eterosessualità l’unica forma “naturale” di amore, alimentando in tal modo la diffidenza nei confronti della omosessualità, tanto da pensarla strana, diversa dal normale e, in quanto tale, pericolosa.
Il termine clinico “fobia” indica una paura e un limite personale che un individuo si trova a vivere. Nel caso dell’omofobia, invece, ci troviamo di fronte a una “fobia operante come un pregiudizio“, laddove gli effetti negativi vengono avvertiti non solo da colui che ne è affetto, ma anche e soprattutto da coloro verso i quali il pregiudizio è rivolto. Per distinguere questo costrutto dalle “fobie”, dove persiste la paura dell’oggetto e l’evitamento (caratteristiche per nulla presenti negli omofobi), era stato coniato il termine di “omonegatività“, termine etimologicamente più corretto ma poco utilizzato, che meglio rappresenta il processo che un gruppo sociale “dominante” pone in essere per stigmatizzare il gruppo sociale “minoritario”.
L’omofobia interiorizzata, o meglio l’omonegatività interiorizzata, definisce il senso di rifiuto rivolto verso se stessi come omosessuali, quindi manifesta un conflitto all’interno della stessa persona omosessuale, spesso sostenuto dalla società che fornisce una visione prettamente etero diretta. Si crea, quindi, la situazione per cui la persona, pur riconoscendo la propria omosessualità, fatica ad accettarla e a viverla, spesso la rifiuta e si costringe a rientrare nella cosiddetta “normatività eterosessuale”. L’omonegatività interiorizzata è spesso causa di problemi psicologici e relazionali.
Che sia omonegatività, o omonegatività interiorizzata, siamo comunque di fronte ad un processo di non accettazione della personale espressione di amore e sentimenti, dettata da una cultura che ancora oggi sostiene in modo acritico la necessità di un ordine eterosessuale e che, in questo modo, tende ad annullare tutte le differenze. La rabbia e l’odio, che un processo di questo tipo tende ad alimentare, rischiano di portare, così come è già successo, alla manifestazione anche violenta di queste emozioni. E’ necessaria un’educazione affettiva e sessuale improntata alla consapevolezza e al rispetto di valori diversi ma ugualmente legittimi, alla conoscenza, alla diffusione e alla considerazione dei diritti sessuali da utilizzare come linee guida nelle politiche sociali e nei programmi di intervento.