Il Poulette è un piccolo ristorante del centro di Parigi, non molto distante dalla Senna. Un bistrot con larghe vetrate e arredamento in stile Art nouveau, tipicamente francese. Eppure domenica 19 giugno sui tavolini di legno arriveranno sapori di terre lontane, tra hummus, tabbouleh, riso e dolci con i datteri: ai fornelli per un giorno ci sarà Mohamad noto chef siriano, costretto a scappare dal suo Paese dilaniato dalla guerra. Sarà lui a rivoluzionare il menù, con piatti realizzati da lui stesso o a più mani con gli altri cuochi. E non sarà il solo, perché dal 17 al 21 giugno un gruppo di ristoranti parigini metterà da parte formaggi e champagne e aprirà le proprie cucine a professionisti rifugiati, per la prima edizione del Refugee food festival.
Il progetto, pensato in occasione della giornata mondiale del rifugiato che si celebra in tutto il mondo il 20 giugno, è stato ideato dai due videomaker Marine Mandrila e Louis Martin, e realizzato con la collaborazione dell’Unhcr. La coppia è famosa in Francia per aver creato la serie di video e libri “Food sweet food”, risultato di un viaggio nei diversi continenti, alla scoperta delle tradizioni culinarie locali. E anche il Refugee food festival si colloca in questo solco. Durerà 5 giorni e coinvolgerà diversi ristoranti e bistrot di Parigi. L’idea è quella di usare il cibo e la passione della cucina, una delle più diffuse al mondo, come veicoli di conoscenza e di incontro tra culture e storie distanti. Un mezzo per favorire l’integrazione, valorizzare talenti e superare diffidenza e paura, in una città che si porta dietro ancora vivo il ricordo e l’incubo del terrorismo islamico.
Così, scrivono gli organizzatori sul sito, si possono “scoprire cucine spesso sconosciute e tuttavia tra le migliori al mondo: come quella dell’Iran, della Siria o dello Sri Lanka”. Allo stesso tempo “mostrare come dietro a ciò che alcuni definiscono ‘crisi dei migranti’ ci sono donne e uomini con capacità che aspettano solo di essere rivelate e scoperte”, e “mostrare che al di là della sfida umana, sociale ed economica rappresentata dall’arrivo dei migranti, l’interazione culturale è un’opportunità per la scena culinaria di Parigi”.
Sette gli chef coinvolti, tutti professionisti della tavola rifugiati in Francia, ma con una storia umana difficile alle spalle, alcuni perseguitati per l’orientamento politico o sessuale, altri in fuga dalle bombe e dalle violenze. Arrivano dallo Cecenia, dalla Costa D’Avorio, dallo Sri Lanka, dall’Iran, dall’India e dalla Siria. “Sono cuochi esperti. Alcuni di loro hanno scommesso proprio sulla cucina per riuscire a integrarsi professionalmente in Francia. E il Refugee Food Festival è l’occasione per mostrare le loro abilità culinarie, scoprire i loro piatti e le loro influenze”.
Tra i ristoranti che hanno deciso di mettere a disposizione fornelli e pentole c’è anche il Freegan poney, locale anti-spreco molto famoso nella capitale francese. Qui infatti il menù è tutto realizzato con cibo di scarto, con prodotti invenduti o prossimi alla scadenza, ma ancora buoni. Ci sono poi Le petit baine, ristorante creato recuperando una chiatta sulla Senna, che offrirà un mix di piatti siriani e iraniani; il West country girl, dove per una sera le tradizionali crepes lasceranno spazio a particolari ricette indiane, e le Marmites volantes, dove si potranno assaggiare i dolci di Sriyani, pasticcera pluripremiata dello Sri Lanka.