Ho resistito, ma alla fine ho ceduto anche io al richiamo del finale di stagione di Gomorra 2, la spettacolarizzazione del male assoluto. Che squallore Napoli e dintorni sempre e solo in balia della malavita organizzata. Le forze dell’ordine sul set sono solo comparse sbiadite. Mi dicono che si è dovuto aspettare l’ultima puntata per vedere un blitz della polizia come si deve. Il boss ha un grande potere di seduzione e il giovane affiliato si fa tatuare il nome del suo capo come marchio a fuoco sulla pelle. Questa è cronaca, ma tanto chi distingue più la realtà criminale dalla fiction? La spirale di violenza innescata dai media innesca processi imitativi.
Il boss è irresistibile quanto un modello Dolce & Gabbana. E, proprio scorrendo le foto dell’ultima campagna pubblicitaria ambientate da D&G fra panni stesi e vicoli di Spaccanapoli, Gomorra mi fa arrabbiare ancora di più. Lì, dove Gomorra è cupa e truce, le foto dolcegabbanesche sono un soffio di gioia, un’esplosione di colori e di gente che ride. Rivitalizzano il folklore di maniera, gli danno una patina di glamour. E, grazie al cielo (e a San Gennaro) sono queste le foto che faranno il giro del mondo. Per Napoli ci voleva un fotografo dal forte impatto emotivo – si sono detti D&G – e allora la scelta è caduta sul reporter di guerra Franco Pagetti, uno tosto, che per il Time ha seguito i conflitti in Iraq, Afghanistan, Kosovo e Libia.
Visto che le mamme hanno sempre ragione (ma le ascoltiamo poco), la mia per esempio, Agata Gambardella, ha studiato per 40 anni nelle Università di Salerno e di Napoli come docente di Scienze della Comunicazione e, dati alla mano, sostiene che la violenza rappresentata dai media viene emulata sopratutto dai minori. Ed è andata a dirlo fino a Sydney al Convegno Internazionale Unesco “Young People and Media”. Dunque, verso pollice per Gomorra, modello sbagliato per le nuove generazioni, per i minori della fascia proletaria e per quelli appartenenti alla fascia borghese, come dire i meno “immunizzati” alla violenza reale. Gli scugnizzi (quelli veri) dei vicoli hanno i capelli a cresta come Gennaro, il figlio del boss e si fanno scudo del suo slogan: “L’unica cosa che ci fotte è la paura”.
Doppio pollice in alto per Dolce & Gabbana che controbilanciano in allegria le trucide immagini gomorresche. “Appena abbiamo incontrato Pagetti gli abbiamo detto: a noi non ce ne frega niente della moda, chissenefrega anche dei vestiti e delle immagini patinate. Vogliamo foto che siano vere, emozionanti, oneste. Che raccontino Napoli e la sua gente per quello che sono: umanità e bellezza. A Pagetti abbiamo dato carta bianca. Se decidi di affidare la campagna a un fotografo come lui, lo accetti così com’è. Non abbiamo fatto nessun ritocco o suggerito tagli. Nemmeno quando nelle foto sono entrati prodotti di altri brand”, spiegano all’unisono Stefano Gabbana e Domenico Dolce.
Di Gomorra stanno già girando la terza serie televisiva e, aspettando che esca di prigione Scianel (si scrive così, ma si pronuncia alla Coco Chanel), la boss truculenta dal caschetto biondo platino che mastica sigarette e codici d’onore, rimane nell’immaginario collettivo la sua battuta dialettale prima di freddare il traditore: “Mi chiamo Scianel, perché mi intendo di profumi e tu puzzi già di morto”. E gli spara tra le palle. Mentre è già un fetish il vibratore placcato in oro e provvisto di alucce che Scianel, interpretato da una strepitosa Cristina Donadio, tiene in mano a mo ‘di microfono. Il sex toys esiste davvero, si chiama Dazzel 19k e si aggira intorno ai 100 euro. Meglio, tuttavia, una danza vibrante di allusioni ai bum bum di una violenza cieca e disperata. Che non lascia speranza.
@januariapiromal