Due splendide esposizioni inaugurate mercoledì 15 giugno al Museo del ‘900 di Firenze dal sindaco Dario Nardella e dal direttore Valentina Gensini – piuttosto atipica rispetto ai gatekeeper del sistema museale italiota -, che hanno messo a confronto la giovane Daniela De Lorenzo, classe 1959 ma già provvista di un consistente curriculum artistico, con Nanni Balestrini il quale di classe (1935) ne ha accumulata a partire dalla neoavanguardia de I Nuovissimi, precursori del Gruppo 63 e che, nel 1967, fondò la raffinata rivista Quindici, consacrata al movimento del ’68, da lui diretta fino al 1969. Dieci anni dopo, forse per via del celebre Vogliamo tutto o di pubblicazioni comunque ri/ferite agli anni di piombo, lo stesso Balestrini, ritenuto tra i presunti capi delle così/dette organizzazioni sovversive, per evitare il carcere espatriò in Francia. Una scelta che presumibilmente costituì la salvezza e la sua fortuna d’autore & d’artista.
Ma veniamo alle due mostre. Nella sua Una certa probabilità, l’eclettica, multimediale, interdisciplinare, nonché fiorentina, Daniela De Lorenzo – ceramica, ricamo su tela, fotografia, scultura anche cartacea, video e performance annessi & connessi – ha presentato sette gradevoli opere inedite prodotte tra il 2014 e il 2016 che, come si legge nella scheda di presentazione: “indagano il corpo umano nei suoi più sensibili aspetti… attestando nuove possibili identità”. L’esposizione – curata da MUS.E, organizzata da Città Nascosta e che rientra tra le iniziative promosse dal Comune per l’Estate Fiorentina – rimarrà aperta al pubblico fino al 4 settembre prossimo.
Per parte sua, nelle sue Colonne Verbali, il poeta, scrittore, saggista, nonché artista visivo, Nanni Balestrini si cimenta con l’arazzo, inteso come medium e ordunque messaggio, con cui ha rivestito le colonne del loggiato rinascimentale del complesso delle Leopoldine che ospita il museo fiorentino. C’est a dire, nove coloratissimi e raffinatissimi arazzi monumentali che, fino al prossimo 28 agosto, continueranno a rivestire le altissime colonne del loggiato esterno al museo. Arazzi realizzati, su disegno dell’artista, da BONOTTOEDITIONS – fondato dai fratelli Bonotto assieme a Cristiano Seganfreddo – un modello manifatturiero che, coniugando oggetti extra/ordinari ed esaltando la singolarità e unicità del prodotto con la cultura del saper fare, è un vero e proprio manifesto contro la standardizzazione industriale e la produzione seriale. E così, Giovanni Bonotto, allievo di Umberto Eco al Dams di Bologna, è diventato l’ambasciatore di un nuovo modo di fare impresa, dal medesimo definito “Fabbrica lenta”, che gli è valso il premio Masi per la cultura d’impresa.
Notevole l’afflusso del pubblico degli addetti ai lavori e non, anche grazie alla doppia complicità di una giornata finalmente radiosa, dopo settimane di insopportabile variabilità climatica, e della tradizionale settimana della moda, durante la quale la città si risveglia dal sonno mortifero che la caratterizza dai tempi del famoso Rinascimento, che ogni fiorentino, e ordunque anche il sottoscritto, si augurano ritorni quanto prima. Magari per riacquistare quell’identità perduta che, secondo il sindaco Dario Nardella, Firenze e tutte le altre città storiche dovrebbero riacquistare quando l’appena approvato piano di tutela dei centri storici da lui stesso ispirato, sarà diventato legge dello Stato.
Nel frattempo, persino qui, nella città di Fi/renzi, dovremo continuare a convivere con la deregulation commerciale, ergo con il progressivo abbassamento della qualità di vita di ogni centro storico e delle crescenti periferie che li circondano – tra fast food, call center, minimarket, internet point & chi più ne ha più ne metta. In una parola con un degrado urbano mai visto fino alle cosiddette liberalizzazioni imposte, prima dal governo Bersani e poi dallo “sgoverno Monti”, che hanno soppiantato caffè e ritrovi storici, eradicato botteghe artigiane, librerie specializzate & via discorrendo. Cioè tutto quel secolare tessuto commerciale che rendeva gradevoli, vivibili e attraenti, sia ai residenti che al turismo di qualità, celebrati centri storici ma anche talune storiche e cinematografate periferie. Solo chi sopravviverà a questo epocale regresso, vedrà.
Fotografie di Sabrina de Gaetano