I prestiti ai soci concessi a condizione che comprassero titoli. Le porte girevoli tra la vigilanza e l'istituto durante l'era Zonin. Quello che Bankitalia avrebbe potuto fare e non ha fatto. L'ispezione della Bce che ha scoperchiato il buco. Le maxi liquidazioni degli ex vertici sotto indagine. Ecco come sono andati in fumo 6 miliardi
Prezzi delle azioni decisi dai vertici della banca e sovrastimati in modo costante. Prestiti per quasi 1 miliardo ai soci concessi a patto che con quei soldi comprassero azioni dell’istituto stesso, gonfiandone artificialmente il patrimonio. Profili di rischio dei clienti alterati per vendere loro strumenti di cui non capivano i rischi. Finanziamenti in conflitto di interesse a società legate all’ex presidente Gianni Zonin e ai consiglieri, ora indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Piccoli azionisti che hanno tentato inutilmente di vendere i titoli alla banca stessa – unico modo per liberarsene – prima che colassero a picco, mentre un gruppo di soci “eccellenti” riusciva con successo a liquidare l’investimento contenendo le perdite. Il tutto nell’inerzia delle autorità di vigilanza: i guasti sono emersi solo dopo che la supervisione è passata da Bankitalia alla Bce. C’è tutto questo dietro il dissesto della Banca Popolare di Vicenza, che ha bruciato oltre 6 miliardi di capitalizzazione e mandato in fumo i risparmi di 119mila soci. Tra cui Antonio Bedin, che si è tolto la vita mercoledì 15 giugno: aveva acquistato azioni per quasi 500mila euro, oggi ne valgono 800.
1 – Chi ha stabilito il prezzo delle azioni, che fino al 2014 era fissato a 62,5 euro?
Fino alla riforma varata dal governo lo scorso anno, le banche popolari non quotate in Borsa potevano di fatto decidere a tavolino il prezzo. Il consiglio di amministrazione, sulla base del parere di esperti indipendenti da lui nominati, proponeva una cifra all’assemblea dei soci, che approvavano. Nel caso della Popolare di Vicenza le perizie indipendenti fino al 2011 non ci sono state. In quell’anno sono state affidate a Mauro Bini, professore di Finanza aziendale alla Bocconi, che ha stimato il valore della banca e di conseguenza quello delle azioni basandosi sui bilanci firmati da Zonin, che si è dimesso solo nel novembre 2015. Nell’aprile 2011 l’assemblea ha detto sì all’ultimo ritocco all’insù, che ha portato il prezzo a 62,5 euro per azione. A quel prezzo i titoli sono stati venduti a chi ha partecipato agli aumenti di capitale varati nel 2013 e nel 2014, rispettivamente per 506 milioni e quasi 1 miliardo.