“Ha vinto la rivoluzione che ha governato”. Sta in questa sette parole la spiegazione della vittoria a Napoli di Luigi de Magistris. Le ha pronunciate lui stesso ieri notte a risultato acquisito: 66,85%, 185mila voti, contro il 33,15 del suo avversario Gianni Lettieri del centrodestra. Sì, discutibile o meno che sia, la proposta “rivoluzionaria” del sindaco arancione ha convinto i napoletani. I numeri dicono questo ed in modo inequivocabile. Ma ancora di più a raccontarci l’adesione dei napoletani alla proposta di una città autonoma rispetto ai sistemi di potere e di affari che l’hanno dominata, capofila di una battaglia per la rinascita dell’intero Sud, è il voto nei vari quartieri della città. Il sindaco Masaniello e zapatista, per il quale è stato coniato il neologismo di “Zapatiello, sfonda in tutte le zone, in quelle dove risiede la borghesia e nei grandi agglomerati popolari.
Significativo il 73% (5106 voti) rastrellato a Bagnoli. E’ qui, sul risanamento dell’ex area Italsider e sul suo rilancio urbanistico, che Matteo Renzi ha esercitato il suo potere di comando sulla città, scavalcando Comune e sindaco e imponendo un commissariamento straordinario. La città lo ha bocciato, il quartiere lo ha respinto in modo massiccio. Ma Bagnoli rimane “la” questione del futuro di Napoli. E allora che fare? Non tocca a noi dare consigli, non è il nostro mestiere e de Magistris è uomo che ama fare di testa sua, ma a questo punto il sindaco riconfermato deve fare un passo avanti e il governo due indietro.
De Magistris chieda a Renzi di nominarlo commissario, di affidargli tutta intera la responsabilità del risanamento di Bagnoli e delle politiche di rilancio urbanistico, due momenti che non possono camminare in maniera separata, pena l’ulteriore fallimento del rilancio di un’area fondamentale per la città. Renzi lo ascolti, metta da parte le spinte a continuare la guerra dei suoi pessimi e fallimentari consiglieri napoletani ed avvii una politica di collaborazione col sindaco della terza città italiana.
Vince de Magistris e spacca quel partito unico della spesa pubblica che per un ventennio e oltre ha governato la città. Tutti ne negano l’esistenza, ma le prese di posizione a favore di Lettieri di “renziani autentici”, gli endorsement di esponenti di rilievo del partito (“Lettieri è più vicino alle nostre posizioni riformiste”), gli appelli su carta intestata, stanno lì a mostrarne l’esistenza. Il Pd in città è ridotto a forza residuale, non credibile, non spendibile. L’esercito di Franceschiello renziano fatto di rottamatori approssimati, cacicchi e padroni di inutili tessere, organizzatori di miserabili clientele di rione, è in rotta anche dal punto di vista etico e morale. ù
Le scene delle primarie con gli euro distribuiti ai seggi, le avete viste tutti. Anche quella della consigliera che prometteva pacchi alimentari avete visto. Forse anche questo scadere della politica a modelli che pensavamo archiviati dalla storia, ha contribuito a far sì che l’astensione al ballottaggio a Napoli fosse tra le più alte d’Italia: 35,99% contro il 54 del primo turno. Ora, a risultati ancora caldi, ci tocca assistere ad esponenti del Pd partenopeo che cercano di assegnarsi il non voto dei napoletani. Facciano pure, sono gli effetti della disperazione degli sconfitti. Tengano però presente che, pur in presenza di un netto calo degli elettori, de Magistris conquista al ballottaggio più voti rispetto al primo turno, 185mila contro 172mila.
Ma questa è l’aritmetica del voto, la politica ci parla d’altro. Di una città che si è riconosciuta nel suo sindaco, nel suo far leva sull’orgoglio e sulla unicità di Napoli. Città mediterranea ed europea che chiede rispetto, che vuole essere trattata alla pari di Milano. Ora tocca a de Magistris e ai napoletani. Noi non diamo consigli, ma ci piacerebbe vedere come primo atto della riconfermata amministrazione della città una scena. Le ruspe che invadono Scampia e abbattono le tre Vele residue. Soldi e programmi ci sono, tocca solo fare. Le Vele ridotte in macerie saranno il vero simbolo della rinascita della città.