L’epica rosicata del Tempo (orrido fotomontaggio sessista con una Raggi-bambola in prima pagina), il silenzio abissale dei “comunicatori” Pd sui social (tranne Matteo Orfini che su Facebook vomita un “wall of text” di proporzioni patologiche), i giornalisti che scoprono di essere sempre stati – in fondo in fondo – un po’ grillini, la doppia profezia di Fassino che si avvera, l’effetto boomerang del #ciaone.
Ballottaggi, the day after.Il lanciafiamme lo hanno imbracciato gli elettori che non hanno creduto alla disinformazione, che non hanno avuto paura dei ricatti della Boschi, che sono stati impermeabili al fango gettato su Virginia Raggi. Ora la disinformazione si concentrerà sul decisivo referendum costituzionale, agitando le sue solite armi: inventare bufale e cercare di spaventare i cittadini, annunciando piaghe bibliche in caso di vittoria del no.
Se ne facciano una ragione: anche stavolta gli italiani non ci cascheranno, non basterà l’occupazione della Rai, non basteranno le scorrettezze al limite della diffamazione. L’incantesimo del renzismo si è rotto in modo irreversibile e per un motivo molto semplice: sulla lunga distanza, la lenta supremazia della realtà supera sempre la rapidità iniziale delle bugie. Ci sono voluti più di due anni, ma gli italiani alla fine hanno capito che con le slide non si mangia.