Cultura

Il petrolio di Pàlermo, le start up di Venice e i pomodori di Naples: viaggio di un italiano in “Un’altra America”

Il libro di Alberto Giuffrè è un "giro d'Italia" dentro gli Stati Uniti: otto tappe in altrettante città con nomi da Belpaese. Un fil rouge che è solo il pretesto per raccontare ambizioni, paure e contraddizioni di una nazione “creata da immigrati, continuamente rinvigorita e trasformata da altri immigrati”. Dagli strip club di Palermo, North Dakota, alla fiera del Rinascimento di Florence, Alabama

di Chiara Brusini

La bandiera a stelle e strisce travolta dai detriti del World Trade Center l’11 settembre 2001 è stata rattoppata e rimessa a nuovo a Verona, New Jersey, da Franca Tanelli, immigrata negli Usa cinquant’anni fa, che ne ha cucite centinaia ogni giorno per 30 anni. A Venice, sotto il sole della California, ci sono una sede di Google, il quartier generale di Snapchat e tante start up di giovani italiani che sperano di far fortuna in quella che è stata ribattezzata la “Silicon beach”. Rome, in Georgia, sorge su sette colli e vanta pure una copia in bronzo della Lupa capitolina, regalata nel 1929 alla città da Benito Mussolini. Milan, Ohio, ha dato i natali a Thomas Edison e oggi ospita il Culinary vegetable institute, che ha la missione di coltivare centinaia di tipi di verdure e farle conoscere a un Paese stufo di essere sinonimo di junk food.

C’è un po’ di Italia ma ci sono soprattutto le contraddizioni, le ansie e le ambizioni degli Stati Uniti in Un’altra America – Viaggio nelle città “italiane” degli States (Gli specchi Marsilio). Per raccontarle Alberto Giuffrè, giornalista di SkyTg24, ha fatto tappa in otto città americane dai nomi italiani in altrettanti diversi Stati Usa: Rome, Milan, Naples, Venice, Florence, Palermo, Verona, Genoa. La toponomastica è comunque solo un fil rouge, il pretesto per raccogliere le storie e i ricordi di chi lì ci è nato e dei tanti immigrati italiani che vivono in una nazione “creata da immigrati, continuamente rinvigorita e trasformata da altri immigrati”, per dirla con Martin Scorsese.

Il lavoro è iniziato molti mesi prima della partenza, scandagliando via internet archivi di giornali locali e profili Facebook alla ricerca di contatti, personaggi, leggende. In una parola: lo “spirito” americano. Il risultato è un mémoire di viaggio scritto con il ritmo del reportage giornalistico. Ad arricchire la trama ci sono tutti i simboli dell’American dream: il cinema (e i suoi stereotipi sugli italoamericani da Il padrino ai giorni nostri), le serie tv (la casa della madre di Tony Soprano è a Verona, New Jersey), il football. E tanta musica. Quella che fa da colonna sonora ai capitoli – si va da Bruce Sprignsteen ai Wilco ai Pere Ubu “sconosciuti al grande pubblico, santificati dalla critica” – e quella registrata a Florence, Alabama, dove hanno sede i mitici studi Fame e dove è nato il padre del blues W.C. Handy.

Ma il “lato B dell’America”, come lo definisce l’autore, è anche estremismi, contrasti, squallore. A Rome, racconta la moglie del manager genovese che guida lo stabilimento locale della Pirelli, “c’è un college dove i dipendenti non possono essere visti bere alcolici e non possono essere, almeno in pubblico, amici di persone omosessuali“. Naples, Florida, è il buen retiro di star come Steven Spielberg e miliardari come il magnate del football Shahid Khan ma anche la capitale Usa della raccolta dei pomodori, appannaggio, manco a dirlo, di immigrati regolari e non. Pagati, quando va bene, 7 dollari e 95 centesimi l’ora.

Altrove il lavoro e la ricchezza sono arrivati da poco ma passi avanti in direzione della “ricerca della felicità“, uno dei diritti sanciti dalla Costituzione Usa, non se ne vedono. Prendi Palermo, North Dakota, forse chiamata così per celebrare gli immigrati italiani che ci hanno costruito la ferrovia. Oggi conta più pozzi di petrolio non convenzionale (shale oil) che residenti. Insieme agli operai arrivati per estrarre l’oro nero con la tecnologia del fracking ha visto spuntare uno strip club dopo l’altro, tanto che Casey, che a Las Vegas faceva la parrucchiera, ha lasciato la “città del peccato” per reinventarsi spogliarellista proprio in questo stato del profondo nord: guadagna anche 2mila dollari a notte. Ne vale la pena, anche se qui vive tra case abbandonate e strade intasate dai camion e molte colleghe girano armate di taser per immobilizzare eventuali aggressori.

Scene da un viaggio che, scrive Giuffrè nell’introduzione, “resta addosso come un tatuaggio“. Insieme al ricordo della pizza “prosciutto, salame e salsiccia” di Naples, della fiera del Rinascimento che si tiene ogni ottobre a Florence, Alabama, e del reggiseno di Raquel Welch conservato come una reliquia nel bar più antico del Nevada, a Genoa.

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