Resta il disastro colposo, ma solo a carico del manager Enrico Gilberti, condannato a tre anni. Assolti gli altri quattro imputati: Giuliano Guerrino Billi, Pierluigi Colombo, e Saleh Abulaiha e Ness Yammine (l'unico assolto in primo grado)
Colpo di scena al processo d’Appello Tamoil, a Brescia. Cadono le accuse di avvelenamento delle acque e di disastro doloso. Resta il disastro colposo, ma solo a carico del manager Enrico Gilberti, condannato a tre anni. E’ il verdetto dei giudici della Corte d’Assise e d’Appello, emesso in serata dopo otto ore di camera di consiglio. Assolti gli altri quattro imputati: Giuliano Guerrino Billi, Pierluigi Colombo, e Saleh Abulaiha e Ness Yammine (l’unico assolto in primo grado). Tutti sono stati processati con rito abbreviato. Il procuratore generale Manuela Fasolato aveva chiesto otto anni e quattro mesi per Gilberti, sette anni e quattro mesi per Guerrino Billi, sette anni e due mesi ciascuno per Colombo e Abulaiha, e sette anni e un mese per Yammine.
La corte – giudice Enrico Fischetti, a latere Massimo Vacchiano e composta da sei giudici popolari – ha confermato l’ammontare dei risarcimenti così come stabilito nella sentenza di primo grado, emessa da Guido Salvini nel luglio del 2014. Per il Comune di Cremona è stato confermato il milione di euro di provvisionale, ottenuto grazie all’azione popolare di Gino Ruggeri, che si era costituito in giudizio al posto dell’amministrazione pubblica nel procedimento di primo grado contro la raffineria. Risarcimenti confermati anche per i soci delle società canottieri (una trentina: da 8 a 10mila euro a testa), per Legambiente (40 mila) e per il Dopolavoro ferroviario (50 mila). A carico di Tamoil anche le spese legali, consistenti viste le numerose perizie richieste e i sopralluoghi effettuati.
Non è stata dunque accolta la richiesta del pg di condannare gli imputati per l’avvelenamento delle acque in concorso con il disastro ambientale doloso. Il manager è stato invece condannato per aver inquinato la falda acquifera. “Anche se è caduta l’accusa di disastro doloso, e comunque in attesa delle motivazioni della sentenza, siamo molto contenti – afferma Sergio Ravelli, anima cremonese delle battaglie dei Radicali contro la raffineria – perché il dispositivo letto oggi ha confermato le nostre tesi. C’è stato un disastro ambientale e i disastri devono essere risarciti”. E se la legge sugli ecoreati fosse stata approvata qualche anno fa, prima dell’inizio del processo di primo grado, “sarebbe stato più semplice arrivare ad un verdetto pieno di colpevolezza”.
“Sono stati corretti gli errori macroscopici dei giudici di primo grado” è invece il commento dei legali della difesa. Soddisfatto per il riconoscimento dell’inquinamento provocato dall’azienda e per i risarcimenti corrisposti alle parte civili è il giudice Guido Salvini. “Il processo Tamoil – ha detto – ha contribuito a fare approvare la nuova legge sui reati ambientali, normativa attesa da molti anni”. Ora si aprirà la causa civile che il ministero dell’Ambiente, in occasione della risposta ad una specifica interrogazione parlamentare, aveva promesso di attivare. Verrà così quantificato il danno arrecato all’area delle società canottieri affacciate sul fiume Po e prospicienti la raffineria.
@bacchettasimone