L'ex ad di Eni e Antonio Vella, ex responsabile per il Nord Africa del gruppo petrolifero italiano sono ritornati ad essere imputati per decisione degli ermellini che hanno annullato il proscioglimento. Cuore del procedimento la vicenda della presunta maxi tangente da 198 milioni di euro al ministro dell’energia algerino Chekib Khelil e al suo entourage in cambio di appalti del valore di otto miliardi di euro
Dopo l’annullamento del proscioglimento in Cassazione i pm di Milano Fabio De Pasquale e Isidoro Palma hanno ribadito la richiesta di processo per Paolo Scaroni, ex numero uno di Eni, per Antonio Vella, ex responsabile per il Nord Africa del gruppo petrolifero italiano e per la stessa multinazionale, ritornati ad essere imputati per decisione degli ermellini, per la vicenda della presunta maxi tangente da 198 milioni di euro che sarebbe stata pagata in più tranche dalla società del cane a sei zampe, dal 2007 al 2010, al ministro dell’energia algerino Chekib Khelil e al suo entourage in cambio di appalti del valore di otto miliardi di euro.
La richiesta di mandare a giudizio Scaroni, Vella ed Eni è stata rinnovata al gup Manuela Scudieri in una nuova udienza preliminare che riguarda anche un secondo episodio di corruzione internazionale contestato, tra gli altri, all’ex direttore operativo di Saipem, Pietro Varone (arrestato nell’estate del 2013), all’ex direttore finanziario prima di Saipem e poi di Eni Alessandro Bernini, all’ex presidente e ad della società, Pietro Tali, a Farid Noureddine Bedjaoui, vicino all’ex ministro Khelil e alla stessa Saipem. Si tratta dei 7 imputati già rinviati a giudizio per la maxi tangente dal giudice Alessadra Clemente – è in corso il dibattimento – la quale invece, lo scorso ottobre aveva prosciolto Scaroni, Vella ed Eni. Le prossime date dell’udienza preliminare sono il 28 giugno e il primo luglio.
Il secondo episodio di corruzione internazionale per il quale tutti gli imputati già a processo si erano visti prosciogliere, così come Scaroni, Vella ed Eni, dal gup Clemente riguarda l’acquisizione da parte del colosso petrolifero italiano di First Calgary Petroleums, la società canadese che aveva come unica attività la gestione di un enorme giacimento a Menzel. Per l’accusa la compravendita sarebbe avvenuta dopo un versamento da parte di Saipem di una mazzetta di 41 milioni al ministro algerino in cambio del suo via libera all’operazione che prevedeva anche l’estensione della concessione allo sfruttamento da parte di First Calgary dell’attiguo giacimento chiamato Cafc.
Infine, da segnalare che in attesa della decisione del giudice Scudieri il processo in corso alla quarta sezione penale del Tribunale si è fermato: lo scorso 13 giugno il collegio ha rinviato al prossimo 12 settembre.